dal sito: "immigrazione sud" (scusandoci con i lettori e con il dott. Cozzolino, riproponiamo l'intervista nella versione corretta dall'autore)
Massimo Abdallah Cozzolino, associazione Al Zayd Ibn Thabit
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Massimo Abdallah Cozzolino,
associazione Zayd Ibn Thabit
Quando è nata la vostra associazione?
L'associazione culturale islamica Zayd Ibn Thabit nasce nel 1997 su iniziativa
di un piccolo gruppo di musulmani italiani e nord africani che intendevano
colmare il vuoto spirituale allora esistente dal punto di vista islamico e nel
contempo dare vita ad un centro di assistenza per i tanti immigrati. Negli anni
l'Associazione si è ingrandita, intensificando e diversificando le proprie
attività, riuscendo a rivestire un ruolo importante per le migliaia di immigrati
di fede islamica residenti nella regione Campania. Dal 2004 la direzione
dell'Associazione è prevalentemente composta da musulmani italiani. L'imam e il
presidente dell'associazione sono italiani.
Che significaZayd Ibn Thabit?
Zayd Ibn Thabit erauno dei discepoli del profeta Mohammed - pace e benedizione
su di lui . Zayd Ibn Thabit era una persona famosa per le sue capacità
intellettuali e la sua dedizione per la scrittura. All'età di circa 13 anni
chiese al Profeta di poter partecipare alla battaglia di Badr . Per la sua
giovane età il Profeta non gli permise di prendere parte alla battaglia. Zayd
per ottenere il consenso si dedicò alla memorizzazione e trascrizione dei versi
del Corano così come erano pronunciati dal Profeta. Dopo la morte del Profeta
Mohamed, venne chiesto a Zayd di verificarne eautenticarne la prima
trascrizione. Durante il califfato di Abu Bakr (632- 634 d.c.) venne affidata
proprio a Zayd il compito di trascrivere la prima versione del Corano su foglie
di palmo. Zayd era infatti riconosciuto come uno dei massimo esperti del Corano.
Quali sono le attività della vostra associazione?
Innanzitutto nei nostri locali vengono eseguite quattro delle preghiere
giornaliere obbligatorie. Il nostro principale obiettivo dal punto di vista
spirituale è la costruzione di una identità islamica. Esser musulmano significa
agire conformemente agli insegnamenti dell'Islam. Nel Corano credere è spesso
legato al fatto di avere un buon comportamento, di fare il bene. Il Profeta non
smetteva di richiamare l'attenzione su questa dimensione dell'identità
musulmana. La fioritura dell'identità musulmana passa dalla possibilità che
abbiamo di agire secondo quello che si è e quello che si crede. In definitiva le
nostre attività sono indirizzate allo sviluppo e alla difesa della vita
spiratale nella società in cui viviamo, alla promozione di una educazione sia
religiosa che secolare tra le persone, alla ricerca di una maggiore giustizia in
ogni sfera della vita sociale, economica e politica, ed infine nella promozione
della solidarietà verso tutti i bisognosi.
Cerchiamo quindi di colmare quei vuoti, presenti a livello comunale, per
l’assistenza agli immigrati cercando di offrire innanzitutto un luogo dove poter
ricevere una prima accoglienza, indicazioni legali ed assistenza sanitaria. Nei
nostri locali abbiamo inoltre una barberia, un servizio docce, ed anche una
mensa per i bisognosi. Attraverso tutte queste attività cerchiamo di stimolare
lo sviluppo della diffusione della cultura e della civiltà islamica, nel senso
più rigoroso del termine.
L’attenzione che la nostra associazione dedica agli immigrati è centrale,
essendo frequentata per la maggiora parte da immigrati. Gli immigrati provengono
dalle più diverse regioni del mondo, dall’Africa al Medio Oriente, dall’Asia e
dall'Europa dell'Est. Essi portano con sé culture e tradizioni diverse che
vengono poi ritrovate nel modo di intendere e di vivere l’Islam. La complessità
e le dinamiche variegate dell’Islam in Italia riflettono le diversità di
tipologie di appartenenza all’Islam.
