Fuggito dal Sudafrica dell'apartheid, ucciso da bianchi a Villa Literno. Venticinque anni fa l'Italia scopriva così gli immigrati e i razzist. "Ecco perché non va dimenticato"
di ROBERTO SAVIANOAvevo dieci anni quando
uccisero Jerry Masslo a Villa Literno. A colpirmi non fu tanto la morte di un
ragazzo sudafricano ammazzato mentre difendeva il suo salario da una rapina,
quanto la fiumana dei duecentomila che per lui sfilò poi a Roma. Sfilavano per
un uomo ammazzato nel casertano. La sera in casa accendevamo il telegiornale e
lì dentro si parlava di Villa Literno. Per me era come se il mondo ci avesse
scoperto, come se avesse d'improvviso saputo che esistevamo e che campavamo in
un territorio feroce. A quella manifestazione partecipò Tommie Smith, medaglia
d'oro nel 1968 a Città del Messico, quello che assieme a Lee Evans era salito
sul podio olimpico senza scarpe e alzato il pugno con il guanto nero al cielo.
Era venuto apposta dagli Stati Uniti per sfilare in nome di Jerry Masslo.
Il contrappunto lo dava il silenzio di Villa Literno. Spettrale. Gli immigrati
scappavano certi che gli omicidi non si sarebbero fermati.
L'Italia iniziò a conoscere così l'immigrazione e il mercato dell'oro rosso.
Bastava che aumentasse di pochi centesimi il costo del salario dei raccoglitori
per rendere fuori mercato i pomodori meridionali. Mille lire a cassetta
riempita. Oggi circa tre euro e mezzo. La raccolta si regge sui braccianti
africani e slavi, turni pesanti, lunghi, a prezzi bassi. Villa Literno ha
diecimila abitanti, in estate seimila in più. La piazza principale è la "piazza
degli schiavi" perché è lì che si fa trovare chi vuole essere reclutato dai
caporali.
Le storie di quegli anni sono state rimosse, raccolte in una pubblicistica rada
e quasi tutta accademica. Poche le eccezioni, tra cui i preziosi saggi di Giulio
Di Luzio Non si fitta agli extracomunitari (Eir, 2014) e A un passo dal sogno
(Besa Editore, 2006). Raccontano, anche, come l'arrivo dei braccianti stranieri
iniziò a mettere in crisi il meccanismo criminale. Per esempio raccontano del 4
dicembre dell'86, di quando la camorra uccide Thomas Quaye e Gorge Anang.
Trucidati a Castel Volturno, i loro corpi vengono mostrati nel centro del paese
a mo' di esempio: i due ragazzi - si diceva - avevano deciso di fumarsi una
canna laddove questo era tollerato solo per i bianchi. Nell'agosto dell'87,
sempre a Villa Literno, Fouad Khaimarouni, muratore marocchino, viene lanciato
nel vuoto dalla finestra di una palazzina in costruzione dove aveva trovato
riparo. Il 30 settembre 1988 il tanzaniano Juma Iddi Bayar viene ucciso a
Mondragone: viveva in una proprietà di uomini vicini ai clan. Il 6 aprile 1989
Ben Alì Hassen, tunisino, ventisei anni, viene ammazzato a Casal di Principe: è
accusato dai clan di organizzare il reclutamento di immigrati. Il 3 giugno
dell'89 a Cancello Arnone ammazzano il trentunenne Abderrhmann Meftah e il 18 il
marocchino Baid Bouchaid a Casapesenna, accusato dal pensionato che gli spara di
essere andato a vivere troppo vicino alla sua villa. Eppure gli stranieri
arrivano perché i caporali al servizio dei grandi gruppi conservieri offrono
lavoro. Diventano una miniera anche per l'economia locale. Che inizia a
speculare. Le "cucce" in vecchi casolari abbandonati vengono loro affittate a
prezzi da hotel, e nelle rosticcerie i neri pagano il doppio mentre per loro nei
bar ci sono solo bicchieri di plastica. Quelli portano le malattie.
Jerry Masslo viveva in una masseria abbandonata di Villa Literno quando il 25
agosto 1989 in quattro decidono di rapinare i salari dei braccianti. è un
prelievo facile, che "balordi" non camorristi e spesso figli della piccola
borghesia locale ogni tanto fanno. Arrivano in motorino all'alba per trovare gli
africani ancora intontiti, si mettono una calza in testa e armati urlano ai
"negri" di consegnare i soldi. Un ragazzo sudanese prova ad avvertire gli altri
di scappare, gli spaccano la testa con il calcio della pistola e gli rubano un
milione e mezzo di lire che teneva sotto il cuscino. Decine di ragazzi corrono
verso le campagne. Jerry Masslo. Anche lui corre, corre e inciampa ricordano i
testimoni, cade quasi in ginocchio davanti ai rapinatori, alza le mani ma non
consegna i soldi. Parla in inglese, una sola domanda: "Why?", perché, e lo
chiede ancora e ancora e ancora. Troppe volte. Quattro colpi lo colpiscono
all'addome, i rapinatori feriscono anche un ragazzo keniota. Finiti i proiettili
scappano sui motorini. Jerry Masslo resta a terra.
