Caro sindaco,
non ha cominciato nella migliore delle maniere il suo terzo mandato come primo cittadino.
Incitare la popolazione ad una rivolta stile Rosarno non è proprio un buon modo. Non è parlando alla pancia della gente che si possono risolvere i problemi di questo territorio.

Le sue affermazioni ci spaventano. Lei in questo modo si sta assumendo tutta la responsabilità di gettare benzina su un fuoco già acceso, perché chiamare alla rivolta una popolazione Italiana già esasperata e sofferente, è solamente un atto irresponsabile. Lo hanno capito anche i vertici del suo partito che hanno subito preso le distanze dalle sue allarmanti dichiarazioni.

Anche i cittadini Italiani soffrono. Soffrono per la mancanza di lavoro e di possibilità e sono lasciati a se stessi da Istituzioni ormai sempre più lontane dalle loro vite. I servizi sociali non hanno un soldo e sono così resi incapaci di affrontare i problemi reali della gente.

Ma lei continua a dire che Castel Volturno è alla deriva a causa degli immigrati, confondendo così le carte in tavola, scatenando una inutile e illogica guerra tra poveri.

Lei ha attaccato tutte le associazioni che si impegnano a fianco degli immigrati e parte della chiesa. Ha affermato che questi soggetti sono la rovina di Castel Volturno.

Che sono le associazioni che tentano di camminare CON gli Immigrati a fare da calamita. Ma lei dimentica che molto prima che si costituissero le varie associazioni operanti oggi sul territorio, a poca distanza dalla Domitiana c’era il «ghetto», luogo ove si ammucchiavano oltre 2500 persone provenienti da varie parti dell’Africa; erano venute senza che vi fosse alcun servizio di accoglienza, o di tipo sanitario, o di assistenza. Venivano qui per cercare lavoro, ben sapendo che dovevano dormire in casupole abbandonate, sotto lamiere e cartoni, senza acqua potabile, né servizi igienici; senza assistenza medica a parte il pronto soccorso.

La Jerry Masslo, con i suoi ambulatori, il Fernandes con la sua accoglienza, i Comboniani con il loro asilo, Angelo Luciano con le case famiglie, il centro sociale con i suoi sportelli, sono state il risultato e non la causa della presenza di immigrati; sono state risposte a bisogni. Le associazioni hanno sempre fatto proposte concrete come per esempio il «Patto per Castel Volturno» ma sono state invece le Istituzioni a rimanere sordi a queste proposte.

Oggi noi le rispondiamo con una sola voce. Ci siamo confrontati, abbiamo incontrato immigrati, abbiamo tenuto incontri e assemblee dove abbiamo discusso su cosa sogniamo per Castel Volturno. Se lei costruisce fossati e muri tra le comunità residenti sul litorale Domitio, noi vogliamo provare a costruire ponti. Non ci stancheremo di dialogare, di costruire lotte e percorsi che possono accumunare le sofferenze delle diverse comunità, di Italiani e di Stranieri.

La disoccupazione, la mancanza di casa, la fatica a pagare le bollette, la voglia di fuggire da questa terra non ha colore. Per questo crediamo che si possa trasformare questa terra in una risorsa per tutti.
La mancanza di conoscenza genera paura e diffidenza; quando si è vicini ad una persona si impara a conoscerla e ad apprezzarla, si impara ad ascoltare e a cogliere altri punti di vista. Non abbia paura della “differenza” che gli immigrati portano su questo territorio, provi a parlare CON loro invece che solamente su di loro e vedrà che diventerà possibile costruire insieme il riscatto che tutti aspettano.

Forse capirà che ogni discorso riguardante l’immigrazione a Castel Volturno passa necessariamente per il Permesso di Soggiorno.

Non si risolverà mai nessun problema se gli immigrati non possono ottenere il documento, se non hanno la possibilità di costruirsi una vita più stabile e sicura, finalmente più liberi da schiavisti e lavoro nero. In effetti i fatti di Rosarno qualche cosa ce lo hanno insegnato: ci hanno dimostrato che mantenere persone in clandestinità non favorisce l’emersione della schiavitù e del lavoro in nero.


Caro sindaco, noi siamo disponibili a parlare e confrontarci con lei senza gettare altra benzina sul fuoco. L’accoglienza che abbiamo praticato in questi anni e che continueremo a praticare, ci ha insegnato che non è giocando sulle emozioni che si risolvono i problemi.

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