Mons. Schettino era un pungolo d’oro. Un invito dolce e pressante a fare di più, a fare meglio. La carità per lui non era mai sufficiente. Per questo mancherà molto a tutti noi che lavoriamo in questo grande laboratorio umano della Domiziana, come amava definirlo. Le prime indicazioni che mi diede al centro Fernandes furono semplici, chiare e programmatiche. Da subito capii che con lui non sarei stato tranquillo. “ Eccellenza un pasto a mezzogiorno per i nostri fratelli immigrati sarà sufficiente ?. “E lui subito: “No, non basta! la sera come andranno a dormire questi poveri figlioli con lo stomaco vuoto?” Questo era Mons. Schettino. Da vescovo e da presidente della Migrantes non ha mai pensato a grandi progetti o ampollosi documenti. La sua preoccupazione era come potevano mangiare, dormire, trovare un lavoro e avere un documento i ragazzi che uno alla volta salivano le scale del palazzo o lo aspettavano al Centro Fernandes. Pur essendo cento, duecento o mille , per lui erano sempre uno. Li conosceva e chiamava per nome. Non aspettava che andassero da lui, ma spesso li cercava, come il buon pastore cerca la pecorella smarrita. Per questo fu il primo ad arrivare la sera del 18 settembre 2008 sul luogo della strage a piangere su quelle povere vite spezzate. L’intuito della carità gli suggerì subito che si trattava di vittime innocenti. Verità non sempre accettata che poi è venuta fuori chiaramente dal processo. Non è un caso forse che li ha raggiunti in paradiso proprio a pochi giorni da quell’anniversario per il quale avrebbe celebrato una Messa al Centro Fernandes Domenica 23. Ora è con loro Nella Gioia eterna, insieme ai tanti ragazzi morti lontani dalle loro famiglie e che ha voluto far seppellire con amore nella sua cappella al Cimitero di S.Maria C.V.. Ora vive in quella gioia piena che ha assaporato nel piacere di fare del bene. In lui, infatti, vedevamo incarnata la parola degli atti degli apostoli: “ C’e più gioia nel dare che nel ricevere” (Atti 20,35). Era una gioia così grande che la cercava dalle prime ore dell’alba quando dalla finestra scorgeva in lontananza gli immigrati che arrivavano da Castel Volturno, da Caserta o anche da Napoli per avere da lui qualche cosa. E qualunque cosa fosse, era molto più di un sostegno economico o un consiglio. Era una speranza, una luce su un cammino tenebroso di solitudine e sfruttamento. Ora i poveri resteranno più poveri, i clandestini più soli, le istituzioni più indifferenti e lontane, ma noi non saremo mai più gli stessi. L’inquietudine che ci ha messi nel cuore mons. Schettino non si spegnerà con lui.