NAPOLI
La Curia: inaccettabili ogni offesa e abuso
Preoccupazione e
dolore per i gravi episodi che stanno rendendo molto difficile la vita
quotidiana e la convivenza civile in alcune zone della città sono stati espressi
dalla Curia arcivescovile di Napoli. «Nessuno può pensare di agire impunemente
violando, con atti gravissimi e talvolta anche delittuosi, l’ambito personale e
familiare altrui. La particolarità del proprio stato e la difficile realtà
abitativa non autorizzano né legittimano fatti che attentano alla sicurezza,
alla libertà e ai diritti di ciascun uomo» è l’esordio fermo e deciso della nota
diffusa ieri mattina.
«Probabilmente - continua la nota - le generali condizioni ambientali
acuiscono il clima di esasperazione e di tensione per i possibili danni di
carattere igienicosanitario. Ma questo non può assolutamente portare a
comportamenti che compromettono o annullano la civiltà e la correttezza dei
rapporti umani. La violenza, comunque manifestata, non può trovare alcuna
giustificazione, anzi trova ferma condanna. Non si può abusare della solidarietà
e dell’accoglienza, così come non si può deflettere dal rispetto della persona e
della dignità umana. La Chiesa è da sempre al fianco dei più deboli, che non
sono soltanto gli indigenti, ma anche coloro che vengono offesi e colpiti nei
loro diritti e nei loro affetti personali.
Per questo ogni reato e tutte le violenze contro la persona e contro ciascun
uomo vanno condannati e lottati fermamente. Tutti pertanto sono chiamati a
comportamenti corretti e responsabili, mentre risulta naturale - è il richiamo -
aspettarsi che le istituzioni diano a tutti le necessarie garanzie in termini di
sicurezza personale e di civiltà del vivere. Da parte della comunità ecclesiale,
attraverso le attività di carità conclude la nota - non mancherà certamente,
come sempre, ogni possibile forma di collaborazione».
Valeria Chianese
Migrantes
«Minori rapiti? Nessun caso accertato»
« N on c’è un caso dimostrato in Italia, a detta anche delle Questure, che
dietro il rapimento di bambini ci siano rom e sinti». Lo afferma don Federico
Schiavon, responsabile per la pastorale dei nomadi della fondazione Migrantes,
organismo pastorale della Cei. In un’intervista diffusa dal Sir, ha denunciato
un’ondata preoccupante di «attacco ai rom che ha portato a un clima avvelenato
nei loro confronti facendoli diventare il capro espiatorio di insicurezze e
paure». Secondo il sacerdote ora «sono le comunità nomadi a sentirsi minacciate
e insicure». Il direttore di Migrantes ha annunciato che nei prossimi mesi sarà
pubblicata una ricerca dell’Università di Verona commissionata dall’organismo
cattolico e che, analizzando scientificamente tutti i casi di denuncia nei
confronti di rom come presunti responsabili di rapimenti, dimostra che negli
ultimi 25 anni nessuno di questi era fondato. Anche secondo mons. Piero Gabella,
il sacerdote di Brescia che vive in un campo rom dopo essere stato il direttore
della Migrantes, l’episodio della rom che rapisce il bambino andrebbe provato in
modo certo: potrebbe essere, osserva, «un clichè già visto in altre citta».
Da associazioni e comunità inviti alla prudenza:
«Rispetto della legalità per tutti, Migranti e italiani»
Attenzione. «In
questo momento sembra non esserci resistenza culturale alla tentazione dei
'pogrom', alla voglia di criminalizzazione e di individuazione dei capri
espiatori». A lanciare l’allarme sul rischio di considerare 'logica conseguenza'
le violenze contro i Rom di Ponticelli, dopo il tentato rapimento di un bimbo, è
Mario Marazziti.
Per il portavoce della Comunità di Sant’Egidio «i media hanno registrato o
cavalcato questa tentazione e oggi c’è chi si sente autorizzato a bruciare i
campi. Anche se probabilmente a Napoli c’è di mezzo la criminalità organizzata».
Dunque «dobbiamo essere chiarissimi nel dire 'legalità sì, ma per tutti'». Sulla
stessa linea il direttore dell’Ufficio migranti della diocesi di Brescia. Per
padre Mario Toffari «non produce alcun effetto il tentativo di risolvere» il
lavoro nero, calamita della clandestinità, «applicando la tolleranza zero solo
sul versante dell’immigrato». Famiglie e aziende troveranno altri lavoratori
irregolari disponibili: «La legge attuale colpisce anche chi offre questo tipo
di lavoro, ma quando mai si è visto che tale parte venga applicata come si
dovrebbe?
Forse sarebbe meglio parlare di educazione, oltre che del migrante, anche del
cittadino italiano al rispetto delle leggi». Sant’Egidio fa anche notare che
invece del reato di ingresso clandestino, che sa tanto di «reato di povertà»,
servirebbero «quote certe e larghe di immigrazione regolare, almeno 300 mila
l’anno». Oggi «senza l’immigrazione avremmo un pil negativo». Senza dimenticare
che «2,2 milioni di immigrati regolari su 3 sono stati regolarizzati dalle
sanatorie». La vera risposta al nodo sicurezza «è l’integrazione sociale, che
conviene agli italiani perché riduce la zona grigia di illegalità».
Integrazione sociale che a Verona, testimonia il direttore della Caritas
scaligera, ha funzionato per i rom. Don Giuliano Ceschi si dice «contrario ai
campi per i nomadi perché mancano di dignità umana. Il problema Rom esiste
soprattutto quando i campi sono sovraffollati e possono diventare polveriere
sociali. Nei quartieri dove c’è accumulo di povertà si può scatenare la guerra
tra poveri». A Verona invece «si è trovata una modalità rispettosa dell’identità
dei Rom, ben disposti a lasciare i campi ed entrare negli appartamenti», anche
perché «i Rom a differenza dei Sinti sono di natura stanziali». Percorsi
«praticabili» a patto che le istituzioni considerino con attenzione «anche gli
italiani con disagio abitativo». (L.Liv.)