Numero 1 – febbraio 2006

 

Immigrazione

 

Stranieri in Italia La Croce Rossa si candida a gestire i Cpt

Repubblica Immigrati, allarme SISDE “Centri in Libia disumani”

Repubblica Scomparsi dai cpt 200 bimbi in 2 mesi

Valori Dossier CPT

Vita.it Immigrati ai patronati per i permessi di soggiorno

Stranieri in Italia Livia Turco: "Diritto di voto agli stranieri "

Ansa Lega Nord: Consulta inutile, i veri perseguitati sono i cristiani

Redattore Sociale  Circa 2.400 casi di Aids tra gli immigrati in Italia
Redattore Sociale  Aumentano i ricoveri tra gli stranieri

Ansa Benedetto XVI: immigrati non sono merce

 

Asilo

 

UNHCR Tanzania: sempre più persone in fuga

Stranieri in Italia Le graduatorie per l’accesso al Fondo Nazionale

 

Tratta

 

Repubblica Traffico degli schiavi, la base del racket a Crotone

Ministero dell’Interno Maggiore uniformità nell’art.18

 

Integrazione

 

Stranieri in Italia Presentato il rapporto annuale 2005 dell’UNAR

 

Informazioni Giuridiche

 

Ministero Pari Opportunità Elenco associazioni legittimate ad agire in giudizio

Ministero dell’Interno Chiarimenti relativi agli Sportelli Unici Immigrazione

 

Informazioni Caritas

 

Caritas di Venezia Formazione all'estero per 200 badanti

Caritas di Roma  Minori non accompagnati: 1.498 quelli accolti a Roma

Ufficio Immigrazione Selezione lavoratori immigrati

 

 

 

FIRENZE - "Il diritto di voto, insieme alla riforma della cittadinanza, deve essere una priorità dei primi 100 giorni di governo". Torna a parlare di immigrazione l'onorevole dei Ds Livia Turco, confermando le anticipazioni rilasciate sei mesi alla nostra redazione. Parlando ad un convegno organizzato nel fine settimana dal suo partito a Firenze la Turco ha affermato che "partecipazione e diritto di voto presuppongono che una persona si senta di più parte di una comunità. Se una casa la senti tua la fai più bella. Per questo concedere il diritto di voto significa anche, indirettamente, accrescere la sicurezza di tutti". "La consegna della carta di soggiorno dovrebbe essere una sorta di rito tra il sindaco del comune e l'immigrato, una specie di matrimonio. Una cerimonia dove venga preso l'impegno dell'apprendimento della lingua e della cultura italiana da parte del nuovo cittadino che, in questa occasione, riceve dalle mani del sindaco una copia della Costituzione. Credo ci sia bisogno anche di grandi riti simbolici" - ha concluso l'onorevole. 

(23 gennaio 2006)

