Questo dovrebbe garantire un accorciamento dei tempi, come
spiega una direttiva
del Ministro Anna Maria Cancellieri appena pubblicata in Gazzetta
Ufficiale.
Chi ha sposato un cittadino italiano può acquistare la cittadinanza due anni
dopo il matrimonio, se risiede in Italia, oppure tre anni dopo se risiede
all’estero. Quando poi ci sono dei figli, i termini si dimezzano rispettivamente
a dodici e a diciotto mesi.
La direttiva affida al prefetto ha il compito di accogliere o bocciare le
domande presentate da chi risiede in Italia. Il capo del Dipartimento per le
libertà Civili deciderà su quelle di chi risiede all’estero. Si tratta infatti,
sottolinea Cancellieri, “di atti privi di valutazione discrezionale e tanto più
di valenza «politica», da emanarsi una volta accertate la sussistenza o meno dei
requisiti prescritti e l'assenza o meno di determinati pregiudizi penali”.
Il ministro dell’Interno terrà per sé solo le domande per le quali, durante
l’istruttoria, emergono “ragioni inerenti alla sicurezza della Repubblica” che
potrebbero giustificare il respingimento. In questi casi entra infatti in gioco
“un giudizio latamente discrezionale circa la compatibilità di atti,
comportamenti ecc. dell'aspirante cittadino con interessi vitali della
Nazione”.