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PRESENTAZIONE
«Mannaggia
la miserìa», con l’accento sulla
seconda «i», è un’imprecazione
ricorrente tra gli immigrati
marocchini che vivono nel ghetto
di San Nicola Varco, un mercato
ortofrutticolo abbandonato nel
cuore della Piana del Sele,
vicino a Salerno. In quel
mercato non si comprano né si
vendono i prodotti della terra.
C’è altra merce. Ci sono
braccia, tante braccia.
Con un linguaggio teso e una
narrazione incalzante il testo
denuncia le condizioni di vita e
di lavoro estremamente degradate
di un nucleo di settecento
immigrati marocchini occupati in
agricoltura. Storie raccontate
in prima persona, descrizioni
impietose di una quotidianità
fatta di situazioni abitative
disumane, in tuguri senza luce e
senza acqua, e segnata da fatica
e sfruttamento nelle campagne
dominate dal caporalato e dal
lavoro nero.
Ricorrendo alla forma del
racconto, il libro dà voce alle
storie personali di una comunità
inconsapevole di essere
diventata tale. Prendono corpo
così tante vite invisibili e
sbriciolate, ma anche la voglia
e il tentativo di delineare
proposte e percorsi utili per la
costruzione di un progetto di
riscatto.
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DAL SITO INAIL
In un volume il sindacalista della Cgil Anselmo
Botte racconta le condizioni di lavoro e di vita degli immigrati
marocchini che vivono a San Nicola Varco, tra Eboli e Battipaglia.
Storie di ordinario sfruttamento tra padroni, caporali e uomini che
lavorano a giornata
ROMA - San Nicola Varco è una località situata nella Piana del Sele,
esattamente tra Eboli e Battipaglia. In un grande fabbricato
costruito negli anni Ottanta per ospitare un mercato ortofrutticolo
e poi abbandonato all'incuria e alla devastazione del tempo e degli
uomini vive da oltre quindici anni una colonia di braccianti
marocchini che seminano, concimano, raccolgono e confezionano i
prodotti agricoli che questa terra generosamente dispensa. Le
condizioni di vita e di lavoro, le speranze, i desideri di questi
uomini sono al centro del volume di Anselmo Botte "Mannaggia la
miseria - Storie di braccianti stranieri e caporali nella Piana del
Sele" (Ediesse Editore, pp.136, euro 10,00): una narrazione
incalzante e avvincente che trasporta direttamente il lettore tra i
campi di pesche e meloni, dove gruppi di uomini organizzati da
caporali della stessa nazionalità raccolgono la frutta piegati dalla
fatica e dall'arsura per paghe che raramente superano i venticinque
euro al giorno.
A leggere il loro animo e a decodificare le leggi illegali di un
mercato del lavoro sbilenco e brutale è Anselmo Botte, un
sindacalista "vecchio stile" che preferisce il contatto con le
persone alle carte e alle pratiche e che da molti anni ha fatto
della battaglia contro lo sfruttamento dei braccianti agricoli una
vera missione di vita. E così anche se le storie dei diretti
protagonisti di questo reportage narrativo sono frutto di fantasia,
si tratta comunque di episodi e vicende possibili e realmente
accaduti. Vero è il borgo di San Nicola Varco abitato oggi da
settecento braccianti stranieri, vere le condizioni abitative
disumane in cui questi si trovano a vivere in tuguri senza acqua e
né luce e veri i meccanismi di forza che regolano i rapporti con i
caporali e i padroni. Ma tutto, il lavoro, la fatica, la sete, le
conversazioni fatte raccogliendo la frutta, i mal di pancia causati
dalle troppe pesche mangiate conducono il lettore in un mondo
concreto che non ha nulla a che fare con l'astrazione statistica e
sociologica.
Ne vengono fuori storie di quotidiano sfruttamento raccontate in
prima persona dai protagonisti, con tono sempre lucido e
estremamente pacato: dalla raccolta delle pesche sotto il sole
rovente con il corpo attraversato da fiumare di sudore che fanno
degli abiti una seconda pelle ai viaggi verso il campo schiacciati
in sette nell'automobile del caporale, dal bagno nei canali per
l'irrigazione dei campi al rito del tè che resiste alla povertà e al
degrado dove i braccianti vivono per mancanza di alternative. Il
risultato è un libro vibrante bello da leggere, ma anche una
denuncia e uno strumento di lotta sindacale. Perché affonda la sua
ragion d'essere non nel piacere letterario, ma nell'impegno e nella
ricerca sincera di un mondo migliore.
(ap/roma)
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