Il nostro principale lavoro culturale consiste nello sviluppo di una educazione
islamica, non solo rivolto all’interno ma anche all’esterno, ai musulmani e non
musulmani, cercando di dare i messaggi più corretti possibili in un periodo in
cui c’è tanta confusione. A causa sia dell'immagine divulgata da alcuni mass
media sia del sentimento diffuso dell'esistenza di una minaccia islamica, sia
dei tragici ultimi avvenimenti, uomini politici, intellettuali e anche persone
comuni tendono a ritenere che i soli musulmani di cui ci si possa fidare siano
coloro che non praticano la religione e che non manifestano in alcun modo la
loro identità musulmana.
Presso la nostra associazione si possono inoltre frequentare corsi di lingua
araba e di cultura e civiltà islamica, rivolti anche ai non musulmani,a donne e
bambini.
Il lavoro di divulgazione e di informazione della cultura e della religione
islamica è stato svolto aprendo i localidell’associazione a tutte le scuole,
favorendo processi di integrazione degli immigrati nel tessuto sociale e
lavorativo, stabilendo un rapporto di collaborazione vero (e non solamente
formale) con le istituzioni e le autorità locali, rendendo le donne e i giovani
immigrati partecipi di un impegno politico, sociale e culturale e facendo loro
assumere un ruolo di attivi protagonisti nella direzione dell’associazione.
In passato alcuni membri della Moschea di Piazza Mercato, sono stati oggetto di
indagini giudiziarie, in che modo la vostra associazione ha avviato una gestione
diversa dopo quelle vicende?
Quando nell'estate del 2004 l’Imam Agostino Gentile Yasin ritornò qui a Napoli,
al termine degli di studi in Arabia Saudita, assunse la direzione religiosa
della moschea e avviò un programma di "epurazione" in modo da allontanare "gli
elementi scomodi" che ostacolavano un percorso di sviluppo culturale e di
apertura alla società. Gentile mi chiedeva di prendere parte alla direzione
dell'Associazione e insieme abbiamo avviato un progetto di risanamento
attraverso la corretta diffusione della cultura islamica nel senso proprio del
termine. Seguendo un percorso democratico abbiamo avviato le diverse attività
che rispondessero alle nuove esigenze della comunità e della società. Volevamo
che la moschea assumesse un volto diverso, che poi ha effettivamente assunto.
Tutte le nostre attività sono rivolte non solo ai musulmani ma a tutti coloro
che sono interessati a conoscere il volto autentico dell'Islam seguendo in
armonia la guida della Rivelazione alla luce dell'intelletto e della ragione. La
politica di “integrazione” s’è inoltre realizzata attraverso la partecipazione
del centro ai numerosi incontri e dibattiti pubblici, organizzati spesso anche a
ridosso di drammatici avvenimenti, per condannare in modo fermo e chiaro ogni
tipo di violenza. Il centro islamico di Napoli è inoltre collegato in rete con
le numerose associazioni culturali e di volontariato presenti sul territorio,
con i sindacati, e ha costituito infine, un tavolo di confronto e di impegno
comune con i fratelli cristiani ed ebrei per lanciare da Napoli e dal
Mezzogiorno d’Italia un forte e chiaro messaggio di pace. Abbiamo cercato di
superare quello che era un altro elemento tipico, vincolante, delle
associazioni, frequentate da immigrati, e delle moschee e cioè la
caratterizzazione prevalentemente etnica. Volevamo fare in modo che
l’associazione islamica fosse rappresentativa di tutte le culture, e non solo di
una etnia come è accaduto nel nostro passato. La Moschea di piazza Mercato in
passato era la “moschea degli algerini”. E’ stato qualcosa di assolutamente
negativo!
Per vivacizzare il dibattito democratico interno e per stimolare una
partecipazione plurale alle attività della nostra associazione abbiamo istituito
e federato all’interno della nostra organizzazione la comunità somala in Italia,
la comunità immigrati del Ghana, la comunità del Burkina Faso, la comunità del
Bangladesh, tutte regolarmente registrate, che costituiscono dei canali di
stimolo e di proposta per il miglioramento delle nostre iniziative, oltre a
consentire di raggiungere e trasmettere in modo più capillare il nostro
messaggio alle varie realtà degli immigrati presenti in Campania.
