LA REPUBBLICA 19-09-2022

Castel Volturno, ricordata la strage dei ghanesi
di Raffaele Sardo
Antonio Casale, direttore del Centro Fernandes: "La nostra terra sia terra d'incontro"




"Questa provincia è stata chiamata "Terra di Lavoro". Il lavoro oggi non c'è. Ma c'è un'altra ricchezza, quella degli immigrati e perciò possiamo chiamarla terra di incontro. Dall'incontro devono nascere cose meravigliose e non episodi così tristi che infangano la nostra terra."

Antonio Casale, il direttore del Centro Fernandes di Castel Volturno, apre con queste parole la cerimonia di commemorazione in ricordo dei sei ragazzi ghanesi uccisi la sera del 18 settembre del 2008 da un commando camorristico. L'appuntamento è, come tutti gli anni, presso la ex sartoria "Ob Ob exotic fashion" al km 43 della domiziana. Un negozio che ora non c'è più, ma vi è la stele con i nomi dei ragazzi uccisi quella sera.

Fu una strage fatta senza alcun motivo, se non quello razziale. I camorristi guidati da Giuseppe Setola, volevano "ripristinare l'ordine" sul litorale domizio. Erano in cinque, quattro a bordo di una Punto e un altro sicario a bordo di una motocicletta. Prima di arrivare nella zona di Varcaturo, si diressero a Baia Verde e uccisero Antonio Celiento, il gestore di una sala giochi. Poi a tutta velocità partirono verso Varcaturo. Indossarono pettorine delle forze dell'ordine e attaccarono un lampeggiante della polizia sull'auto. Arrivati sul luogo dove solitamente si riunivano gli immigrati dopo il lavoro, tirarono fuori kalasnikov e pistole e spararono a tutto ciò che si muoveva.

A terra rimasero i corpi di Kwame Julius Francis, Affun Yeboa Eric, El Hadji Ababa, Jeemes Alex, Christopher Adams, Samule Kwabo. Un altro, Joseph Ayimbora, rimase ferito alle gambe. Finse di essere morto. La sua collaborazione con le forze dell'ordine è stata decisiva per l'individuazione degli assassini. Ayimbora è morto successivamente per problemi sopravvenuti proprio a quel ferimento. Il Presidente della Repubblica gli assegnò la medaglia d'oro al valor civile.

La giornata in ricordo delle vittime di quella strage ha avuto un prologo ieri con una messa celebrata dai padri comboniani presso il Centro Fernandes. "In mattinata invece - spiega Mimma D'amico attivista del centro sociale ex canapificio di Caserta - i ragazzi della scuola media Garibaldi di Castel Volturno, attraverso un gioco di ruolo, hanno ricordato nella sala consiliare del Comune i giovani ghanesi. L'hanno fatto cercando di entrare nelle vite degli immigrati uccisi, e quella di Joseph Ayimbora, studiando i loro percorsi di vita e immaginando quali fossero i loro sogni da realizzare. Un lavoro che ha aiutato gli stessi ragazzi a conoscere la storia recente di questi territori, perché non sapevano che cosa fosse accaduto la sera del 18 settembre del 2008".

Nella sua veste istituzionale, e con tanto di fascia tricolore, a ricordare i giovani ghanesi c'era anche il sindaco di Casal di Principe, Renato Natale. "Indosso questa fascia perché le istituzioni devono avere rispetto di questi ragazzi uccisi e poi perché i colori della nostra bandiera rappresentano il verde delle nostre pianure, il bianco delle nostre nevi, ma anche il rosso che è il sangue di chi ha lottato per la libertà. In questo rosso c'è anche il sangue di questi ragazzi che sono stati uccisi la sera del 18 settembre del 2008".

Per il padre comboniano Daniele Moschetti "Non dobbiamo mai perdere la memoria per chi ha dato la vita. In questa occasione è anche bello ricordare la comunità africana che reagì fortemente in quei due giorni successivi alla strage. Era il loro grido di dolore attraverso il quale lanciavano un messaggio: Ci state già prendendo tutto. Ci fate lavorare a nero, ci affittate le case a nero, ma non prendeteci anche la vita, che è il valore più grande che Dio ci ha dato"
"Ha un senso ricordare - dice Francesco Dandolo della comunità di sant'Egidio di Napoli - la memoria è il primo elemento che ci aiuta a vivere nel presente. Fare memoria è capire oggi in che situazione si vive e di cosa avrebbero bisogno le persone. Ora c'è bisogno che Castel Volturno e tutto il suo circondario prosegua in un discorso di integrazione. Qui vivono già bambini, figli di terza generazione di immigrati. Bisogna proseguire in questo percorso di amicizia, rispetto e stima reciproco. Da qui può partire un messaggio positivo di come vivere insieme"
Per Salvatore Cuoci, coordinatore del Comitato don Peppe Diana, "La strage dei giovani ghanesi di quattordici anni fa, è stato il punto più basso di questa storia. Ma Possiamo voltare pagina. Ci confortano le parole di Pappa Francesco che ha parlato del martirio di don Peppe Diana come un esempio per la Campania".
Per Mamadou Kouassi, che ha letto i nomi dei ragazzi uccisi, "E' importante fare insieme un percorso di integrazione vera. Questo momento deve servirci non solo per ricordare i nostri fratelli, ma anche per costruire il futuro di Castel Volturno e dell'Italia in un mondo di pace, senza nessuna discriminazione, perché siamo tutti esseri umani".
La cerimonia, a cui ha partecipato anche Agnese Ginocchio, cantautrice, attivista e testimonial per la Pace, si è conclusa con una preghiera a cui hanno partecipato esponenti delle chiese pentecostali del litorale, insieme ai padri comboniani e all'imam della moschea di Castel Volturno.