Omelia per San Roberto Bellarmino

~ 2011 ~

Carissimi Presbiteri, Diaconi, fedeli laici,

con vivo piacere vi affido queste riflessioni, all’inizio del nuovo Anno Pastorale, in questa circostanza della Solennità di S. Roberto Bellarmino, nostro Protettore e grande Vescovo della nostra Chiesa di Capua.

Sono riflessioni che nascono nella preghiera al Signore, da cui viene ogni grazia e dalla conoscenza del tessuto socio-religioso del nostro territorio e delle nostre realtà ecclesiali.

Educazione alla Fede

Desidero unirmi in ciò a tutta la Chiesa che è in Italia, riprendendo gli Orientamenti Pastorali dell’episcopato italiano per il decennio 2010-2020: “Educare alla vita buona del Vangelo”. L’intento è rilanciare l’impegno pastorale della educazione cristiana, in particolare alla iniziazione cristiana che si svolge nelle nostre comunità.

Il programma pastorale intende rilanciare la proposta sempre attuale e necessaria della Educazione alla Fede. In questi cinque anni il punto di riferimento sarà intra-ecclesiale fino alla celebrazione del Convegno Ecclesiale Nazionale di metà decennio, che si prevede per l’autunno del 2015.

Alla Conferenza Episcopale Italiana noi vescovi abbiamo ascoltato la relazione di S. Ecc. Mons. Marcello Semeraro, Vescovo di Albano, Presidente della Commissione Episcopale per la Dottrina della Fede, l’Annuncio e la Catechesi. Desidero ripetere qualche elemento di riflessione, molto attuale e valido: «All’inizio dell’essere cristiano, non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva». Questa citazione dell’incipit dell’Enciclica Deus Caritas est noi abbiamo voluto collocarla nel cuore degli Orientamenti Pastorali Educare alla vita buona del Vangelo al n. 28.

Leggiamo in 1Gv 1, 1-4: «Quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contempliamo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita … quello che abbiamo veduto ed udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. E la nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo». Di questo incontro parliamo; ossia di una esperienza che attraverso la testimonianza apostolica ci raggiunge e noi sentiamo, a nostra volta, l’intimo bisogno di trasmettere. L’evento da cui parte l’azione della Chiesa e pure la sua opera educativa è l’incontro con Cristo, sorgente, itinerario, e traguardo di ogni prassi pastorale.

All’origine della Comunità cristiana c’è l’esperienza di Cristo, ossia l’incontro con la sua Persona. La fede si compie in questo incontro con Cristo e «con Lui la fede prende la forma dell’incontro con una Persona alla quale si affida la propria vita» (Benedetto XVI, Verbum Domini, n. 25).

Questo incontro, però, nel tempo presente non si attua senza una mediazione della Chiesa. Perciò sentiamo viva la vocazione di «introdurre e accompagnare» all’incontro con Cristo. L’attenzione a questo punto nodale deve spingersi fino alla dimensione concreta dei soggetti e dei metodi della missione ecclesiale e, in particolare, dell’educazione alla fede.

Questa concreta possibilità di incontro è determinata dal fatto che l’uomo è persona, soggetto di diritti e di doveri, è se stesso, è relazione con Dio e con gli altri.

Dio ha incontrato l’uomo in Cristo

L’incontro nasce perché Dio ha incontrato l’uomo in Cristo, che è il cuore, il centro della Chiesa. San Paolo ricorda nella Lettera agli Efesini: «Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo» (Ef 1, 3-5).

Nel Documento della C.E.I. “Il volto missionario delle parrocchie” (2004) al n. 13 è detto: «Occorre tornare all’essenzialità della fede, per cui chi incontra la parrocchia deve poter incontrare Cristo, senza troppe glosse e adattamenti». Negli Orientamenti “Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia” (2001) è ancora la comunità parrocchiale ad essere incoraggiata a trovare «tempi e spazi precisi nella nostra vita dedicata all’incontro con il Signore». Negli Orientamenti pastorali “Educare alla vita buona del Vangelo” è detto: «In quanto luogo di incontro con il Signore Gesù e di comunione tra fratelli, la comunità cristiana alimenta un’autentica relazione con Dio, favorisce la formazione della coscienza adulta; propone esperienza di libera e cordiale appartenenza, di servizio e di formazione sociale, di aggregazione e di festa» (n. 39).

Nel Documento di Base al n. 38 è ricordato come «Educare al pensiero di Cristo, a vedere la storia come Lui, a giudicare la vita come Lui, a scegliere e ad amare come Lui, a sperare come insegna Lui, a vivere in Lui la comunione con il Padre e lo Spirito Santo. In una parola, nutrire e guidare la mentalità di fede: questa è la missione fondamentale di chi fa catechesi a nome della Chiesa».