La comunità islamica italiana è al suo interno variegata e variegate sono anche
le sue esigenze e le sue difficoltà relative sia alla vita religiosa che alla
vita sociale, in una realtà politica fluida come quella italiana. La componente
maggioritaria di immigrati musulmani è caratterizzata da un basso livello
culturale e da scarse competenze professionali, tutti elementi condizionanti che
hanno impedito l’apertura di un sano confronto sulle problematiche di maggiore
interesse e coinvolgimento sociale (la casa, la sanità, il lavoro, la scuola
etc. etc.). Mentre in Italia con difficoltà si è giunti ad istituire forme di
rappresentanza democratica degli stranieri soggiornanti regolarmente sul nostro
territorio, in Gran Bretagna e negli Stati Uniti si sono già sperimentate forme
di confronto e di cooperazione con la componente islamica che vanta propri
interlocutoridi peso e rappresentatività. La mancanza in Italia di interlocutori
e di intellettuali che possano rendere più concreta la rappresentanza
islamicaenfatizza il ruolo sociale e religioso delle moschee che risultano in
definitiva gli unici luoghi di aggregazione. Le maggiori difficoltà che ci
troviamo ad affrontare sono spesso dovute alla mancanza di un accordo giuridico
tra lo stato italiano e l’Islam.
…ti riferisci al fatto che non c’è un accordo con le tre principali
organizzazioni che rappresentano l’islam italiano?
La questione non è su quante siano le organizzazioni che rappresentano i
musulmani, occorrerebbe una normativa che tutelasse i mussulmani in generale,
che non si è avuta per una serie di difficoltà a livello della rappresentanza
delle Associazioni islamiche e a livello politico. Senza entrare nel merito di
questa vicenda, perché sarei polemico se esprimessi quelle che sono le mie
considerazioni, il fatto è che non c’è nessun accordo.
Si può tentare di tracciare una piccola storia dell’Islam a Napoli, a partire
dagli ultimi anni? Quando è nata la prima Moschea?
Per sommi capi la storia dell’Islam a Napoli, in questi ultimi decenni, è legata
alle vicende dell’immigrazione, il fenomeno migratorio è un fenomeno tipico
della contemporaneità. Il fenomeno migratorio che da decenni interessa l’Europa
è portatore di nuovi elementi sociali e culturali, che concorrono a cambiare la
fisionomia ed i lineamenti del Vecchio Continente. I flussi dislocano milioni di
persone in contesti nazionalinei quali etnie e religioni cercano una propria
collocazione esistenziale.
Il progressivo costituirsi in Italia di una popolazione musulmana è strettamente
connesso con il fenomeno delle migrazioni nel Mediterraneo che continua ad
essere, tra terra e mare, teatro di profonde trasformazioni. Mentre i luoghi di
partenza cambiano con le contaminazioni di chi rientra dall’estero (con
l’essenziale contributo delle rimesse), anche i luoghi di arrivo si trasformano
e il profilo dei paesaggi urbani assume nuove configurazioni con l’arrivo dei
migranti. Nella storia della civiltà islamica il Mediterraneo (al-Bahr al-
Mutawassit, in lingua araba “mare di mezzo” ) è stato il luogo tanto
dell’incontro che dello scontro con l’Europa. Se il dibattito politico, al
giorno d’oggi, tende a concentrarsi sullo “scontro di civiltà”, non si può
dimenticare che il Mediterraneo è stato soprattutto il luogo dell’incontro,
dell’interazione e dello scambio fecondo tra il mondo islamico e l’Europa, dove
le identità degli uni e degli altri si sono costruite in un gioco di specchi.
Cronologicamente a Napoli la prima ondata migratoria è stata quella degli
studenti universitari palestinesi, degli studenti mediorientali, che venivano
qui non tanto alla ricerca di un posto di lavoro quanto per completare gli
studi. Questa prima ondata ha avuto, nella sua eterogeneità, una componente più
laica ma anche una componente religiosa. La componente religiosa è stata
artefice di questo impianto della comunità islamica qui a Napoli. Questa
comunità ha agito su un terreno che comunque era fertile perché molti cittadini
somali presenti a Napoli già da molti anni, in conseguenza delle guerre, erano
in Italia grazie a delle leggi speciali che riconoscevano loro di fatto lo
status di rifugiati politici. Si può dire che è dalla metà degli anni ’80 che
c’è questa presenza sempre più diffusa. In una prima fase questi musulmani si
riunivano nelle abitazioni per poter assolvere alle preghiere, fino poi
all’esigenza di costituire un luogo di preghiera. Il primo luogo di culto
islamico a Napoliè stato creato in un locale commerciale angustonei pressi di
piazza Municipio per iniziativa di un gruppo di immigrati somali e marocchini.
