Nell’omelia ha rilanciato una delle scelte fondamentali dei vescovi italiani
dopo Verona 2006: «La testimonianza personale e comunitaria in cui convergono
vita spirituale, missione pastorale e dimensione culturale»
C ittà «ricca di carità», sempre pronta all’accoglienza, Genova è
andata incontro a
La gioia della fede ci chiama alla missione
Genova: il Papa e il cardinale Bagnasco durante l’incontro con i giovani
Benedetto XVI con il suo stile, tanto generoso quanto schivo. E la sua gente,
circa cinquantamila persone, s’è addensata in piazza della Vittoria per la Messa
che ha chiuso una giornata densa e ricchissima, del tutto incurante dell’acqua
che ha flagellato quasi senza sosta ogni appuntamento.
Di una pioggia «che un po’ mi perseguita in questi giorni», ha detto il Papa,
invitando tuttavia a prenderla «come una benedizione per i frutti della terra e
come simbolo dello Spirito Santo che bagna la terra secca delle nostre anime».
Ed è proprio all’anima dei fedeli che, nell’omelia della celebrazione
conclusiva, il Pontefice s’è rivolto, richiamando il dovere della Chiesa di
«offrire la testimonianza della comunione» in una società «tesa tra
globalizzazione e individualismo».
Ma per questo, ha aggiunto facendo riferimento al Convegno ecclesiale
nazionale di Verona «al quale ho partecipato proponendo un’ampia riflessione,
pienamente recepita nella successiva Nota pastorale dell’episcopato», è
necessario rifarsi alle «due scelte di fondo, indicate dai vescovi» in quel
documento. In primo luogo, ha detto Benedetto XVI, è necessario «mettere al
primo posto Dio, ma non un Dio generico, bensì il Signore con il suo nome e il
suo volto» e, insieme «porre al centro la persona e l’unità della sua esistenza,
nei diversi ambiti in cui si dispiega: la vita affettiva, il lavoro e la festa,
la fragilità sua propria, la tradizione, la cittadinanza». Sono infatti questi
«i due riferimenti che la Chiesa ha il compito di offrire ad ogni generazione
umana, quale servizio alla costruzione di una società libera e solidale. La
Chiesa – ha rilevato – lo fa certamente con la sua dottrina, ma soprattutto
mediante la testimonianza, che non per nulla è la terza scelta fondamentale
dell’episcopato italiano: testimonianza personale e comunitaria, in cui
convergono vita spirituale, missione pastorale e dimensione culturale». Di qui
l’invito alla Chiesa genovese a essere «unita e missionaria, per annunciare a
tutti la gioia della fede e la bellezza di essere Famiglia di Dio», guardando al
futuro «con fiducia» e cercando «di costruirlo insieme, evitando faziosità e
particolarismi, anteponendo ai pur legittimi interessi particolari il bene
comune», e sempre attenti ai «poveri e i deboli». Un mandato esigente, che
Benedetto XVI ha voluto affidare in particolare ai giovani, incontrati la
mattina in piazza Matteotti. Il Papa, soprattutto, ha voluto incoraggiarli
ricordando loro che essere davvero giovani non significa seguire le mode di
turno, ma piuttosto scoprire «i valori veri e grandi che non passano». La
giornata genovese di Benedetto XVI era iniziata al mattino presto con una visita
al santuario della Madonna della Guardia, sulle montagne che sovrastano Genova,
accompagnato dal cardinale arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza
episcopale italiana Angelo Bagnasco, che più tardi avrebbe pubblicamente
ringraziato «per la cortesia con cui mi ha accolto e per le toccanti parole che
mi ha rivolto». La visita al santuario, in forma privata, ha avuto tuttavia per
il Pontefice un significato particolare in quanto, come egli stesso avrebbe
spiegato all’Angelus di mezzogiorno, il suo predecessore Benedetto XV, genovese,
era così devoto della Madonna della Guardia da far collocare una copia della
statua nei Giardini Vaticani: «Io stesso – ha detto il Papa – prego tutti i
giorni davanti a quella statua».
Lasciato il santuario, è stato quindi l’ospedale pediatrico Gaslini il teatro
del primo incontro pubblico nel capoluogo ligure, iniziato con l’abbraccio di
Benedetto XVI ad alcuni dei piccoli ricoverati, ai quali nel suo discorso
avrebbe poi ricordato che «Dio non ci abbandona mai», invitandoli a restare
«uniti a lui», così da non perdere «mai la serenità, nemmeno nei momenti più bui
e complessi». Dal Gaslini Papa Ratzinger è quindi passato a piazza Matteotti,
dove oltre quattromila giovani erano ad attenderlo e con i quali, dopo il
discorso loro indirizzato, ha recitato (in italiano invece che in latino)
l’Angelus domenicale, concluso con l’appello per il successo della Conferenza
diplomatica che, da oggi in corso a Dublino, in Irlanda, dovrebbe portare
all’interdizione dell’uso delle bombe a grappolo. Infine, prima del pranzo in
seminario e della Messa conclusiva pomeridiana, l’incontro in San Lorenzo con il
Capitolo della Cattedrale e con i rappresentanti della vita consacrata, ai quali
è tornato a raccomandare «soprattutto l’educazione dei ragazzi e dei giovani».
«Voi sapete – ha detto il Papa – che la sfida educativa è quella più urgente,
perché senza un’autentica educazione dell’uomo non si va lontano... Voi tutti,
pur in modi diversi, avete una storica esperienza educativa. Dobbiamo aiutare i
genitori nel loro straordinario e difficile compito; dobbiamo aiutare le
parrocchie e i gruppi; dobbiamo continuare anche con grandi sacrifici le scuole
cattoliche, grande tesoro della comunità cristiana e vera risorsa per il Paese».