La competizione politica si è trasformata in un eccidio. Insanguinata la Rift Valley
Kofi Annan tenta una difficile mediazione tra i sostenitori del presidente e l'oppositore

Kenya, ormai è guerra etnica
Cento morti in quattro giorni

 
NAIROBI - Con il machete, con i bastoni o con gli archi e le frecce avvelenate. Ogni arma è buona per uccidere il rivale politico in Kenya. La competizione elettorale si è trasformata in una guerra etnica. Negli ultimi quattro giorni quasi un centinaio di uomini sono caduti sotto la violenza dei sostenitoti del neo presidente Kibaki o dell'oppositore Odinga.

Teatro delle violenze è stata ancora una volta la provincia occidentale della Rift Valley e in particolare la località di Nakuru, dove solo ieri si sono contate 45 vittime. Rift Valley è una delle principali roccaforti di Odinga e del suo partito Odm, l'Orange Democratic Movement la cui base è costituita dall'etnia dei Luo, ostile a quella dei Kikuyu cui appartiene Kibaki, rieletto il 27 dicembre scorso.

Tre giorni dopo alla proclamazione di Kibaki, contestata da Odinga, inziarono violenti scontri che finora hanno causato oltre 800 morti e 260.000 sfollati. Tra le vittime di ieri anche il primo sacerdote cattolico: padre Michael Kamau Ithodeka, 42 anni, di etnia Kikuyu. Padre Michael, che aveva studiato cinque anni a Roma, insegnava al seminario regionale di Tindinyo, nella provincia occidentale della Rift Valley. Viaggiava in auto; un gruppo di rivoltosi lo ha bloccato e, costretto a scendere, è stato massacrato poi a colpi di machete.

Tra i due contendenti, sta provando a mediare l'ex segretario generale delle nazioni Unite Kofi Annan che ieri era nelle zone più colpite dai massacri: "Sono in Kenya per portare la pace, ma ho assistito a sistematici abusi contro i diritti umani".