ROMA - Quasi 3.500 chiamate in un anno, con richieste di informazioni e segnalazioni di casi di discriminazione: è il bilancio di un anno di attività del numero verde dell'Unar, l'Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali che oggi, in occasione della presentazione del suo Rapporto annuale 2005 al Parlamento, fa un bilancio della sua attività. "E' stato un anno importante" commenta il ministro per le pari opportunità, Stefania Prestigiacomo. "L'Unar - spiega il ministro - ha dovuto progettare e creare gli strumenti di intervento nel campo del contrasto alle discriminazioni razziali, intervenendo in un settore sensibile e delicato su cui si gioca il futuro della nostra società".
I risultati, spiega, sono stati "di grande spessore: il numero verde 800.90.10.10, istituito dall'Unar per consentire la denuncia di tutti i comportamenti razzisti di cui gli utenti siano stati vittima o testimoni, ha ricevuto in un anno 3.438 chiamate, di cui 2.571 richieste di informazioni nelle materie più strettamente attinenti i problemi dell'immigrazione (come permessi di soggiorno, cittadinanza), 577 segnalazioni di discriminazioni fondate su altri fattori (handicap, età, orientamento sessuale), nei confronti delle quali l'Ufficio ha svolto opera di indirizzamento e prima assistenza, 282 casi di discriminazioni razziali, su cui è intervenuto, con il suo gruppo di magistrati, esperti, antropologi, per la rimozione della condotta discriminatoria e degli eventuali effetti verificatisi". "I casi riportati nel Rapporto - aggiunge il ministro - sono emblematici di quanto siano odiosi e meschini alcuni atteggiamenti razzisti che impediscono o rendono difficile, a volte, anche le più piccole azioni della vita quotidiana e ottenere il rispetto dei propri diritti civili e sociali". I casi denunciati sono tanti: c'é l'autista dell'autobus che non apre le porte quando vede alle fermate delle persone di colore; c'é il locale che fa pagare il biglietto d'ingresso solo agli stranieri; c'é il condominio che impedisce ai bambini di una coppia sudamericana di giocare nelle parti comuni del condominio; c'é il caposquadra che insulta ogni mattina il proprio operaio di origine africana; c'é la ragazza che non può fare la commessa in un supermercato perché é nera. "Storie di piccole violenze e spregevoli pregiudizi - commenta Prestigiacomo - che, però, raccontano meglio di qualsiasi studio e spiegano meglio di qualsiasi ricerca cosa è il razzismo e cosa provoca nella vita delle persone". L'azione dell'Unar, spiega il ministro, si è mossa anche lungo altre direttrici, "con una specificità tutta italiana che lo distingue dagli uffici omologhi degli altri Paesi Ue: grande importanza è stata data, infatti, alle campagne di sensibilizzazione e di informazione dell'opinione pubblica, alle iniziative nel mondo della scuola, dello sport, delle università, dei mass media".  L'Ufficio ha anche organizzato corsi di formazione rivolti ai rappresentanti sindacali sulle tematiche della discriminazione razziale nei luoghi di lavoro e, in particolare, è stato stipulato un Protocollo di intesa con le organizzazioni sindacali e datoriali più rappresentative, per un programma di misure di contrasto al razzismo nei luoghi di lavoro. E' stato inoltre creato un elenco di più di 100 associazioni, che operano nel campo del contrasto alle discriminazioni razziali e che, ha reso noto il ministro, grazie all'iscrizione in un Registro istituito presso l'Unar, hanno ottenuto la legittimazione ad agire in giudizio, in nome, per conto o a sostegno delle vittime di discriminazione, fornendo loro un ulteriore strumento di tutela e di sostegno.  "Sono conscia - ha concluso Prestigiacomo - che c'é ancora tanta strada da fare per raggiungere l'obiettivo della parità di trattamento e della creazione di una società rispettosa delle reciproche diversità, ma sono anche orgogliosa dei risultati raggiunti, che mi convincono di quanto sia stato giusto l'impegno e la passione che io stessa ho profuso per la creazione di questo Ufficio nell'ambito del Ministero per le pari opportunità".

(28 gennaio 2006)

