«Famiglie migranti, frontiera
dell’annuncio»
Il Papa: «È l’amore lo stile cristiano nell’accoglienza e nel dialogo
arte dalla difesa coraggiosa e paziente delle famiglie dei migranti e degli
itineranti l’impegno primario di quanti operano accanto a coloro che vivono in
prima persona il grande fenomeno della mobilità umana. Perché, come ha spiegato
ieri Benedetto XVI, «la famiglia, anche quella migrante e itinerante,
costituisce la cellula originaria della società» e rappresenta per la persona
migrante una «comunità d’amore e fattore di integrazione». Così il Pontefice ha
indicato le priorità della loro attività ai partecipanti alla plenaria del
Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti, durante
l’udienza nella Sala del Concistoro del Palazzo Apostolico. A guidare il gruppo
era il presidente del dicastero romano, il cardinale Renato Raffaele Martino,
che nei giorni scorsi ha preso parte ai lavori della 18ª sessione plenaria del
Pontificio Consiglio, dedicata al tema «La famiglia migrante e itinerante». Una
questione della quale lo stesso Ratzinger, ieri mattina, ha voluto ricordare
l’importanza, soffermandosi sul suo appello lanciato durante la visita negli
Stati Uniti d’America: «Ho avuto modo di incoraggiare quel grande Paese a
continuare nel suo impegno di accoglienza verso quei fratelli e sorelle che lì
giungono venendo, in genere, da Paesi poveri. Ho segnalato in particolare il
grave problema del ricongiungimento familiare – ha ricordato il Papa –, tema che
avevo già affrontato nel messaggio per la 93ª Giornata mondiale del migrante e
del rifugiato, dedicato proprio al tema della famiglia migrante». Una realtà, ha
proseguito il Pontefice, il cui modello è la Sacra Famiglia, secondo l’immagine
usata da Pio XII nella costituzione apostolica «Exsul Familia». Resta essenziale
quindi, ha sottolineato Ratzinger, l’impegno ecclesiale nei confronti delle
famiglie migranti, come sottolineato da Giovanni Paolo II nei suo messaggi per
la Giornata mondiale del migrante del 1980, del 1986 e del 1993. La famiglia, ha
ripreso Benedetto XVI, «rappresenta la comunità nella quale fin dall’infanzia si
è formati ad adorare e amare Dio, apprendendo la grammatica dei valori umani e
morali e imparando a fare buon uso della libertà nella verità. Purtroppo in non
poche situazioni questo avviene con difficoltà – ha ricordato ancora Ratzinger
–, specialmente nel caso di chi è investito dal fenomeno della mobilità umana».
Anche per questo la pastorale rivolta a queste famiglie è un impegno
raccomandato dal Concilio Vaticano II, ha aggiunto il Papa citando la «Christus
Dominus», e auspicato non solo dai Pontefici ma anche dai documenti del
dicastero della pastorale per i migranti. Quale lo stile, allora, della comunità
cristiana «nella sua azione di accoglienza e di dialogo con i migranti e gli
itineranti»? È quello del «comandamento nuovo dell’amore», lo stesso amore che
Gesù ha vissuto «fino alla morte e alla morte di croce», ha risposto il Papa,
ricordando che esso è un preciso mandato di Cristo ai suoi discepoli. Un mandato
che continua ad essere trasmesso «mediante il Vangelo e i sacramenti,
specialmente l’Eucaristia». «Chi va a Messa – ha proseguito il Pontefice
ricordando che bisogna facilitarne la celebrazione anche per i migranti e gli
itineranti – trova nell’Eucaristia un fortissimo rimando alla propria famiglia,
al proprio matrimonio, ed è incoraggiato a vivere la propria situazione in
prospettiva di fede». Si comprende bene, allora, secondo quanto sottolineato dal
Papa, che «la mobilità umana rappresenta, nell’attuale mondo globalizzato, una
frontiera importante per la nuova evangelizzazione».
Una consapevolezza che ha animato la sessione plenaria conclusasi ieri. I
lavori, aperti da Martino, hanno visto l’intervento di numerosi studiosi ed
esperti: hanno parlato tra gli altri l’arcivescovo Agostino Marchetto,
segretario del Pontificio Consiglio, il cardinale Pedro Rubiano Sàenz,
arcivescovo di Bogotà, e il vescovo di Brooklyn, Nicholas Anthony DiMarzio.
DI MATTEO LIUT