Quanti equivoci sul multiculturalismo
Articolo di Marco Cappato, Monica Frassoni pubblicato su Terra, il 10/02/11
C’è uno strano paradosso nel dibattito che si sta sviluppando in Italia intorno all’intervento di David Cameron sulla fine del “multiculturalismo”, che alcuni legano all’ennesimo tragico rogo nel quale hanno trovato la morte di quattro bambini rom sulla Via Appia. Il paradosso è che molti di coloro che usano come pretesto il fallimento del “multiculturalismo” giustificano poi politiche di separazione, chiusura e rifiuto della cultura degli altri in nome di una logica del "noi o loro", del "qui siamo in casa nostra e decidiamo noi", "cristiani contro Islam".
Non lo fa Cameron, almeno lo speriamo, ma certamente lo fanno coloro che si pongono in netto contrasto proprio con quei valori considerati “nostri” (libertà di religione e di non religione, laicità, diritti individuali, democrazia, rispetto degli altri) e che a parole dicono di voler difendere contro l’oscurantismo e la minaccia islamica e, sempre più spesso, contro persone e genti che vivono nei nostri paesi. La parola multiculturalismo si presta a stolte interpretazioni. Per Cameron il multiculturalismo che ha fallito è quello di chi si è illuso di risolvere il problema dell’integrazione permettendo o addirittura incoraggiando la creazione di comunità chiuse e immutabili una accanto all’altra, dove siano in vigore regole di fatto imposte da usi e costumi tradizionali anche quando essi siano in contrasto con i diritti umani e le libertà fondamentali. Se questo è il bersaglio, non si può che essere d’accordo nel merito, ma non certo nell’uso di un termine fuorviante, e meno che mai su tutta concezione che di fatto si rassegnasse a riservare razzisticamente i diritti umani a una parte della popolazione occidentale Già, perché il “multiculturalismo” diventa bersaglio anche per coloro che spiegano il rogo di Roma con l’indisponibilità della famiglia rumena ad accettare il trasferimento in un residence o l’“innata” tendenza dei rom a mendicare e rubacchiare. In tal modo la patina del multiculturalismo introietta la reciproca diffidenza che si verifica inevitabilmente quando non si capiscono le usanze del vicino e lo si vede addirittura come un pericoloso invasore, che, in tempo di crisi, ruba il lavoro o ruba e basta. Prevale così la tentazione di cancellare il multiculturalismo al quale non resterebbe a questo punto che opporre un "monoculturalismo” da scontro di civiltà.
Per noi il “multiculturalismo” che vive in una cornice di certezza del diritto è
il contrario della costruzione. di “scatole etniche”, e non ha nulla della
tolleranza passiva. Come dice il prof. Bhiku Parekh, “il multiculturalismo è una
fusione dinamica in cui una cultura attinge parti di un’altra e trasforma
creativamente entrambe”. Per essere fruttuosa e positiva questa “fusione” deve
partire ovviamente da curiosità e apertura e da un quadro sociale ma anche
legale nel quale, appunto, alcuni valori fondanti siano chiari. A differenza di
quello che sostiene molta propaganda nostrana, la democrazia, il rispetto dei
diritti umani e civili delle persone, il rispetto della libertà di professare o
non professare una religione, il diritto di lavorare e abitare in luoghi salubri
e dignitosi non sono valori identitari della nostra società a "radici
giudeo-cristiane", alla quale contrapporre quella "degli altri”. Sono valori
universali. Di tutti. E come tali devono essere considerati. Quindi sono da non
tollerare, meno che mai sul piano giuridico, il matrimonio forzato, le
mutilazioni genitali femminili, la discriminazione e la violenza contro le donne
e i “diversi”, l’imposizione a tutti di dogmi religiosi, da parte di qualsiasi
religione e non certo solo da parte di quella islamica: sono intollerabili non
perché espressioni di un attacco alla nostra identità culturale (e dunque
tollerabili altrove). ma perché distruggono l’essenza della convivenza umana in
qualsiasi latitudine.
Che sia o meno l’obiettivo di Cameron, non è la fine del multiculturalismo e la ricostruzione di società omogenee e monolitiche che dobbiamo cercare. Non è lo sgombero continuo di campi rom che risorgono il giorno dopo, o la cacciata (impossibile per fortuna) di tutti i mussulmani dalle nostre città la soluzione al terrorismo o alla criminalità. Ciò che serve è la ripresa di un universalismo umanista e profondamente liberale e solidale, federalista nel senso kantiano ed europeo, internazionalista e, appunto, multiculturale del termine.
Ed é questo il nostro impegno di Verdi europei e radicali trasnazionali.