CROTONE - Gestivano un racket per la tratta di immigrati, che venivano sottoposti a violenze e maltrattamenti e istruiti ad eludere i controlli in Italia. Non si tratta di scafisti improvvisati, ma italiani bene organizzati con basi nelle principali città del Paese, che hanno diretto la tratta di migliaia di esseri umani da Sudan, Marocco ed Egitto attraverso le coste della Libia. L' operazione "Abid" (che in arabo vuol dire "schiavo") della Polizia di Stato, coordinata dalla Procura distrettuale di Catanzaro e dalla Procura nazionale antimafia, ha portato all'esecuzione di 31 provvedimenti di fermo, emessi contro altrettante persone accusate di avere fatto parte di un'organizzazione che avrebbe gestito, traendone notevoli somme di denaro, numerosi sbarchi di immigrati africani a Lampedusa. Alcuni dei componenti la banda sarebbero tra l'altro responsabili degli omicidi di due cittadini nigeriani e di violenze sessuali su uomini donne e bambini durante il loro trasferimento dalla Liobia all'Italia. I fermi vengono eseguiti a Crotone, Milano, Firenze, Bologna e Rieti. L'operazione è condotta dal Servizio centrale operativo e dalla Squadra mobile della Questura di Crotone. Alle persone coinvolte nell'operazione viene contestata l'associazione per delinquere finalizzata alla tratta di esseri umani, alla riduzione in schiavitù, al sequestro di persona a scopo di estorsione e al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. L'operazione, secondo quanto riferito dalla Polizia, è stata resa possibile grazie anche agli accordi di cooperazione stretti con la Libia. I 31 provvedimenti di fermo sono stati emessi dal sostituto procuratore della Repubblica di Catanzaro Luigi de Magistris e firmati anche dal procuratore, Mariano Lombardi, e dal procuratore aggiunto, Mario Spagnuolo, addetto alla Dda. Gli immigrati il cui trasferimento in Italia sarebbe stato gestito dall'organizzazione sgominata dalla Polizia sono stati migliaia, provenienti dall'Egitto, dal Marocco e dal Sudan. Le partenze degli immigrati avvenivano dalla Libia, dove i clandestini, dopo avere attraversato il deserto, venivano raccolti in appositi campi d'accoglienza per essere poi smistati, di volta in volta, verso l'imbarco.
Ogni immigrato avrebbe pagato per il viaggio verso l'Italia dai 500 ai 700 dollari. La somma richiesta, comunque, poteva variare in base ai "servizi" accessori che venivano offerti dall'organizzazione, come la possibilità di fuggire dal Centro di prima accoglienza di Isola Capo Rizzuto (Crotone), la fornitura di abiti nuovi e l'indicazione di un numero telefonico per contattare la persona incaricata di gestire il trasferimento successivo in altre città. Per costringere gli immigrati a pagare sarebbero state attuate nei loro confronti violenze fisiche e psicologiche. Gli sbarchi di immigrati gestiti dall'organizzazione sarebbero stati in tutto 13. La centrale operativa del gruppo di trafficanti di uomini era a Crotone, con basi strategiche a Rieti, Firenze e Milano. Gli investigatori sono riusciti anche a ricostruire i movimenti finanziari gestiti dall'organizzazione. Le somme di denaro pagate dagli immigrati venivano incassate da prestanome e trasferite all'estero con il sistema del money transfer. Coloro che non riuscivano a pagare venivano sequestrati e trattenuti in catene in alloggi fatiscenti fino alla consegna della somma pattuita.

 

(3 febbraio 2006)

 

ROMA - Il 2 gennaio 2006 è stata recapitata una circolare sulla tratta degli esseri umani scritta dal ministro dell’Interno Pisanu e diretta ai Prefetti della Repubblica italiana, ai Commissari del Governo per le province di Trento e Bolzano e al presidente della Giunta regionale della Valle d’Aosta.
Nella circolare, la tratta delle persone viene definita come una “gravissima manifestazione criminale che, sin dal momento della scelta di lasciare il proprio Paese, compromette la libertà dell’individuo, attraverso l’ingannevole rappresentazione di future, inesistenti opportunità”. L’articolo 18 del Testo Unico sull’Immigrazione, come si può leggere sulla circolare, ha introdotto la possibilità di rilascio del permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale e il conseguente inserimento in specifici programmi di assistenza e integrazione. Allo stesso modo, la legge n. 228 dell’11 agosto 2003 recante “Misure contro la tratta delle persone” e il recente regolamento di attuazione d.P.R. 19 settembre 2005 n. 237, stabiliscono, oltre a un inasprimento delle pene per i colpevoli, anche uno speciale programma di assistenza per le vittime. Sono stati quindi privilegiati, secondo la circolare, gli interventi volti a sottrarre le vittime dallo sfruttamento. Per questo l’articolo 18 permette il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale anche alle vittime che non sporgono denuncia né hanno alcun tipo di collaborazione con la polizia o l’Autorità giudiziaria. Tuttavia “tenuto conto – si legge sulla circolare – della circostanza che pervengono a quest’Ufficio segnalazioni in ordine a non univoche interpretazioni della norma in argomento, le SS.LL – le prefetture, ndr – sono pregate di volerne assicurare un’uniforme applicazione, nei sensi suindicati”. L’uniformità, viene spiegato, è importante sia per valorizzare la sinergia con gli enti locali, sia la solidarietà, fattore fondante di coesione sociale. Sotto altro profilo, l’applicazione corretta dell’articolo 18 può essere essenziale per far emergere un problema che al momento è ancora ampiamente sommerso. In questa direzione, secondo Pisanu, sarà molto utile attuare una mirata attività di informazione della comunità. Il Ministro in conclusione rimette ai Prefetti ogni valutazione sui percorsi da intraprendere e sottolinea l’importanza di un maggior coinvolgimento del mondo del volontariato e dell’associazionismo.

