I SOLDI fanno bene o fanno male? "I soldi possono far bene,
possono far niente e possono far male", dice Pierluigi Bersani.
Negli ultimi anni al Sud i soldi (troppi soldi?) hanno creato
molti problemi. Più problemi che soluzioni, più emergenze che
sviluppo, più delinquenza che legalità. Cinquanta miliardi di
fondi straordinari, per metà europei, negli scorsi sei anni sono
corsi via come un fiume in piena. Spesi ma già persi. Fuggiti
dalle tasche di Bruxelles, bruciati in migliaia di progetti
senza capo né coda.
Nei prossimi sei anni la cifra salirà a cento miliardi.
Raddoppierà. Come il rischio che ancora una volta si comporrà il
treno dei desideri, gettoni d'oro smistati per pacchetti di
clientele invece che per bisogni certi da soddisfare. L'uomo che
è chiamato - pro tempore - a firmare decreti, assegni,
provvidenze è Bersani. Tocca a lui, ministro per lo Sviluppo
Economico, rispondere alla moltitudine che avanza pretese. Tocca
a lui prendersi il rischio di dire, come però ora dice:
"Piuttosto che vederli sperperati li rimando indietro. Meglio
non spenderli che impegnarli male".
C'è un guaio in più, paradossale ma attualissimo, e
l'opportunità, derivata dalla vergogna della gestione campana
dei rifiuti, di stilare un prontuario della buona pratica, pochi
punti ma chiari e fermi: "Metto tutto in un fondo. Da lì, solo
da lì si prende. Ma per prendere io chiedo una condizione:
finanzio il progetto solo se tu mi dimostri che è così
indispensabile al punto da realizzarlo con i soldi tuoi, da
farti i debiti pur di vederlo attuato". Si riducono le categorie
del bisogno: finanziare l'essenziale, il primario. Strade e
scuole o asili, acqua e inceneritori. Non la vertigine da lusso
che ha accecato tutti.
E poi, secondo punto: "Azzero i finanziamenti all'impresa. Non
voglio più sentire parlare di sussidi. Esiste un'equazione
indiscutibile: l'imprenditore sta bene se la condizione sociale
in cui si sviluppa la sua intrapresa è accettabile, degna.
Quindi occhio al "capitale sociale", ai luoghi, alla qualità
della vita delle città, ai servizi essenziali e quelli
tecnologici, per esempio alla rete di banda larga nei più
piccoli centri. L'imprenditore in quanto tale non riceverà più
un euro. Capovolgo il meccanismo: tutto quel che investirà per
il benessere dell'azienda gli verrà poi detratto dal fisco".
Detrazione d'imposta: per avere devi dare.
"Non voglio sentir parlare più della legge 488. Basta, la
chiudo. Solo chi merita adesso verrà ricompensato. Ricompensa
significa che c'è un prima - l'investimento - e c'è un dopo,
appunto la detrazione dall'imposta. Bella e gonfia di soldi,
mica spiccioli. Ma successiva al rischio corso, allo sforzo
fatto, alla serietà dimostrata".
I soldi, tanti soldi, sono un pericolo: "Generalmente i soldi
imbolsiscono, per esperienza dico che rischiano di portare
grasso ai muscoli. Con la pancia piena non si corre, si
passeggia. I soldi producono spesso un altro guaio: trasformano
la politica in pura intermediazione finanziaria, l'impresa in
un'assemblea questuante, i cittadini in clientes senza parola.
Non è purtroppo dimostrato il contrario invece. Ma i soldi ci
sono, sono nel bilancio dello Stato e io intervengo quando tutti
i piani sono stati presentati. Sono chiamato a vigilare affinché
siano spesi bene. Però, per difendere il meccanismo virtuoso,
qualche contromisura in corso d'opera l'ho dovuta prendere. Una
parte l'ho accantonata già adesso".
Di tre miliardi di euro si compone il tesoretto di Bersani: "Non
è una cifra ridicola, anzi... Sono premi. Premi a chi fa. A chi
ha un'idea e la rende sostenibile. Si propone e si assume il
rischio. A chi diviene un modello da imitare". Un modello
alternativo a quello basato sull'emergenza che ha degradato il
criterio di rappresentanza e prodotto la deresponsabilizzazione
generale.
"La vicenda dei rifiuti in Campania insegna tutto: il
commissario è divenuto lo Stato, l'unica controparte a cui
avanzare pretese. Mai dare. E i sindaci, i presidenti di
provincia, assessori si sono uniti, si sono messi a guidare le
rivolte invece che sentire il bisogno, l'impellenza di offrire
soluzioni. Trovandosi senza più funzioni hanno scelto
l'irresponsabilità. Non può andare avanti così: devono prendersi
il carico delle loro colpe e dei bisogni delle loro comunità.
Devono garantire, per esempio, e da subito, la raccolta
differenziata e io devo, voglio fare in modo che chi meglio fa
abbia molto più di quel che si attende. Lo premio tre volte.
Soldi a chi corre e niente a chi passeggia. Vero, la velocità di
spesa non significa tutto. Anzi, a volte vuol dire poco. Ma qui
sta l'ultimo cono, l'ultimo spicchio della mia fatica".
Governance, in inglese. Come governare il progetto complessivo
difendendolo da una moltitudine di soggetti, decine di enti
territoriali che siedono al tavolo perché lo vedono bene
imbandito. "E' un problema grande, che io non posso risolvere e
non c'è tempo per affrontarlo. La classe politica avrà le sue
colpe, ma la burocrazia è più decisiva di quanto si creda".
Eliminare dal tavolo un bel pacco di consulenti, mandare in
pensione coloro che curano gli affari, e che affari!, senza uno
straccio di risultato? "Al ministero ho chiamato un quarantenne
a dirigere settori di grande rilievo. Togliere il tappo, e poi
umilmente mettersi a scoprire quanta gente capace, che noi
paghiamo, c'è ed è pronta a darci una mano. Forse siamo fuori
tempo massimo per i miracoli, ma per fortuna dobbiamo garantire
soltanto qualcosa di buono".