Dunque roba da maneggiare con attenzione. Ma
le foto che potete vedere mostrano cosa succede
veramente. Oggetti pericolosi trattati senza nessuna precauzione
anche da bambini, materiale tossico bruciato vicino alle case,
pozze di liquame contaminato in cui tutti sguazzano. E' questa
la fine che fa una buona parte dell'e-waste occidentale: si
perdono le tracce del 75 per cento dei rifiuti tecnologici
prodotti nell'Unione Europea e di oltre l'80 per cento di quelli
prodotti negli Stati Uniti. In parte restano nei garage e nelle
cantine, in parte vengono smaltiti illegalmente nei paesi in cui
sono stati usati, ma in buona parte salgono sulle navi dei
veleni per arrivare nei luoghi in cui i lavoratori, spesso
bambini, sono esposti ai rischi legati al cocktail di composti
chimici che questi rifiuti sprigionano quando vengono trattati
in modo non adeguato.
In Ghana l'indagine di Greenpeace ha messo in evidenza una rete
di cimiteri clandestini. Le navi ufficialmente cariche di "beni
elettronici di seconda mano" arrivano nel più grande porto del
paese, a Tema, e da lì prendono la strada del centro di
smaltimento di Agbogbloshie, ad Accra, la capitale. Oppure si
sperdono nel marasma dei piccoli cimiteri sparsi un po' ovunque.
Greenpeace ha fornito i dati relativi a quello di Korforidua, ma
è un esempio tra tanti.
Un disastro ambientale, sociale, umano che rappresenta l'altra
faccia del disastro politico che ci coinvolge direttamente.
Vent'anni fa l'Occidente chiuse gli occhi sulle rotte dei veleni
finché il contenzioso internazionale divenne troppo aspro per
ignorarlo. Ora la capacità di risposta dei paesi che subiscono
l'arrivo clandestino dei rifiuti elettronici (dall'Africa alle
piazze asiatiche) è più alta ed è prevedibile che la tensione
tornerà a salire molto presto.
(5 agosto 2008)