IL 26 GIUGNO SCORSO SI E’ CELEBRATA LA GIORNATA MONDIALE CONTRO L’USO DELLE DROGHE

LE “CAZZIATE” DI GIANCARLO, UN ANTITODO SICURO PER TANTI RAGAZZI IN CAMMINO

Ricordando l’esperienza della Carovana di Exodus in transito per il Centro Fernandes dal 19 al 27 maggio scorso.

 28 giugno 2008

Le “cazziate” di Giancarlo, il capo carovana di Exodus, mi rimbombano ancora nella mente mentre ripenso all’esperienza vissuta con i 13 ragazzi della comunità itinerante ospite per una settimana presso il nostro Centro. Il termine non è proprio da galateo, ma rende bene il clima e la tensione morale con i quali questo gruppo di giovani vive l’avventura più bella della vita: la conversione. La nostra esistenza, infatti, finisce solo quando crediamo di non avere più nulla da imparare. E non parlo del sapere scolastico, culturale o scientifico; Parlo della “scientia cordis” quella accessibile ad ogni uomo, povero o ricco, colto o ignorante, bianco, giallo o nero. Lo sforzo paziente e tenace che ho visto in questi giovani di dare una svolta alla loro vita è quanto di più grande e nobile esiste nella natura umana. Nessun’altra creatura ha in se questa forza vitale. Nemmeno gli angeli, esseri soprannaturali superiori agli uomini, possono vantare una tale grandezza di spirito. E’ per questo che l’esperienza delle comunità terapeutiche ha un valore che va ben oltre il recupero delle singole persone, obiettivo difficilmente conseguibile, come dimostrano le statistiche e l’esperienza degli operatori. “Non scommetto su nessuno di questi ragazzi”, mi ripeteva Giancarlo ad ogni mia previsione ottimistica sull’andamento della carovana. A noi profani, infatti, completamente disabituati a combattere i nostri vizi e bravissimi nell’illudere gli altri e noi stessi di non averne, la lotta impari che questi ragazzi compiono non ci appare in tutta la sua violenza e difficoltà. Ci lasciamo facilmente ingannare dalle parole e dalle promesse, non perché esse siano false nel momento in cui sono pronunciate, ma perché anche noi siamo abituati a mentire continuamente senza accorgercene. Avremmo tutti bisogno di una comunità terapeutica che ci aiuti a toglierci di dosso la maschera che portiamo ogni giorno per sopravvivere ai modelli di una società disumanizzante. Questi ragazzi, infatti, non sono gli unici responsabili del loro malessere, ma nella quasi totalità dei casi hanno alle spalle situazioni familiari difficili. Se i loro padri avessero vissuto a suo tempo l’esperienza della carovana, con il carico di fatica e di avventura gioiosa che essa comporta, oggi essi starebbero a casa a studiare o a lavorare felici. “Mio padre ha lasciato mia madre che io avevo pochi anni. Mentre mia madre si sacrificava per me, lui cambiava sempre donne e faceva la bella vita. Quando si è risposato ed ha avuto un altro figlio mi sono sentito morire dentro ed ho incominciato a far uso di droghe pesanti”. Questa è stata la toccante confessione a cui ho assistito durante quel momento clou della giornata che si chiama: “la parola”. E’ un termine evocativo che allude alla forza di un’altra “Parola” , quella che una volta pronunciata non resta inefficace e vuota, ma crea, vivifica e salva. E’ la parola di Dio che non ha voce, ma che si fa presente attraverso la voce di questi ragazzi ogni qual volta essi riescono a spezzare un anello di quella catena di peccati che li ha condotti sulla strada della morte. E noi tutti siamo, nessuno escluso, uno di questi anelli. Mettiamoci, perciò, in cammino con la carovana di Dio e ripensiamo alla nostra vita e alle nostre “dipendenze” che non ci consentono di guardare il cielo con gli occhi di un bambino. “Com’è bello questo cielo stellato. Non mi ero mai accorto di come fosse bello stare con gli amici a cantare allegramente in una sera d’estate” . Sono state le parole di Mirko, per anni vissuto per strada a bucarsi e a rubare biciclette, nell’ultima sera di campo in cui ci siamo salutati dopo la  bella e indimenticabile esperienza della carovana al Centro Fernandes. “Anch’io caro Mirko sono molto felice questa sera”.Così gli ho risposto alzando gli occhi al cielo.