DA STRANIERIINCAMPANIA.IT

La Corte d’Assise d’Appello de L’Aquila ha applicato la Direttiva UE36/2011 (la norma che promuove l’uso dei proventi sequestrati e confiscati per finanziare l’assistenza e la protezione delle vittime, compreso il loro risarcimento) emettendo una sentenza esemplare a favore di 17 donne nigeriane sfruttate e costrette a prostituirsi

La sentenza conclusiva ha previsto il pagamento di € 50.000 a ciascuna ragazza e la revoca della confisca dei beni a favore delle vittime.  Le giovani nigeriane, fatte oggetto di violenze e discriminazioni, erano riuscite a superare il terrore verso i loro aguzzini fornendo - grazie al sostegno di On the Road e di BeFree, cooperativa sociale contro la tratta e il racket dei trafficanti di esseri umani - elementi importanti per le indagini processuali alla Procura della Repubblica del Tribunale di Teramo, la quale, avvalendosi anche dell’aiuto della Sezione Anticrimine dell’Aquila, aveva accertato la riduzione in stato di schiavitù delle giovani straniere colpendo l’associazione criminosa. Alla fine del processo, il GUP dell’Aquila aveva stabilito una condanna di oltre 100 anni per i 19 imputati, riconoscendoli colpevoli di severi reati quali l’associazione per delinquere finalizzata alla tratta, riduzione in schiavitù, immigrazione clandestina. Nel processo di appello, gli avvocati delle cooperative sociali cui si erano rivolte le ragazze nigeriane, ricorrendo ad una legislazione specifica: l’ art. 600 septies c.p. (che con la clausola “fatti salvi i diritti della persona offesa” introduce dei privilegi a favore del danneggiato dall’illecito la cui pretesa civilistica si impone su quella ablativa dello Stato) e  in particolare l’art. 13 della direttiva UE n. 36/2011  (che impone di “promuovere gli strumenti e proventi sequestrati e confiscati provenienti dai reati di tratta per finanziare l’assistenza e la protezione delle vittime, compreso il loro risarcimento”) sono riusciti ad ottenere il risarcimento immediato delle vittime con il denaro e i beni sequestrati.  

Una vittoria dei legali specializzati nella lotta contro il  traffico di esseri umani certamente, ma anche una vittoria per quella parte di società civile che riconosce l’ aberrazione di questo reato inferto alle vittime.  Questa sentenza, oltre all’immediato valore monetario, esprime un valore altamente simbolico rappresentato nel riconoscere l’enorme danno che deriva alle vittime dalla condizione di schiavitù in cui sono tenute, in un momento in cui anche i governi nazionali e locali stabiliscono politiche repressive e di “decoro urbano” nei confronti delle cosiddette “prostitute”, le quali, con tale sentenza, vengono riconosciute  vittime inermi di un gravissimo reato transazionale  che  lede i loro diritti fondamentali.

Le due cooperative, On the Road e BeFree costituitesi parte civile nel processo,  hanno ottenuto un risarcimento di € 10.000.