La moschea, in arabo masjid, è il luogo dove si compie la prostrazione, che può
essere qualsiasi luogo.
Verso la fine degli anni ’80 c’è stato poi un aumento progressivo
dell’immigrazione dal Mediterraneo, e in particolare si è avuto, soprattutto a
Napoli, un aumento della presenza di algerini. Dalla metà degli anni ’90 si sono
avute a Napoli le prime conversioni di cittadini italiani alla fede islamica. La
presenza qui a Napoli dell’università l’Orientale, all’epoca Istituto
Universitario Orientale, che è stato un luogo di richiamo per tanti appassionati
di cultura e civiltà islamica, oltre che per tanti professori di nazionalità
araba, ha esercitato un importante canale di diffusione della cultura e civiltà
islamica.
Questa moschea nasce nel 1997 e non a caso nasce avendo tra i fondatori un
gruppo di italiani, un gruppo di algerini ed un gruppo di somali, che iniziano
così con un piccolo luogo di preghiera. In seguito riescono ad ottenere la
concessione di uno spazio dal comune, grazie anche alla capacità di mediazione
degli italiani con le autorità comunali, e successivamente ottengono in comodato
d’uso i locali stessi. Noi da poco abbiamo ottenuto, e questo è il segno del
cambiamento che abbiamo dato, la possibilità di avere un nuovo luogo di culto.
Il Venerdì vengono a pregare qui, circa 1500 persone, e per mancanza di spazi
molti dei fedeli sono costretti ad occupare il tratto di strada antistante
l’ingresso principale della moschea.
Abbiamo fatto più volte presente questo disagio che indubbiamente arrechiamo
anche ai cittadini del posto, ed infatti abbiamo sempre cercato di avere buoni
rapporti, cercando di rendere meno spiacevole possibile questo nostro momento di
preghiere, meno ingombrante. Abbiamo ottenuto, e non è stata una cosa facile, un
locale di circa 1000 metri quadi che sarà la nuova sede della Moschea di Napoli,
nelle adiacenze di piazza Mercato, adesso sono in corso i lavori.
Per rispondere alle esigenze dei fedeli che risiedono in località più distanti
dal centro Napoli abbiamo sponsorizzato la creazione di sale di preghiera, di
luoghi di culto anche in altre città: come a Sarno dove c’è un luogo di
preghiera Zayd Ibn Thabit, con dei delegati e dei responsabili che sono di lì,
così anche a Poggiomarino e a Crispano, e fino a poco tempo fa anche a Scafati,
dove abbiamo affidato la responsabilità ad una associazione locale. Questo dà
l’idea della complessità di realtà che interagiscono ed afferiscono
all’associazione Zayd Ibn Thabit.
I Mussulmani a Napoli ancora oggi non hanno un cimitero consacrato alla
sepoltura, secondo il rito islamico, un po’ in tutto il mezzogiorno è così…
Si è così, solo da poco a Salerno è stato realizzata l’area cimiteriale
consacrata alla sepoltura secondo il rito islamico, ma è solo per i mussulmani
residenti a Salerno, mi sembra che anche a Reggio Calabria sia stata destinata
una area consacrata…e basta. Noi riteniamo che negli anni sia stato commesso
sempre un errore madornale, ovvero quello di associare l’Islam agli immigrati,
non è così. Il fatto che io sia italiano, cresciuto in questo paese, con le
tradizioni di questo paese, e che poi abbia abbracciato la religione islamica lo
testimonia. L’Islam è la seconda religione che c’è in Italia, e quindi per la
legge ed il concetto di democrazia dovrebbe avere tutti i diritti, cosa che non
abbiamo. Siamo italiani, abbiamo piena cittadinanza ed uguali diritti hanno i
migliaia di fratelli immigrati che sono qui in Italia per motivi di lavoro, che
spendono parte della loro vita a lavorare, spesso sfruttati in condizioni
disumane ed in cambio non ricevono nulla. Eppure pagano le tasse, assolvono a
tutti quelli che sono gli oneri che lo Stato stabilisce per gli immigrati. La
mancanza di un cimitero consacrato al nostro culto dà assolutamente l’idea di
quanto ci sia miopia e poca sensibilità da parte delle istituzioni pubbliche -
con le dovute eccezioni naturalmente - verso questo fenomeno sociale. Siamo
notevolmente in ritardo rispetto alle dinamiche sociali e politiche europee. Noi
qui, in una città grande come Napoli, non abbiamo un cimitero islamico, in tutta
Italia sono presenti cimiteri dedicati ad altri culti, anche a Napoli. Il
problema evidentemente non è stato affrontato anche perché non c’è ancora una
corposa comunità italiana di religione islamica, ed evidentemente perché le
salme degli immigrati che morivano in Italia venivano rispedite in patria.