Gesù ha incontrato i poveri

La vita terrena di Gesù è ricca di incontri e tutti sono alla radice di una forma di vita. Così nell’episodio di Zaccheo, del quale ha parlato Benedetto XVI a Venezia: «Che cosa lo spinge a ricercare l’incontro con Lui? … Gesù arriva, alza lo sguardo verso di Lui, lo chiama per nome … Da questo incontro scaturisce per Zaccheo una vita nuova: accoglie Gesù con gioia, scoprendo finalmente la realtà che può riempire veramente e pienamente la sua vita. Ha toccato con mano la salvezza, ormai non è più quello di prima e come segno di conversione si impegna a donare metà dei suoi beni ai poveri e a restituire il quadruplo a chi aveva derubato. Ha trovato il vero tesoro, perché il Tesoro, che è Gesù, ha trovato lui» (Discorso dell’8 maggio 2011).

Il problema nella Chiesa oggi riguarda anche coloro che pur non avendo rinnegato formalmente il loro Battesimo, vivono un rapporto distante con la Chiesa. «Già i Padri della Chiesa sapevano che la seconda conversione è più difficile della prima. Dicevano che la prima conversione avviene mediante l’acqua del Battesimo, mentre la seconda richiede le lacrime del penitente e della penitenza. Ciò vale anche per la nuova, cioè seconda evangelizzazione. Essa esige anzitutto una paziente rimozione delle incrostazioni, degli irrigidimenti e delle ostinazioni e la guarigione delle ferite che si sono formate sia sul versante della Chiesa sia su quello del mondo moderno. Sul versante della Chiesa, occorre superare un atteggiamento unicamente difensivo nei riguardi del mondo, liberandosi dall’isolamento imputabile in parte a se stessi, rinnovare la fede e la gioia di credere e riprendere lo slancio missionario. Sul versante del mondo moderno si tratta di eliminare il veleno che si è accumulato contro il cristianesimo a causa di riserve, pregiudizi e ostilità. Mentre la prima evangelizzazione poteva presupporre la dimensione religiosa e ricollegarsi ad essa, la seconda deve anzitutto scoprire le domande religiose sepolte e riportarle alla coscienza».

L’incontro con Cristo avviene nella Chiesa, che è la comunità dei fedeli uniti a Lui, in particolare nella parrocchia.

Iniziazione cristiana nella Parrocchia

Il problema principale è l’educazione alla fede che passa attraverso la iniziazione cristiana. Essa coinvolge diverse categorie. Vi sono giovani e adulti che chiedono l’iniziazione cristiana; bambini, ragazzi e giovani in fase di iniziazione cristiana; giovani e adulti in fase di completamento dell’iniziazione cristiana e “ricomincianti”; approfondimento della fede di giovani e adulti (Catechesi propriamente detta). E per noi vale molto l’imperativo che è così pressante in Diocesi. Quale è la predicazione agli Immigrati? Ci passano avanti e noi voltiamo la faccia altrove? Inoltre quale è il ruolo della famiglia, della comunità parrocchiale in questo annuncio di fede? Sono veramente coinvolte o sono prese solo da problemi contingenti o da ritualismi?

La parrocchia è la cellula viva della diocesi. Essa «offre un luminoso esempio di apostolato comunitario, fondendo insieme tutte le differenze umane che vi si trovano e inserendole nell’universalità della Chiesa … Nella comunità parrocchiale la Catechesi può trovare normalmente l’ambiente adatto per una piena presentazione della Parola di Dio. Qui, più che altrove, la Catechesi può diventare unitariamente insegnamento, educazione, esperienza di vita».

Il testo del Rinnovamento della Catechesi, ancora valido e attuale, guida la nostra riflessione sui diversi aspetti del vivere ecclesiale ed umano.

«Non c’è aspetto del mistero cristiano, non c’è problema umano, non c’è avvenimento di attualità, che non debbano trovare sensibili e pronti alla riflessione sacerdoti e fedeli … La comunità parrocchiale non si chiude in se stessa: respira la vita della Chiesa universale, coltiva il senso della diocesi, procura di allargare le sue possibilità educative aprendosi a forme di collaborazione interparrocchiali, porta il suo contributo a tutto il popolo di Dio».

Ruolo educativo della famiglia

Inoltre è da sottolineare il ruolo fortemente educativo della famiglia. Essa è come la madre e la nutrice dell’educazione, per tutti i membri, in modo particolare per i figli … Insostituibile è la partecipazione attiva dei genitori nella preparazione dei figli ai sacramenti della iniziazione. In tal modo, non solo i figli vengono adeguatamente introdotti nella vita ecclesiale, ma tutta la famiglia vi partecipa e cresce; i genitori stesi, annunciando ascoltano, insegnando imparano. È chiaro che il primo soggetto educativo è la famiglia. Il vero compito oltre che generativo è educativo. La educazione non si rivolge alla sola corporeità, che pure è necessaria, ma si rivolge all’aspetto morale, sociale ed ecclesiale. Coinvolge tutta la persona e le diverse persone. Educare significa proporre valori e principi validi, dare motivazione oltre al divenire della realtà storica, significa proporre modelli di vita. La famiglia deve guardare al suo compito primigenio, alla sua specificità. Il senso religioso della vita, la ecclesialità come appartenenza, la vita di fede trovano la loro valida collocazione. Nella concretezza, la famiglia, oggi, avverte i suoi limiti, ma nell’unità degli intenti educativi, collaborando sinergicamente con le altre agenzie educative, svolge un valido impegno. Nella formazione spirituale ed ecclesiale dei figli, la famiglia pone principi e realizzazioni validi per la crescita spirituale dei figli, mediante la conoscenza della Parola di Dio, attraverso la partecipazione alla vita comunitaria della Parrocchia. Questa rimane egualmente fondamentale perché è il luogo educativo ad una fede adulta e matura. L’iniziazione cristiana nella comunità parrocchiale trova il suo habitat, sviluppando la fede testimoniata con la vita e nella vita, per cui la fede è incarnata.

