STRAPPO» SULLA VITA
la svolta In Messico, a porte chiuse, i delegati della più grande Ong del mondo
hanno saltato il «fosso della neutralità»: il gruppo si impegnerà a «prevenire
gravidanze indesiderate» Inoltre si batterà per depenalizzare la pratica e
facilitare l’accesso alle strutture sanitarie
L'autogol di Amnesty sull'aborto
Mozione approvata dal comitato internazionale: «È un diritto umano»
Di Lorenzo Fazzini
Lo strappo è consumato:
Amnesty International, la più grande associazione umanitaria del mondo (con 2,2
milioni di aderenti), ha cambiato la propria politica in tema di aborto
includendo il sostegno alla depenalizzazione dell’interruzione di gravidanza e
il «libero esercizio dei diritti sessuali e riproduttivi» tra i propri obiettivi
«umanitari».
La decisione, che segna un precedente per molti versi sconcertante nella storia
della gloriosa organizzazione per la difesa dei diritti civili, è stata
ratificata dal “28° Incontro del Comitato internazionale di Amesty International”,
conclusosi venerdì sera a Cocoyoc, in Messico. La riunione ha coinvolto 400
delegati provenienti da 75 Paesi e ha affrontato diverse tematiche nella
prospettiva – come recita il comunicato finale dell’assemblea – di un «mondo
diviso dall’ineguaglianza, impunità e povertà». Per questo – si legge nella nota
resa pubblica da AI (sigla internazionale di Amnesty International) – è
necessaria una «coraggiosa ed estesa difesa dei diritti umani».
Da tempo l’incontro internazionale in Messico – appuntamento che si ripete ogni
due anni – era sotto osservazione della stampa internazionale per la nuova
politica sull’aborto, approvata in via preliminare dal Comitato internazionale
di Amnesty nella primavera scorsa e criticata da molti. Il perché risulta
evidente, come evidenziato da più parti: un’associazione nata per la difesa
della libertà di coscienza, da sempre in prima linea per l’abolizione della pena
di morte, ora ha “saltato il fosso” morale della neutralità sul tema aborto e si
è schierata (pur con numerose critiche interne) per la possibilità
dell’interruzione di gravidanza come «nuovo diritto umano».
In particolare, l’Ong – fondata dall’avvocato cattolico inglese Peter Benenson
nel 1961 – ha dichiarato che considerando «la prevenzione della violenza contro
le donne come il principale obiettivo delle proprie campagne, i nostri leader si
impegnano di nuovo per lavorare in favore del rispett o universale dei diritti
sessuali e riproduttivi. AI si impegna a rafforzare il lavoro
dell’organizzazione nel prevenire gravidanze indesiderate e altri fattori che
contribuiscono al ricorso delle donne all’aborto». Inoltre, si legge nel
comunicato finale, Amnesty afferma nel concreto la propria prospettiva pratica
su alcuni aspetti riguardanti l’aborto: sancisce che d’ora in poi darà «supporto
alla sua decriminalizzazione» e si batterà per «assicurare alle donne l’accesso
ai servizi sanitari quando sorgono complicazioni dopo un aborto».
Inoltre, «difende il ricorso all’aborto, dentro ragionevoli limiti a livello di
gestazione quando la loro salute o i loro diritti umani sono in pericolo». In
sostanza, la nuova politica – che utilizza un eufemismo molto in voga nelle Ong
di marca abortista – certifica la propria deregulation etica con queste parole:
«Sottolineiamo con forza che le donne e gli uomini devono esercitare i loro
diritti sessuali e riproduttivi liberi da coercizione, discriminazione e
violenza».
Da notare poi che, come rilevato da più parti, le modalità di AI nell’affrontare
la questione non sono risultate particolarmente trasparenti: l’agenzia stampa
Catholic News Service ha denunciato che il meeting in Messico si è svolto «a
porte chiuse sia per la stampa che per il pubblico; inoltre non è stata resa
nota l’agenda dei lavori». Anche a livello nazionale, con le consultazioni
avviate nella primavera del 2005, i dibattiti interni sono stati “silenziati” e
non sono state fornite notizie ufficiali. Infatti, solo grazie ad uno scoop del
giornalista americano Ryan T. Anderson sulla rivista First Thing si era venuto a
sapere (nella primavera del 2005) dell’inizio del lavoro consultivo dentro AI in
tema di aborto.
A giugno scorso, in un’intervista al National Catholic Register, il cardinale
Renato Martino, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, aveva
criticato la nuova direttiva di AI, affermando che con essa «Amnesty
International ha tradito la sua missione» perché porta avanti un doppio standard
morale: da una parte si batte per l’abolizione della pena di morte, mentre ora
«condona l’uccisione di un bambino non nato».
Il prelato, inoltre, aveva annunciato che da tale scelta sarebbe derivata la
sospensione di ogni finanziamento ad Amnesty da parte di organizzazioni
cattoliche.