Celebriamo la «costruzione»
dello Stato. La Nazione c’era già
L’Unità d’Italia gran fatto politico ma non evento identitario
Alcuni politici e qualche intellettuale avvertono con fastidio l’approssimarsi
del centocinquantesimo anniversario dell’unità d’Italia e vorrebbero addirittura
cogliere l’occasione per deplorare un evento storico che peraltro con ogni
probabilità ritengono anch’essi irreversibile. Per altri politici, invece, e per
molti intellettuali, si tratta di una ricorrenza di grande valore, celebrare la
quale sarebbe, così almeno la pensa Giulio Andreotti, «un dovere e non
un’opzione facoltativa».
La penso anch’ io così: quando parliamo dell’Unità, parliamo di un evento
storico di grande rilevanza, che ha segnato in modo irreversibile la vita del
nostro Paese e che merita di restare nella memoria collettiva di tutti, oltre
che di continuare ad essere, come tale, oggetto di approfondimenti critici (è a
questo, e non ad altro, che in definitiva servono le celebrazioni). Con
un’avvertenza, però: ciò che andremo a festeggiare, il prossimo anno, è l’unità
"politica" d’Italia e nulla di più.
Nel 1861 non è nata l’«Italia»; più semplicemente è stato istituito sul
territorio italiano uno «Stato unitario». L’Italia, da un punto di vista
culturale, artistico, linguistico e soprattutto religioso, era già unita da
secoli e secoli. Letta come evento "politico", l’ Unità ha costituito un
autentico traguardo storico, che merita tutte le celebrazioni.
Questo non giustifica però la pretesa di qualificare la proclamazione del Regno
d’Italia (e gli ulteriori eventi del 1866 e del 1870, senza voler arrivare al
1918, come pur sarebbe ragionevole fare) come un evento di rilevanza
"nazionale": si è trattato, invece, di un evento "politicamente" di grande
rilievo. La nazione italiana non ha avuto alcun bisogno di aspettare il trionfo
dei movimenti risorgimentali per riconoscersi ed essere riconosciuta come tale
da tutte le altre nazioni.
Tutte le difficoltà nascono dal fatto che ancora oggi la nozione di Stato viene
purtroppo confusa con quella di Nazione. Confusione che troviamo perfino nella
nostra Costituzione, quando parla di territorio «nazionale» (art. 16) oppure
quando (art. 87) afferma che il presidente della Repubblica rappresenta l’unità
"nazionale". È evidente che tra Stato e Nazione esiste uno strettissimo
rapporto, che non giustifica però l’assimilazione dei due concetti.
Lo Stato fa riferimento al «potere» (e alle modalità del suo esercizio), la
Nazione invece all’«identità» di un popolo (e alle sue forme espressive). La
nazione italiana comprende anche il Canton Ticino, che afferisce politicamente
allo Svizzera (che – come il Regno Unito – è uno Stato "multinazionale" e non
una "nazione"), mentre la cittadinanza italiana (il massimo tra i diritti
"politici") può ben essere legittimamente condivisa da chi non sia italiano per
cultura, origine etnica o tradizione religiosa.
Il tentativo di assimilare Stato e nazione (come è avvenuto in Francia, da Luigi
XIV alla Rivoluzione) ha sempre comportato l’ effetto perverso della
"politicizzazione" dell’identità di un popolo, inducendo a valutarne la
rilevanza in termini quantitativi e militari (la "potenza") piuttosto che
qualitativi, cioè in definitiva storici e "spirituali". Non è un caso che la
storia del Risorgimento sia scandita da "guerre di indipendenza" e che le opere
letterarie e musicali del tempo, di carattere patriottico, contengano
un’esplicita esaltazione della guerra (così come l’Inno di Mameli, anch’esso
erroneamente definito inno nazionale).
Se è doveroso (e lo è realmente!) celebrare l’Unità d’Italia, bisogna farlo con
meditata consapevolezza. È indubbio che l’Italia attraverso l’Unità abbia
consolidato indirizzato lo sviluppo della sua economia, abbia ottenuto maggiore
attenzione nel concerto politico d’Europa, abbia garantito che alcune delle sue
regioni più povere ottenessero significativi benefici, abbia soprattutto
favorito movimenti demografici al proprio interno, indispensabili per la
modernizzazione del Paese.
Non dimentichiamoci però che ciò è potuto accadere perché, già molto, molto
prima di costituirsi in Stato unitario, l’Italia si era già costituita,
attraverso la sua lingua, i suoi costumi, la sua arte, la sua religione in
nazione e tra le più antiche d’Europa. Diamo alle celebrazioni del
centocinquantesimo anniversario dell’Unità il loro corretto carattere di
celebrazioni storico-politiche e difendiamo l’unità e l’identità nazionale con
altre e più efficaci modalità.
Frnacesco D'Agostino