Lo striscione di Grazzanise
”VENDO QUESTO FABBRICATO A RUMENI
GITANI ALBANESI E CINESI”
Lo striscione con la scritta ”VENDO QUESTO
FABBRICATO A RUMENI GITANI ALBANESI E CINESI”- Tel. N… - si può leggere a
Grazzanise. Si trova sulla facciata di un fabbricato sulla destra, prima del
semaforo, sulla via per Castelvolturno.
Il messaggio è chiaro, e rivela una scelta di acquirenti fatta con una
determinazione precisa e indiscutibile. Ma inconsueta. Si capisce bene, infatti,
che non si tratta solo di una iniziativa a favore di alcune popolazioni dalle
particolari caratteristiche, ma anche di una esclusione nei confronti degli
altri, a partire dagli italiani. E proprio da quelli di Grazzanise.
Perciò, è probabile che dietro quella scritta vi sia anche un messaggio
sottinteso, di segno diverso da ciò che si legge.
Quando nelle città del Nord Europa, e anche del Nord d’Italia, scrivevano (e
scrivono): Non si fitta ai meridionali, si intendeva discriminare la gente del
Sud, perché tenuta in enorme disprezzo. Ma si includevano tutti gli altri,
perché ritenuti più civili.
Qui, il proprietario del fabbricato, che intende dire?
Ci troviamo di fronte ad una straordinaria apertura dei Mazzoni nei confronti di
una politica a favore di tutti i popoli? In questo caso, più che di uno
striscione, si tratterebbe di un “Manifesto”. Se è così, perché lo striscione
non ha incluso anche gli immigrati africani? Oppure, è una particolare
attenzione nei confronti di etnie, per la maggior parte nomadi ? Ma i cinesi non
sono nomadi!
Allora, forse, così come si sta verificando sul litorale, può darsi che si
tratti di una preferenza a favore di alcuni stranieri, che cominciano ad essere
più graditi nelle locazioni, perché pagano il fitto, e con puntualità, rispetto
a molti italiani che non pagano affatto. Può essere?
Nemmeno così è, perché questo signore vuole vendere, non fittare. E, allora, che
significa?
Anni fa, nei nostri comuni, capitava che alcune gravi decisioni si prendessero
al bar, come reazione stizzita nei confronti degli amici burloni e di tutto il
paese: “Basta, me ne vado. Vendo tutto a chi meno ve l’aspettate, ma non a
voi!”. Della serie: Ingrata patria, non avrai le mie ossa. Era una sfuriata, ma
capitava frequentemente. Poi, ovviamente, non succedeva niente: l’amico si
calmava, ci si prendeva il caffè, e il proposito veniva rinviato.
A pensarci bene, ci potrebbe essere anche il premeditato proposito di dare una
lezione - coram populo - solamente ai vicini di casa, scegliendo per loro un
acquirente presumibilmente non gradito, un vicino fastidioso, rumoroso e
incivile, più di tutti gli altri, di quelli che ti rovinano l’esistenza. Ecco:
uno zingaro: ”Vi combino io il servizio… Vi accorgerete di cosa sono capace,
io!”.
In questo caso, però, verrebbe meno l’ipotesi di solidarietà con gli altri
popoli; anzi, si tratterebbe proprio di un’offesa nei confronti dei prescelti, e
di un messaggio razzista. Mi dispiacerebbe, se fosse per questo. Scarto
l’ipotesi, per partito preso. E allora?
Capita a tutti che, a volte, un pensiero si fissa nella mente e non se ne va se
non con una plausibile spiegazione. Del resto, non si legge tutti i giorni uno
striscione del genere sulla pubblica via! E poi, io di là ci passo spesso, e gli
occhi vanno sempre lì, sullo striscione. Che sarà pure costato parecchio.
Debbo approfondire. A questo punto faccio il numero. Dopo un poco la voce del
telefonino mi dice: Numero inesistente. Sì, sarà pure inesistente il numero, o
l’avrò composto male, ma lo striscione esiste, e ci deve essere pure chi l’ha
scritto. Chi è?
Piove, dopo giorni di afa pesante e umidiccia, e non posso neanche uscire per
una passeggiata. Ho tutto il tempo per chiarire questa cosa. Telefono ad un
amico di Grazzanise.
- Pronto, Michele?-
- Che sorpresa! A cosa debbo questa chiamata?-
- Ecco, scusami, ma vorrei sapere chi ha messo quello striscione, lì… -
- E chi vuoi che sia?! Uno che vuole minacciare i vicini…-
C’ero arrivato. Ma quanto mi dispiace! Avrei preferito una via “mazzonara” verso
un nuovo internazionalismo.
Mario Luise