"HABEAS CORPUS"
DI ANTONIO CASALE DAL GIORNALE "KAIROS" DEL 06-06-2010
Dopo
la Pentecoste e la Trinità, che ci hanno
mostrato i meandri più inesplorati e
inafferrabili del mistero di Dio, la festività
del “Corpus Domini” ci riporta all’incontro con
la fisicità di Cristo. Nel termine “corpus”
ritroviamo infatti la dimensione più cara alla
devozione ed alla contemplazione dei cristiani.
Nessuno di noi può arrivare al Padre se non
attraverso quel corpo che dai vagiti di Betlemme
fino alle urla del Golgota è l’orizzonte più
dolce e struggente della nostra fede. Di fronte
all’umanità di Cristo, al fascino immutabile
della sua parola, del suo volto, delle sue
piaghe immortalate nella Sindone anche il più
accanito miscredente ha un attimo di esitazione
e di venerazione commossa. Lasciare il Suo
corpo vivo all’umanità, celato sotto le
apparenze dell’Ostia, è il dono più sublime che
Dio poteva farci. Esso ha in se non solo un’
efficacia ed una forza emotiva ineguagliabile,
ma anche un contenuto pedagogico straordinario.
Da quel “corpus” derivano secoli di speculazione
filosofica, morale e giuridica che hanno reso il
cristianesimo la fonte di ogni progresso in
materia di diritti umani. Il riferimento al
primato della persona umana indissolubilmente
legata al suo corpo fu solennemente sancito con
la famosa espressione “Habeas Corpus” , apparsa
per la prima volta nella legislazione inglese la
quale prevedeva il diritto della persona ad
essere giudicato da un’autorità pubblica
imparziale sottraendola alle angherie dei
signorotti privati. La venerazione del Corpus
Domini che la Chiesa ci propone in maniera
solenne in questa festività è, dunque, un
permanente richiamo alla venerazione che
dobbiamo portare ad ogni uomo che porta in se
l’immagine di Dio. Non possiamo esimerci allora
di ricordare che proprio in questi giorni si sta
svolgendo a Kampala, in Uganda, l’attesa
conferenza di revisione dello Statuto di Roma:
il testo fondatore della Corte Penale
Internazionale, entrato in vigore nel 2002,
dopo la storica firma avvenuta a Roma nel ’98.
La Corte è la prima istituzione permanente
dotata di giurisdizione mondiale per processare
i crimini più atroci e, per questo, è ritenuta a
ragione un traguardo senza precedenti nella
storia della tutela dei diritti umani iniziata
nel 1948 con la “Dichiarazione universale dei
diritti umani”. E’ un traguardo certamente molto
alto ma non è il compimento di un percorso che
si presenta ancora molto lungo e tortuoso.
Persino Stati democratici come gli USA fanno
fatica ad accettare la giurisdizione della Corte
(non hanno sottoscritto il Trattato di Roma
nemmeno Cina e Russia) perché temono possa
diventare uno strumento di ingerenza in mano a
interessi geopolitici contrastanti. Tuttavia
senza l’adesione delle più grandi potenze
mondiali La CPI non può dispiegare tutti i suoi
effetti per prevenire e braccare l’impunità dei
peggiori carnefici del Pianeta. Applaudita
soprattutto in Europa per la risolutezza
nell’additare un capo di Stato in carica, il
presidente sudanese Omar el-Bashir, inchiodato
da prove schiaccianti di crimini di guerra e
contro l’umanità, la CPI è stata al contempo
ostracizzata nel mondo arabo-musulmano per i
suoi presunti 'scopi politici' reconditi. Per
questo motivo restano per ora tutte africane
anche le inchieste in corso, riguardanti l’Est
della Repubblica Democratica del Congo, la
Repubblica Centrafricana e il Darfur (Sudan
occidentale). L’ultima procedura aperta dal
procuratore della Cpi, l’argentino Luis
Moreno-Ocampo, riguarda le violenze post
elettorali del 2007 in Kenya. Molti sperano che
dopo Kampala la CPI possa divenire
definitivamente “maggiorenne” con l’inclusione
del crimine di “aggressione” ed il vaglio di
certi documenti già sul tavolo del procuratore
che potrebbero presto sfociare in inchieste non
africane, ad esempio in Colombia, Georgia ed
Afghanistan. Se il sogno di un deterrente
internazionale contro la barbarie comincia a
concretizzarsi, il cammino appare nondimeno
ancora molto lungo. E soprattutto irto di
ostacoli, politici e non, oltre che di dilemmi
talora abissali. La nostra certa speranza è quel
“Corpus Domini” che oggi adoriamo continui ad
ispirare l’umanità e a guidarla sulla via della
pace.