DA "CORRIERE INFORMAZIONE.IT"

 

Dopo “Il padre e lo straniero” di Richy Tognazzi e “La scuola è finita” di Valerio Jalongo, alla quinta edizione del Festival Internazionale del Cinema di Roma approda il terzo film in concorso: "Una vita tranquilla” di Claudio Cupellini, in sala dal 5 novembre. Protagonista l'acclamatissimo Tony Servillo che nel corso della proiezione per la stampa – e alla presenza del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano – è stato molto applaudito.
La pellicola, seconda opera del regista di “Lezioni di Cioccolato”, è un noir che racconta la storia di un cuoco-ex camorrista (Tony Servillo) che vive “Una vita Tranquilla” in una cittadina tedesca, con una moglie e un figlio di dodici anni. Ma la sua esistenza è solo un'apparenza; solo una nuova finestra sulla sua vita che il protagonista ha tentato di aprire, illudendosi di riuscirci. Ma il passato che spesso si vuole lasciare dietro le spalle non muore mai, e così anche quello di Rosario, fulcro del film, che quando sembra aver trovato una sorta di pace vede riaprirsi la finestra che egli aveva sbarrato dietro di sé. Il passato si ripropone, e ha il volto del figlio che egli aveva abbandonato in Italia, che torna portandosi dietro la “vita precedente” del padre.
Obiettivo del regista – come spiega Tony Servillo - non è l'interpretazione di un avvenimento attuale come la questione dello smaltimento dei rifiuti in Campania: “Il film parte da un dato di cronaca, il ciclo di smaltimento dei rifiuti, ma è un tema che abbandona presto per parlare del rapporto di un padre e due figli, uno rappresenta il passato e l'altro il futuro”.
Fine dell'autore di questo noir è, infatti, la rappresentazione di un dramma esistenziale; la tragedia di un uomo tormentato dai propri sensi di colpa, dalle proprie paure, dal proprio passato malgrado gli sforzi per insabbiarlo; il dramma di due figli che vivono un padre a metà, l'uno ereditandone il passato, l'altro ignorandolo.
Ancora una volta il protagonista di “Gomorra” e de “Il Divo”, dà prova del suo straordinario talento, con una performance che gli è costata tanta fatica, soprattutto per la necessità di recitare in tedesco parte del film. Ma da grande professionista Servillo ha studiato la lingua di Nietzsche, e il risultato - a quanto sembra – lo ha consacrato ancora una volta a “divo”.

A cura di Enza Guagenti