L’arte e l’immaginario d’ispirazione cristiana in Africa sono
insieme un mezzo, un risultato e un riflesso dell’attività
missionaria in quel continente (...). Alla luce di un campione di
immagini africane (ad esempio in uso nelle comunità cristiane del
continente, o da esse provenienti), possiamo proporre di distinguere
quattro livelli di inculturazione del Vangelo nelle arti africane di
ispirazione o di contenuti evangelici.
1) Il livello minimale è quello del completo allineamento o della
ripresa appena modificata di un soggetto dell’arte religiosa
d’importazione europea. Un esempio è la Trinità del salterio
di Max Mitsa, nell’affresco murale della cappella di Omvan a Yaoundé
(Camerun), dove si ritrovano, oltre ai due Intronizzati (le due
prime Persone della Trinità sedute sul medesimo trono), la Colomba
dello Spirito, col viso umano e di fattura stereotipata, che vola
sopra di loro – ma anche lo scettro e la boccia del mondo. L’artista
non ha giudicato necessario «africanizzare» la morfologia dei visi,
tanto meno ripensare la scenografia delle Persone che siedono in
gloria. Si tratta di un caso di allineamento sull’iconografia
d’importazione.
2) Un livello intermedio è quello dell’adattamento, che si
accontenta di rivestire all’africana i motivi principali di un
soggetto che ha ricevuto altrove la sua struttura, come le
Annunciazioni dei Mafa (popolazione dell’Africa centrale,
presente soprattutto nell’estremo nord del Camerun e in Nigeria),
dove la concezione dello spazio – realistica e «turistica» – dà la
sensazione che l’artista si è infine accontentato di trasporre il
modello europeo trasportandolo nello spazio geografico ed etnico
africano. Il paesaggio evoca effettivamente le colline del Nord
Camerun; Maria è coperta non da un velo ma da uno scialle, è
accucciata davanti alla capanna mentre fa cuocere la carne o una
polenta di miglio, in mezzo a varie zucche. Lo spaesamento è
garantito, ma si può parlare di inculturazione nel senso che il
soggetto sia stato per così dire ripensato e rivissuto in modo
nuovo? Ne dubito... Il realismo accentuato evoca una foto di turista
occidentale, senza parlare di Maria: che fa un gesto di sorpresa
senza dubbio copiato dalle immagini europee. Poiché né il supporto,
né la scala cromatica hanno radici africane (la pittura è arte
d’esportazione), manca ciò che una recezione profonda suppone di
reinvenzione e di lavoro di simbolismo.
3) Il livello più innovativo vede l’aggiunta o trasformazione di
alcuni tra i motivi principali di un dato soggetto cristiano, dove
solo le grandi linee della sua origine europea costituiscono
l’oggetto di una ripresa. Succede con le Annunciazioni di
origine nigeriana in cui Maria non appare seduta o inginocchiata,
mentre legge o sfoglia un libro di preghiere (come in una quantità
di rappresentazioni europee), bensì è in piedi mentre pesta il
miglio – occupazione di base di una giovane donna africana
nell’ambito della famiglia in cui vive – in mezzo a personaggi
contadini e con gli animali da cortile che le svolazzano intorno: un
dettaglio preso dal vivo; anche l’angelo è africano, come appare per
le labbra carnose e la capigliatura crespa, senza parlare del ramo
che tiene in mano orizzontalmente al posto del tradizionale giglio
europeo, mentre solo la colomba sfugge a tale naturalismo. Pure la
scelta di un legno pesante quale supporto e della scultura in
rilievo quale genere d’arte sono elementi che assicurano un
radicamento originale del soggetto nelle risorse specifiche
dell’arte africana. Del medesimo livello d’inculturazione è, a mio
parere, il Crocifisso-maschera di François Goddard, artista
dello Zaire che ha appunto sostituito il corpo del Crocifisso con
una maschera tradizionale africana circondata da aureola.
4) Il livello più esigente e anche più audace è quello che conduce
alla creazione di nuovi soggetti d’arte cristiana, sconosciuti al
repertorio dell’arte europea. Questo grado di inculturazione è
illustrato, ad esempio, dai rilievi del trono episcopale di Ibadan
(Nigeria), scolpito da Lamidi Fakeye nel 1954, che mostra al centro
Cristo risorto con le piaghe ben visibili mentre apre le braccia in
un gesto che è insieme di abbraccio e di insegnamento; a sinistra,
un sacerdote del dio del tuono Shango e a destra uno stregone delle
erbe Osanyin, ciascuno che porta i problemi delle sue divinità: è
nato un nuovo soggetto, il Risorto porta la Buona Novella ai pagani
simboleggiati dai loro sacerdoti. Un altro esempio nel medesimo
spirito e con lo stesso autore è il Cristo che dà compimento alla
religione yoruba della Nigeria.
Ma l’audacia e la novità non sono criteri infallibili di
un’inculturazione approfondita e pertinente. Padre Eugène Woelffel
(1910-1992), missionario alsaziano in Togo ed eccellente
disegnatore, buon esempio di missionario europeo dotato di tecnica
d’artista e autore di un’arte inculturata pensata e voluta per
l’evangelizzazione degli africani, realizzò per l’esposizione romana
di Arte Missionaria del 1950 un Cristo re col képi servito come un
sovrano da due assistenti e che potrebbe essere giudicato
discutibile per il tocco di derisione che vi si legge.
L’arte africana inculturata dell’ultimo mezzo secolo resta in larga
misura una terra incognita. Ma ci auguriamo che in futuro
si sviluppi il gusto dell’«incontro in immagini», della permeabilità
interculturale, della scoperta vicendevole degli immaginari
culturali e del «dialogo delle immagini» tra continenti, Paesi e
regioni, religioni, spiritualità e correnti che costituiscono la
ricchezza variegata dell’umanità. Perché abbiamo la debolezza di
credere che sarebbe uno dei rari antidoti allo spezzettamento
babelico delle lingue e alla crescita dell’incomprensione nel
pianeta nell’epoca della globablizzazione.