Castel Volturno, trenta chilometri da Napoli. Un commando di camorristi irrompe in una sartoria di immigrati africani, sparando all’impazzata e uccidendo sei ragazzi di colore. Yssouf, giovane immigrato, decide così di chiudere i conti con suo zio Moses che, dopo averlo convinto a venire in Italia promettendogli un futuro da onesto artigiano, lo ha trasformato nel cinico gestore di un giro milionario di cocaina. Il giovane Germain, la cantante Asetù, la prostituta Suad sono gli altri personaggi di questa storia dove fiction e verità si confondono, scrivendo le pagine del romanzo criminale di un ragazzo dei nostri tempi, intrappolato in una lotta quotidiana per la sopravvivenza.

Là-bas, cioè laggiù. Suono e significato simili in francese e in dialetto napoletano per una storia che si svolge lungo il litorale campano e ha come protagonisti degli emigranti africani. Una comunità estesa, di etnie e lingue diverse, insediata da decenni nel territorio, che vive riproducendo al suo interno le dinamiche che dominano ogni collettività. C’è chi vive onestamente vendendo fazzoletti agli angoli delle strade, chi facendo il sarto, chi gestendo una sorta di bed & breakfast, chi al contrario si è dato al traffico della droga. Lo sguardo di Guido Lombardi si muove libero da pregiudizi calandosi con estremo rigore e oggettività in un mondo affascinante nella sua crudezza fatta di povertà, di sogni ancora vivi o già infranti, di lavori umili, di nostalgie per la terra lasciata, di scorciatoie verso la ricchezza. La macchina da presa all’inizio segue in maniera quasi documentaristica Yssouf che, appena giunto dall’Africa, dopo un momento di iniziale delusione decide di percorrere la via all’apparenza più facile ma anche più pericolosa per raggiungere il benessere, finendo però incastrato in un giro di spacciatori con ambizioni da veri gangster. È l’occasione per il film di acquistare una cifra diversa, unendo felicemente l’occhio documentaristico al noir. Una scelta felice che proietta Là-bas in una dimensione non scontata, che pure mai perde di vista la realtà dei fatti di cui da molte stagioni la cronaca si alimenta scandagliando i profondi legami come le guerre intestine tra criminalità organizzata africana e famiglie camorriste campane. Non a caso il film è liberamente ispirato alla strage avvenuta a Castel Volturno nel settembre 2008, durante la quale un killer della camorra trucidò sette ghanesi. Ugualmente efficace è l’ambientazione, mai apertamente identificabile in un luogo preciso ma volutamente relegata a un “laggiù” ai confini del mondo, dove la vita vale poco in ogni caso ma doppiamente nulla se vieni da un paese lontano e hai la pelle nera. Un “laggiù” che sembra non riguardare nessuno, ma sul quale Lombardi obbliga a riflettere illuminando una verità decisamente diversa da quella raccontata abitualmente da tv e giornali. E in questa ricerca della verità il film di Lombardi colpisce nel segno, al pari delle facce che popolano lo schermo. Attori presi dalla strada ma di straordinaria potenza ed efficacia, a cominciare dal protagonista Kader Alassane, produttore e rapper originario del Benin.

Guido Lombardi, nato a Napoli nel 1975, è regista di backstage e documentari, nonché sceneggiatore vincitore per due volte del Premio Solinas. Il suo primo cortometraggio di finzione, Vomero Travel, è stato presentato nel 2010 alle Giornate degli Autori.