Profondamente commosso dalla tragica scomparsa dei fratelli John e Gebra Kenton, Sua Ecc. l’Arcivescovo Mons. Bruno Schettino ha predisposto che le loro salme siano trasferite in diocesi per una degna sepoltura nella cappella del cimitero di Santa Maria Capua Vetere.
Kenton John con il Vescovo di Capua in visita al Centro Fernandes |
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ADDIO JOHN E GEBRA KENTON! Scappati dalla guerra in Liberia, i due fratelli sono morti annegati in Puglia.
Nel silenzio della notte del venerdì 23 settembre scorso a Cerignola, un paese della Puglia dove erano andati con la speranza di racimolare un po’ di soldi grazie alla raccolto del pomodoro, i due fratelli liberiani John e Gebra Kenton, già richiedenti asilo politico in Italia, se ne sono andati per l’eternità. Al Centro Fernandes era arrivato dapprima John Kenton, proveniente dalla Sicilia dov’era sbarcato dopo l’estenuante viaggio dalla Libia, aggrappato a qualche imbarcazione di fortuna. A chi gli chiedeva perché aver rischiato di attraversar il mare in quelle condizioni, rispondeva stoicamente che desiderava solamente fuggire dalla pietosa situazione bellica del suo paese, la Liberia, dilaniata da oltre un decennio da un insensato conflitto civile. Un’assurda brama fratricida che aveva violentemente strappato al suo affetto il padre e la madre, uccisi durante una barbara razzia ad opera di una delle fazioni belligeranti. L’istinto di sopravivenza ed il rifiuto di rassegnarsi alla propria disperata sorte gli avevano dato il coraggio ed il stimolo per percorrere a piedi, insieme al fratello, migliaia di chilometri attraverso foreste, savana e deserto del Sahara, prima di giungere in Libia. Nel paese nord africano avevano svolto diversi lavori faticosi ed umili per poter mettere da parte i mille dollari a testa che chiedevano gli ignobili trafficanti d’uomini per attraversare il mare e raggiungere quella che ritenevano potesse essere per loro la “terra promessa”: l’Italia. Non potendo imbarcare entrambi sul vettore della circostanza, un traballante ed arrugginito peschereccio in disuso, si era avviato per primo John. Soltanto due mesi più tardi ci riuscì anche il fratello. Speravano fiduciosamente di trovar in Italia solidarietà e protezione. Nonostante le turpitudini di ogni genere che ostacolavano la loro strada, John e Gebra non si arrendevano alle vessazioni del quotidiano. Sapevano di dover lottare per aver il pane. Vivevano stintamente con effimeri e sporadici lavoretti giornalieri tipo pulizia di giardini, aiutanti in qualche impresa edile, braccianti agricoli, ecc. Ogni mattina, prima ancora che sorgessero i primi raggi di sole, si recavano ad uno degli incroci di raduno dei disperati in circa di occupazione alla giornata. Ad estate ormai inoltrata erano venuti a sapere che potevano guadagnare qualche soldo lavorando nella raccolta dei pomodori nel foggiano. Avevano colto al volo l’opportunità e si erano diretti immediatamente in Puglia. Nelle giornate di sole si buttavano corpo ed anima nel duro lavoro e quanto si scatenava irascibile la pioggia, dovevano fermarci ed aspettare. Avevano trovato rifugio in una rudimentale stamberga per attrezzi, sprovvista di ogni servizio, nel bel mezzo dei campi, lontano dagli occhi della cittadinanza, nella più assoluta indifferenza della gente e delle istituzioni. Per far l’irrinunciabile igiene personale, dovevano attingere col secchio l’acqua da un gigantesco pozzo- vasca. Nella notte di venerdì 23 settembre scorso, mentre Gebra tirava su il secchio, è scivolata nel pozzo. Alle sue disperate grida di aiuto poiché non sapeva nuotare, si è tuffato il fratello John per soccorrerlo. Ma stremato come era dopo una faticosa giornata di lavoro, non ce l’ha fatta a riportarlo a galla. Entrambi sono trapassati annegati.
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