Dall’islam a Cristo, itinerari a confronto

AVVENIRE DEL 18-09-2008

ROMA. L’immigrazione in Italia di persone di culture e fedi diverse «pone la Chiesa di fronte a un fenomeno inatteso e rilevante. Si tratta di un dono, una situazione che ci interpella a capire aspetti nuovi della nostra missione». Lo ha detto monsignor Walther Ruspi, direttore dell’Ufficio catechistico nazionale, aprendo un seminario – rende noto il Sir – dedicato agli «Itinerari sperimentati con catecumeni provenienti dall’islam», svoltosi a Roma fra lunedì e ieri. «Le persone che passano al cristianesimo dall’islam sono poche»: tuttavia la comunità ecclesiale – e in particolare quanti accompagnano i percorsi del catecumenato – è chiamata a maturare una coscienza nuova dell’evangelizzazione in un contesto di pluralismo religioso. Sfida ancor più esigente quando gli adulti che chiedono il battesimo provengono da contesti di indifferenza religiosa, se non di «analfabetismo» religioso. Si pensi agli immigrati albanesi: «Si è soliti dire che il 70% sono musulmani, il 20% ortodossi e il 10% cattolici. Di fatto – ha spiegato Ruspi – mezzo secolo di ateismo di Stato e di sistematica persecuzione ha molto assopito, per non dire del tutto spento la coscienza di una appartenenza religiosa». A chi teme che l’adesione al cristianesimo comporti uno «sradicamento culturale», Ruspi replica: il Vangelo «non richiede l’abbandono della propria cultura», al contrario «la anima e la feconda». Bisogna avere fiducia «nel fatto che lo Spirito stia parlando nel cuore delle persone», assumendosi la «responsabilità di proporre cammini di fede e stili di comunità – ha scandito Ruspi – sempre di più autentici». Itinerari come quello narrato da don Paolo Sartor, responsabile del Servizio per il catecumenato dell’arcidiocesi di Milano, relativo a una donna d’origine turca arrivata al fonte dopo un lungo percorso fatto prima in famiglia con il marito italiano, poi in parrocchia per due anni. Altre esperienze le hanno raccontate Giacomina Manchia di Torino e suor Angjelina Preci, albanese di Scutari e missionaria scalabriniana – che in tre anni a Roma ha accompagnato il cammino di venti giovani albanesi, 15 di origine musulmana. Nessuna «ondata» di conversioni ma – sempre – percorsi «a misura» di persona, attenti alla libertà, all’autenticità delle scelte e alla concretezza di vita di chi «bussa» alla porta della Chiesa cattolica.
In un seminario dell’Ufficio catechistico Cei le esperienze di chi accompagna catecumeni d’origine musulmana