Nasce il sindacato dei mediatori interculturali
un’iniziativa del Sei Ugl e dell’Ale per ottenere il riconoscimento e la regolamentazione di una professionalità sempre più necessaria
L’Ugl (Unione generale del lavoro) lancia il
sindacato dei mediatori interculturali. Un soggetto
rappresentativo di figure professionalmente non riconosciute, ma
che hanno un ruolo importante nel processo di inclusione e
integrazione degli immigrati in Italia. È basandosi su questo
presupposto che l’Ugl e l’Ale (Associazione lavoratori
emergenti) hanno pensato di creare un luogo in cui i mediatori
possano essere tutelati e che possa farsi promotore delle loro
rivendicazioni, “affinché il governo intervenga con una legge
per riconoscere a tutti gli effetti questa professione”.
“La domanda di queste professionalità – spiega il presidente
dell’Ugl Luciano Lagamba - aumenta con il crescere del numero di
immigrati nel nostro Paese. Trattasi dunque di una sfida che
investe la nostra stessa struttura sociale coinvolgendo una
vasta platea di persone che devono conoscere e rispettare gli
usi, i costumi e le diverse tradizioni delle etnie che vivono
qui".
"Basti pensare - aggiunge Lagamba - che in Italia i musulmani
sono un milione, i minori aumentano, almeno mezzo milione di
cittadini africani risiede in modo stabile. I mediatori
interculturali invece sono poco meno di 2.500, in sostanza un
operatore ogni 1.250 cittadini stranieri. Non dobbiamo
dimenticare che di fatto non esiste un percorso formativo
codificato per cui l’acquisizione delle competenze è lasciata
spesso all’iniziativa di privati”.
Di qui la necessità di creare un sindacato per i mediatori. “Si
tratta a tutti gli effetti di un lavoro emergente – aggiunge
Giancarlo Bergamo, presidente dell’Ale – privo però di punti di
riferimento sia normativi che contrattuali. Il sindacato punta
proprio a sensibilizzare le forze politiche, il parlamento e il
governo, a decretare un riconoscimento professionale di questa
attività e definire regole e criteri validi su tutto il
territorio nazionale superando l’attuale difformità che si
registra tra regione e regione”.
Secondo i sindacalisti sono necessari standard formativi univoci
su tutto il territorio attraverso il coinvolgimento del
ministero del lavoro, delle regioni, delle autonomie locali,
delle parti sociali e delle istituzioni interessate, dalle
scuole alle aziende sanitarie, agli istituti penitenziari. Il
sindacato dei mediatori culturali punta ad arrivare alla firma
di un protocollo di intesa per dare una reale copertura a questa
figura professionale. “Sarà necessario – dicono - la previsione
di un inquadramento del mediatore culturale nei contratti
collettivi di lavoro. Accezione pressoché assente nei ccnl
esistenti se non con qualche rara eccezione”.
Intanto, proprio in questi giorni, il profilo professionale del
mediatore interculturale è stato riconosciuto dalla Regione
Lazio in virtù di una delibera approvata dalla Giunta, su
proposta dell'Assessore all'Istruzione, Silvia Costa, di
concerto con l'Assessore alle Politiche sociali, Anna Salome
Coppotelli.
“Il riconoscimento del profilo professionale e formativo del
Mediatore interculturale - ha osservato anche l'Assessore Costa
– è di fondamentale importanza. Questa figura-cardine
dell'integrazione e dell'acquisizione della cittadinanza deve
fare i conti con il mancato riconoscimento delle competenze e
con la diversificazione delle proposte formative".
Da un'analisi condotta in seguito all'istituzione del Registro
pubblico dei Mediatori interculturali da parte del Comune di
Roma, è emerso che un quinto dei richiedenti l'iscrizione non
possiede la certificazione formale che attesti la partecipazione
a un apposito corso regionale ed è stato possibile effettuare
solo una iscrizione provvisoria. Altrettanti richiedenti non
possiedono alcun titolo che permetta loro di essere inseriti,
anche solo provvisoriamente, nel Registro comunale.
“Con questa delibera - ha proseguito Silvia Costa - diamo quindi
una risposta ai tanti nuovi cittadini che svolgono questa
importante attività, il primo passo verso il raggiungimento di
una qualifica spendibile e certificata. La delibera prevede, tra
l'altro, l'istituzione di una apposita Commissione, che avrà il
compito di individuare i criteri per il riconoscimento dei
crediti per l'accesso ai percorsi formativi che saranno messi a
punto sulla base di questo provvedimento. A breve saranno
definiti gli standard formativi relativi all'articolazione, alle
metodologie, alla durata sia del percorso di qualifica, sia di
quello di specializzazione, coerenti con il nuovo profilo
professionale”.