Gli immigrati a Napoli incontrano il Papa

 

 20-10-2007

Anche gli immigrati sono voluti andare in marcia a Napoli per salutare Benedetto XVI. sono gli uomini più “precari” del nostro tempo: quelli senza permesso di soggiorno. Sanno che il papa ha una parola di speranza anche per loro. "lo sviluppo autentico e completo della società risulta seriamente compromesso dalla precarietà del lavoro che non consente ai giovani di farsi una famiglia…” Con queste parole il papa pochi giorni prima si era rivolto agli intervenuti alla “settimana sociale” indetta dalla CEI. Come non pensare che nella mente del Santo Padre siano passati anche le migliaia di giovani immigrati che sono in attesa di un permesso di soggiorno, sospesi ad un filo, senza nessun diritto se non quello di “scomparire”, di vivere come i “miraggi” di totò che si materializzano solo quando possono essere sfruttati nel lavoro nero o da essi si può spillare danaro illecito per fitti abusivi o compravendite. Certo il Papa incontra a Napoli un altro universo di precarietà tutto nostrano, fatto di giovani senza lavoro, anziani soli, commercianti schiacciati dal pizzo, strade e case invase dalle immondizie…Tuttavia la precarietà di chi è costretto a non esistere ufficialmente è certamente  la più dolorosa soprattutto per chi ha lasciato tutto e non trova niente. Essi sanno che il Papa non può dare una soluzione immediata e valida per tutti, come forse alcuni hanno tentato incautamente e ideologicamente di far loro credere. Nonostante ciò essi accorrono fiduciosi perché sanno che la Chiesa è l’unica che non li ha mai delusi o ingannati. Non c’è forse nessun immigrato, anche il più integrato e ricco tra essi, che lungo il suo percorso migratorio non abbia mai incontrato la mano tesa delle centinaia di caritas, parrocchie e case di accoglienza disseminate in ogni dove nel nostro paese. Ognuno ha potuto sperimentare la vicinanza della Chiesa in queste sue diverse ramificazioni scoprendo il volto autentico della fratellanza che non distingue il nero dal bianco, il regolare dal clandestino. Il Papa è per loro la sintesi di tutto questo: il padre buono e saggio che gli riporta alla mente ed al cuore il calore della antiche tradizioni tribali o familiari. Sbaglia perciò che vorrebbe attribuire a questo incontro solo un valore politico o di rivendicazione sociale. La Chiesa non nega il valore delle legislazioni statali e la legittimità di porre delle regole anche ai flussi migratori. Allo stesso tempo, però, la Chiesa non può  negare a nessuno la speranza che è il primo frutto della Fede. Allora il senso di questo incontro è chiedere che ogni legge sull’immigrazione sia sempre segnata dalla speranza e non dalla chiusura e dall’egoismo.  A nessun uomo deve essere negata la speranza che comportandosi bene e rispettando le leggi possa migliorare le sue condizioni di vita. Più i paesi ricchi e opulenti chiudono le porte ed alzano muri impenetrabili tanto più masse di disperati saranno spinte a premere con forza incontrollabile. Quanto più questi paesi  semplificheranno le procedure per un accesso regolare al lavoro , a condizioni accettabili che privilegino il merito e non il denaro, tanto minore sarà la tentazione di eludere i controlli, pagare le mafie di ogni paese e diventare clandestini.