Itinerario Catecumenale

Occorre fare una analisi dello stato della situazione presente oggi nella parrocchie della nostra Arcidiocesi.

È passata la realizzazione dell’itinerario catecumenale in cui si collega la dottrina e la vita, la comunità parrocchiale e le famiglie, l’incontro con le diverse esperienze di carità e di condivisione con le povertà presenti? Non una lezione dottrinale, tante volte asettica, e basta, ma una forte connotazione di piccole comunità nella comunità parrocchiale più grande. È passata la diversa tipologia di coloro che chiedono il Battesimo, con itinerari personalizzati?

La comunità si interroga sulla passione che porta ad incontrare l’altro, che ha bisogno di attenzione e cura spirituale. Piccoli gruppi, piccole comunità, nella grande comunità che è la Chiesa parrocchiale, collegata con la Diocesi e il suo Vescovo.

Il Santo Padre all’apertura del Convegno Diocesano di Roma ha ricordato, riportando le parole del teologo Hans Urs von Balthasar: «La Fede non deve essere presupposta, ma proposta». La fede non si conserva di per se stesa nel mondo, non si trasmette automaticamente nel cuore dell’uomo, ma deve essere sempre annunciata. È l’annuncio della fede, a sua volta, per essere efficace deve partire da un cuore che adora Cristo e crede nella forza dello Spirito Santo.

Il Beato Giovanni Paolo II così ricordava: «La specificità della catechesi, distinta dal primo annuncio del Vangelo, che ha suscitato la conversione, tende al duplice obiettivo di far maturare la fede iniziale e di educare il vero discepolo di Cristo mediante una conoscenza più approfondita e più sistematica della persona e del messaggio del Signore» (Catechesi tradendae, n. 19).

La struttura del Catechismo deriva dall’esperienza del catecumentato della Chiesa dei primi secoli e riprende gli elementi fondamentali che fanno di una persona un cristiano: la fede, i sacramenti, i comandamenti, il Padre nostro.

Questo si realizza nella Santa Madre Chiesa. S. Cipriano ci ricorda che nessuno può avere Dio per Padre, se non ha la Chiesa per Madre. Essa prepara, educa e fa crescere nella fede. Da sempre la comunità cristiana ha accompagnato la formazione dei bambini, dei ragazzi, degli adulti, aiutandoli non solo a comprendere con intelligenza le verità della fede, ma anche a vivere esperienza di preghiera, di carità, di paternità.

Questo compito è primario nella Chiesa. È il compito di tutti i battezzati e credenti in Lui. La Chiesa non è il luogo di un ritualismo asettico, che manifesta solo ripetitività e si rivela come un prodotto di consumo del sacro.

È il luogo di Dio, dell’umanità incarnata di Cristo, il luogo dell’incontro con la comunità dei credenti e con i poveri. Le nostre parrocchie non sono il luogo del potere del sacro, ma dell’esercizio della carità. Dell’educazione all’incontro con Cristo nella Chiesa.

La fede degli Immigrati

Uno sforzo occorre fare nell’annuncio della Fede cattolica agli Immigrati. Si ha la sensazione di una realtà che non è popolo, perché troppo dispersa in tante piccole comunità, in tanti piccoli gruppi di amicizia. Si racconta che sul territorio domizio vi siano più di quaranta Chiese evangeliche. Non è organizzato il corso di lingua italiana, la catechesi langue, la fede cristiana cattolica è solo domenicale per piccole entità. La Diocesi ha impegnato l’anima, compie ogni sforza per l’aiuto materiale alla popolazione. Personalmente ci soffro moltissimo perché vorrei vedere una fede più appassionata e coinvolgente più persone. Non sempre c’è collaborazione e passione verso l’annuncio cristiano. Prego molto, perché possa realizzarsi il sogno di Dio nel cuore dei poveri. È la mia grande speranza. Invoco sulla nostra Chiesa di Capua la forza del Mistero di Cristo, povero, obbediente e casto, morto e risorto, ricco di amore per l’umanità dei poveri e dei sofferenti.

Invoco la protezione della dolcissima Madre Maria, Astro della nuova evangelizzazione. Invoco l’aiuto dei Santi Vescovi, Martiri, Confessori della Fede. Invoco l’aiuto di S. Roberto Bellarmino, che tanto ha amato la Chiesa di Capua e da cui è stato tanto amato.

Nel silenzio e nella solitudine spirituale Vi benedico tutti di cuore nella fiducia del Signore.

Amen.

Capua, 17 settembre 2011

Solennità di San Roberto Bellarmino

Bruno Schettino

Arcivescovo