Finora il problema non è stato così urgente, c’è però da affrontare questo
problema.
Come descriveresti un eventuale approccio italiano all’Islam, nel senso di un
Islam vissuto da persone che si trovano in Italia e che sono o saranno italiane?
Nonostante tutte le loro diversità, i musulmani d’Europa condividono numerosi
valori e principi comuni. È per questo loro dovere esprimere con chiarezza le
loro convinzioni religiose e la natura della loro presenza nella società.
Andrebbe considerato il valore ed il significato, dal punto di vista culturale e
dal punto di vista etico, che i mussulmani possono dare all’Europa ed
all’Italia. Andrebbe valorizzato il contributo dell’Islam nell’arricchimento
della civiltà europea contemporanea, la secolare presenza islamica in
particolare nell’Europa orientale ed il fatto che i musulmani che vivono
nell’Europa Occidentale vi si siano stabiliti in modo permanente, passando da
una presenza temporanea di immigrati stranieri ad una residenza permanente
rappresentata dalle nuove generazioni dei figli degli immigrati. La diffusione
dell’islam nel mondo con il suo bagaglio di spiritualità, umanità e civiltà
impone una migliorecooperazione, l’avvicinamento con l’Occidente in generale e
con l’Europa in particolare al fine di assicurare la giustizia e la pace nel
mondo. Non occorre riproporre i dibattiti che sono stati fatti, i titoli di
alcuni libri come “E’ possibile conciliare islam e democrazia?”, richiamandosi
sempre ad un concetto d’Islam legato ai paesi del nordafrica. Non è più
possibile riproporre l’immagine di un Islam, statico, retrogrado, anti-moderno e
anti- democratico. L’integrazione in una società democratica è data dalla
confluenza e dalla partecipazione di tutti, in questo caso della componente
della seconda religione in Europa. Questo a mio avviso è un presupposto
fondamentale.
Cosa è laico oggi? Facendo riferimento alo Stato laico, ma che cosa significa
essere laico ? L’etimo greco da cui deriva la nozione di laicità rimanda a
“popolo”, “laos” . Il termine greco fu usato da Pietro per indicare tutti coloro
che avevano ricevuto il battesimo. Questa identificazione del laico con il
battezzato fu ridimensionata da Clemente I alla fine del I° sec., e
Tertullianotra il II° ed il III° sec., i quali con laico indicarono quei
battezzati che non erano religiosi. Da allora la definizione cristiana, in
particolare cattolica romana, di laicità: il laico è il credente che non
appartiene ad alcun ordine o istituto religioso e la laicità è l’indicazione del
suo stato. Molti distinguono il laico che professa la propria laicità testé
considerata dal laico che professa laicismo, dove per laicismo s’intende un
atteggiamento anticlericale, antireligioso e ateo.
Oggi Laico non è colui che non appartiene al clero, ma è “colui che dà libertà
di coscienza”. Sarebbe meglio che avesse libertà di coscienza…ma è colui che dà
libertà di coscienza. E libertà di coscienza che cosa vuole dire? Vuol dire
libertà di credenza, libertà di conoscenza e libertà di critica. Quindi uno
Stato che si definisca laico, democratico, non può considerarsi tale se non dà
libertà di coscienza. Che significa offrire opportunità a tutti coloro che sono
sul territorio nazionale di poter praticare il loro culto, senza sentirsi
discriminati perché appartenenti ad una religione.
In Francia si ha un concetto di laicità inteso in termini più radicali, in modo
tipicamenteilluministico, come non “appartenenza”. In Inghilterra ed in Germania
non è così, è un concetto di laicità inteso come apertura, come l’offrire
possibilità. Questo è ciò che noi auspichiamo, che i mussulmani in Italia
possano sempre più avere luoghi di culto, luoghi dove potersi riunire, insomma
la possibilità di poter dare un loro contributo alla società italiana.