DA ROMA MARCO IASEVOLI
U n altro eritreo morto nel viaggio in mare verso l’Europa.
Faceva parte di una spedizione di 80 immigrati (in gran parte connazionali)
avvistati mercoledì notte in acque maltesi. Questa volta le autorità dell’isola,
dopo averli individuati, hanno provveduto anche ai soccorsi, cosa non accaduta
né con i cinque naufraghi accolti dall’Italia il 20 agosto né con i 57 (sempre
eritrei) giunti sulla costa siciliana tre giorni fa.
Nuovo sbarco anche in Sicilia: un peschereccio con 55 persone è stato
accostato l’altro ieri sera al largo di Siracusa. Inizialmente affermavano di
essere iracheni di etnia curda partiti dalla Turchia, e dunque in diritto dello
status di rifugiati. I militari italiani si sono insospettiti (si tratterebbe
di una rotta anomala), e dagli accertamenti è emerso che sarebbero tutti
egiziani. Due uomini sono indicati come i possibili scafisti, mentre altri due
sono scappati dall’ospedale Umberto primo, dove erano stati ricoverati.
Continua intanto l’inchiesta della procura di Agrigento su quanto accaduto ai
cinque eritrei recuperati il 20 agosto in acque italiane. I magistrati hanno
acquisito la foto rilasciata dalla marina maltese, in cui si vede un’unità
avvicinarsi al gommone proprio il giorno prima del salvataggio operato dai
nostri uomini. Un’immagine che a loro dire li sca- gionerebbe dall’accusa di
omesso soccorso. «La foto – spiegano – mostra che erano in buone condizioni», e
dunque potevano, anzi, volevano (questo affermano le Forze armate dell’isola)
proseguire per l’Italia. I tre naufraghi finora ascoltati (gli altri due, in
ospedale, ancora non sono in condizione di parlare) hanno invece confermato che
Malta si è limitata a rifornirli e li ha indirizzati in modo coatto verso
Lampedusa. La procura vuole leggere, per andare più a fondo, anche le
comunicazioni che militari isolani e italiani si sono scambiati in quei
giorni. L’altro filone dell’inchiesta riguarda l’accertamento della morte,
durante un viaggio durato più di venti giorni, di 73 persone, tutte eritree.
Pure di questo i sopravvissuti hanno fornito un ampio racconto ai pm: l’ipotesi
di reato è quella di omicidio colposo plurimo. I cinque naufraghi, invece,
restano accusati «per atto dovuto» di clandestinità, almeno fin quando non
faranno esplicita richiesta di asilo (la condizione di conflitto in Eritrea
glielo permetterebbe), mentre pende contro ignoti l’accusa di favoreggiamento
degli ingressi irregolari.
I 79 eritrei recuperati da Malta sono stati avvistati mercoledì notte. Una metà
aveva già messo piede sugli scogli del porto di Marsaxlokk, nella zona sud
dell’isola. L’altro gommone, con la restante parte di migranti, si trovava alla
deriva al largo di Bizzerbugia: i naufraghi portavano con loro anche il
compagno di viaggio morto, recuperato da una caduta in acqua. Nel gruppo ci
sono 14 donne, fra cui tre in gravidanza (proprio come, secondo i cinque
sopravvissuti, nel gommone precedente), e una bimba di sette anni. I filmati
della marina maltese mostrano volti «provati », il che lascerebbe presagire che
la navigazione è durata diversi giorni. Tutti sono stati portati nel centro di
identificazione di Hal Far in attesa di essere trasferiti in uno dei centri di
detenzione. Le imbarcazioni si sarebbero mosse dalla Libia, come del resto
accaduto a quelle soccorse dall’Italia nei giorni scorsi. I maltesi ricordano
che l’ultimo salvataggio nelle loro acque era avvenuto a Ferragosto, quando
furono soccorsi 115 persone che stavano affondando.
Il nuovo sbarco in Sicilia è invece caratterizzato dalla finta dichiarazione di
nazionalità dei migranti. Il peschereccio, che «non era una carretta » e
«procedeva a velocità sostenuta », è stato intercettato da un aereo della
Guardia di finanza l’altro ieri sera, a 70 miglia da Portopalo di Capo Passero.
Poi, in acque italiane, sono stati presi in carico da un’unità militare, che li
ha portati a Siracusa. Nella spedizione di una cinquantina di unità si contano
13 minori. All’arrivo molti di loro hanno dichiarato di essere curdi, dunque
passibili di protezione. Ma è bastato verificare cellulari e schede telefoniche
estere per capire che si trattava di egiziani partiti dalle coste del loro
paese. Una bugia che potrebbe costare il rimpatrio coatto immediato. Sin dalle
prime ore sarebbero stati individuati anche i due scafisti, che rischiano
l’immediato processo. La polizia è invece sulle tracce di due fuggitivi che sono
riusciti a lasciare l’ospedale dove stavano ricevendo le prime cure.
All’Umberto primo sono osservati altri due migranti, piantonati dalle forze
dell’ordine. Gli altri sono stati trasferiti al centro di accoglienza di
Pozzallo.