IMMIGRAZIONE E PREGIUDIZI
 

DI ANTONIO CASALE DAL GIORNALE "KAIROS" 8-05-2010
La cosa più interessante del recente scontro tra Fini e Berlusconi è la parte che riguarda il tema dell’immigrazione perché riflette una delle più profonde contraddizioni che animano la società italiana, trasversale a tutte le forze politiche. Fini, infatti, pur essendo stato l’autore di una legge sull’immigrazione ( la cd. Bossi-Fini), che ha creato non pochi problemi ad una reale integrazione degli immigrati, con norme restrittive e demagogiche, gradualmente si è spostato su posizioni più vicine a quelle del mondo ecclesiale tese ad una visione più realistica e positiva del fenomeno migratorio.
Come si può, infatti, vedere dagli studi annuali della Caritas (Dossier Immigrazione), La Chiesa non afferma che l’immigrazione non presenti aspetti problematici ma, attraverso i numeri, ci orienta verso una sua visione realistica e non pregiudiziale. Ciò comporta da parte di ciascuno di noi una messa a punto dell’atteggiamento personale, liberandolo dai pregiudizi, e da parte dei politici una maggiore apertura in materia di cittadinanza e di partecipazione, come anche la messa a disposizione di maggiori risorse. Infatti, la vera emergenza in Italia migratoria è la mancanza di un consistente “pacchetto integrazione” che prepari allo scenario di metà secolo, quando saremo chiamati a convivere con 12 milioni di immigrati, la cui presenza sarà necessaria per il funzionamento del Paese. L’introduzione del reato di clandestinità, la riduzione della possibilità di ricongiungimento familiare, il contratto di soggiorno che lega indissolubilmente l’immigrato al lavoro senza tener conto dei rapporti umani e delle difficoltà a trovare lavoro regolare, le quote di ingresso che scattano come una tagliola e diventano una lotteria per i più fortunati, sono solo alcuni dei punti dell’attuale normativa che non aiutano un serena comprensione del fenomeno, ma alimentano clandestinità, sfruttamento e insicurezza sociale. Se, come attesta l’Istat, gli immigrati regolarmente residenti in Italia sono quasi quattro milioni, e anche di più secondo la stima del Dossier Caritas/Migrantes, è fuorviante continuare a inquadrare il fenomeno nell’ottica degli sbarchi irregolari, prendendo una parte per il tutto e dipingendo negativamente la situazione. Gli sbarchi, che ci ostiniamo a utilizzare come un bollino nero da apporre sul fenomeno migratorio, coinvolgono un numero di persone pari nemmeno all’1% delle presenze regolari, senza contare poi che oltre la metà delle persone sbarcate sono richiedenti asilo, quindi persone meritevoli di protezione secondo le convenzioni internazionali e la Costituzione italiana.
La vera emergenza, stando alle statistiche, è il catastrofismo migratorio, l’incapacità di prendere atto del ruolo assunto dall’immigrazione nello sviluppo del nostro Paese
Quando si parla degli immigrati residenti, infatti, le indagini indicano che 6 italiani su 10 considerano gli stranieri più inclini a delinquere degli italiani. Questo atteggiamento è diffuso in molti ambienti, anche in ambito ecclesiale. In verità non esiste in Italia una emergenza criminalità, perché non ci distinguiamo in negativo in un confronto europeo e nel contesto italiano le denunce penali da alcuni anni sono in diminuzione e il livello attuale (poco più di 2 milioni e mezzo di denunce) è pari a quello dei primi anni ’90 quando iniziava l’immigrazione di massa;
Queste considerazioni ci portano a passare dall’immagine dell’ “immigrato criminale” a quella dell’ “immigrato lavoratore” e a considerare la valenza positiva di queste nuove presenze.
A questo riguardo alcuni dati sono eloquenti:
-un tasso di attività di 12 punti più elevato degli italiani;
-una accentuata canalizzazione, nonostante il loro elevato livello di studio, nei settori e nelle mansioni che gli italiani non prediligono (ad esempio, oltre 100 mila in agricoltura, oltre 300 mila nel settore edile, mentre nel settore della collaborazione familiare la stima corrente di circa 1 milione è nettamente superiore al numero delle persone effettivamente registrate);
-una maggiore esposizione al rischio, con 143.651 infortuni, dei quali 176 mortali;
-un maggior bisogno di tutela, come attesta la massiccia iscrizione a Cgil, Cis, Uil e Ugl (quasi un milione di sindacalizzati), sia quando sono regolarmente assunti, sia ancor di più quando sono costretti a lavorare nel sommerso.
-Questi lavoratori umili e tenaci, non appena possibile diventano essi stessi creatori di posti di lavoro. I titolari d’impresa con cittadinanza straniera, aumentati del 10% anche in questa fase di crisi, sono attualmente 187 mila.
La riflessione sull’immigrazione resta incompleta se limitata all’utilità dei lavoratori immigrati e va estesa alla sua considerazione come nuovi cittadini.
Se gli immigrati incidono per il 7% sulla popolazione residente e per il 10% sulla creazione della ricchezza nazionale, ciò significa che la loro presenza non costituisce una perdita per il sistema Italia.
Gli immigrati, al pari degli italiani, hanno anch’essi bisogno di misure di supporto dal sistema di welfare nazionale, ma assicurano i mezzi perché questo possa essere fatto.
Pagano annualmente 7 miliardi di contributi previdenziali, ma a essere pensionati sono in poche migliaia. Tra gli italiani, invece, vi è attualmente un pensionato ogni 5 residenti, mentre tra gli immigrati, tra 10 anni, vi sarà un pensionato ogni 25 residenti, con notevoli vantaggi per il nostro sistema previdenziale.
Gli immigrati pagano annualmente almeno 4 miliardi di euro di tasse ma incidono, secondo una stima della Banca d’Italia, solo per il 2,5% sulle spese per istruzione, pensione, sanità e sostegno al reddito, all’incirca la metà di quello che assicurano in termini di gettito. Gli immigrati, infine, costituiscono un supporto indispensabile al nostro sbilanciato andamento demografico con 72 mila nuovi nati in Italia nel corso dell’anno.
La riserva di natura socio-culturale-religiosa è più insidiosa e porta ad aver paura degli immigrati perché si ritiene che essi inquinino la società con le diverse tradizioni culturali di cui sono portatori e contrastino l’attaccamento alla nostra religione.  Le indagini sul campo, in sintonia con la conoscenza diretta che ha maturato la rete Caritas e Migrantes, attestano che la maggior parte degli immigrati mostra apprezzamento per l’Italia, la sua storia, la sua arte, il suo clima e la sua gente. Esprimono lo stesso apprezzamento anche per la
comunità cattolica, che è stata fin dall’inizio al loro fianco per aiutarli a far valere le loro aspettative. Su questo aspetto il magistero ecclesiale è stato netto, condannando chi fa riferimento a Dio per andare contro i fratelli, anche se di altra fede, e invitando alla convivenza multireligiosa e alla collaborazione sociale.