La sua morte non passa inosservata come quelle degli altri immigrati. Esiste un
momento in cui il sangue si cumula, litri su litri, e supera la linea di
invisibilità dello sguardo. L'Italia si accorge dell'immigrazione, più di un
milione di persone le cui condizioni di vita sono ignorate. Masslo era un
rifugiato politico riconosciuto dall'Alto commissariato delle Nazioni Unite. Era
fuggito dal regime razzista di Pretoria e riparato in Italia grazie
all'intervento di Amnesty International che in un comunicato scriverà: "Jerry
Essan Masslo è stato ucciso da alcuni bianchi che riteneva più accoglienti di
quelli che aveva imparato a conoscere in Sudafrica". L'intera società civile
prende posizione, preti sindacalisti amministratori ministri tutti si sentono
chiamati in causa. L'indignazione porta alla legge Martelli che per la prima
volta regolamenterà l'immigrazione ridefinendo lo status di rifugiato. Masslo
muore che aveva 29 anni. Prima di arrivare a Villa Literno era stato ospitato a
Roma, nella casa di accoglienza "La tenda di Abramo". Aveva partecipato alla sua
inaugurazione alla presenza dell'arcivescovo Desmond Tutu. Aveva cantanto Cry
Freedom, inno contro l'apartheid. In Sudafrica aveva perso il padre e un figlio,
Jeremy, che aveva sette anni, uccisi a Soweto durante una manifestazione. Fu
allora che, con suo fratello, decise di scappare. La moglie e gli altri figli
fuggono in Zambia. Loro si imbarcano a Cape Town. Il fratello si ammala. Quando
la nave fa una sosta in Nigeria, Jerry scende per procurarsi i medicinali. Non
lo fanno più risalire, resta lì, vende tutto ciò che ha. Un orologio, un
braccialetto d'oro, riesce a comprare un biglietto aereo per l'Italia. Quando
atterra a Fiumicino la polizia lo trattiene in aeroporto, ci starà un mese, il
tempo di riuscire a far valere la sua condizione di rifugiato politico. L'Italia
doveva essere solo una tappa nel suo progetto di nuova vita. Il vero obiettivo è
il Canada, certo che laggiù ci sarà pieno riconoscimento dei suoi diritti mentre
l'Italia concede l'asilo politico solo ai richiedenti dell'Est europeo. Per
questo motivo il rifugiato Jerry Essan Masslo non potrà cercare un lavoro
regolare. Ma potrà andare a raccogliere pomodori a Villa Literno per quattordici
ore al giorno.
Venticinque anni sono passati. Non sembrano così tanti. La memoria dei
sentimenti dilata se stessa incurante della dimensione temporale, vive in un
continuo presente. Molte cose sono cambiate e molte sono rimaste immobili. Le
accuse generiche nei confronti degli immigrati sono le stesse di allora. Lo ius
soli è un miraggio. Migliaia di ragazzi nascono in Italia, studiano in Italia,
vivono formandosi come italiani e ancora non hanno passaporto italiano perché
figli di stranieri. Eppure. Nell'Italia del sud, cerniera tra Europa e Africa, i
migranti arrivano là dove gli italiani abbandonano, costruiscono lavoro e
mercato. Portano diritti. Yvan Saignet, per esempio, ingegnere camerunense,
raccoglitore di pomodori in Puglia: è riuscito a ottenere che in Italia venisse
introdotto il reato di caporalato. Ed è proprio dalla lotta contro razzismo e
caporalato che al Sud sono nate le esperienze politiche migliori. L'impegno del
vescovo Nogaro, faro di saggezza nei momenti più duri della storia del
casertano. Renato Natale oggi sindaco a Casal di Principe. Dimitri Russo sindaco
di Castel Volturno. Castel Volturno è la città più africana d'occidente.
Dovrebbe essere un laboratorio prezioso, rischia di essere un ghetto dove anche
gli amministratori perbene non riusciranno, soli, a mutare il corso delle cose.
La storia di Masslo non va dimenticata non solo per conservare il dolore per lo
spreco di una vita preziosa colma di forza. Ma per mostrare che il percorso
iniziato è ancora lontano da compiersi. I conflitti innescati dai flussi
migratori sono naturali, innaturale è che in Italia non