Chi fosse interessato a ricevere il testo integrale della circolare può richiederlo all’indirizzo immigrazione@caritasitaliana.it

 

(2 gennaio 2006)

 

ROMA - La Croce Rossa Italiana si candida a gestire e monitorare tutti i centri di permanenza, oltre ai sei di cui già si occupa, perché in essi sia garantito il rispetto dei diritti umani. "La CRI in quanto ente pubblico - ha affermato ieri il presidente Massimo Barra -, oltre che associazione di volontari, ha un valore aggiunto che non può andare perso. Noi possiamo proporre un modello di gestione in cui le persone non siano numeri ma uomini. Noi da sempre siamo a contatto, ed abbiamo esperienza, dei drammi umani. Gestiamo già 6 dei 23 centri sul territorio nazionale."  Secondo Barra, che nei giorni scorsi ha definito il centro milanese di Via Corelli "un carcere", la Croce Rossa "potrebbe essere una garanzia per il governo, qualunque sarà, nei confronti del rispetto dei trattati internazionali".  In Italia attualmente ci sono 23 centri di accoglienza, identificazione o permanenza, la maggior parte dei quali nel centro-sud (Bari, Foggia, Crotone, Caltanissetta, Trapani, Roma, Foggia, Brindisi, Otranto, Crotone, Catanzaro, Ragusa, Caltanissetta, Trapani e Lampedusa, che però non è ancora un cpt), con poche eccezioni nel nord (Milano, Bologna e Modena).

(7 febbraio 2006)

ROMA - Sono più di 100 i progetti di accoglienza e tutela rivolti a richiedenti asilo, rifugiati e titolari di protezione umanitaria attivati dagli enti locali che verranno finanziati quest'anno dal Fondo Nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo. Il Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'Interno ha pubblicato le graduatorie delle domande ammesse alla ripartizione del Fondo, dividendole in due elenchi. Il primo raggruppa gli interventi relativi alle categorie ordinarie, ossia agli stranieri che non hanno necessità di servizi e misure assistenziali particolari, il secondo si riferisce invece a progetti dedicati a rifugiati, richiedenti asilo e protetti umanitari appartenenti a categorie vulnerabili come minori non accompagnati, vittime di tortura, disabili anche temporanei e anziani. In tutto hanno ottenuto il contributo 102 progetti, per un numero complessivo di 2.428 posti in accoglienza. Accanto ai servizi di vitto alloggio e assistenza sanitaria, verranno finanziati interventi di mediazione culturale, corsi di lingua italiana, orientamento e informazione legale, inserimento scolastico dei minori, supporto psicologico, orientamento e informazione legale, inserimento scolastico dei minori, supporto psicologico, orientamento alla formazione professionale e al lavoro.

(3 febbraio 2006)

ROMA - «I clandestini vengono accalappiati come cani, messi su furgoncini pick-up e liberati in centri di accoglienza dove i sorveglianti per entrare devono mettere i fazzoletti intorno alla bocca per gli odori nauseabondi...». A parlare non è il solito parlamentare di sinistra pacifista che chiede l´abolizione dei Cpt. Il racconto è del direttore del Sisde, il prefetto Mario Mori, durante l´audizione del Comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti. Il centro di accoglienza è in Libia, località Seba, al confine con il deserto, uno di quei posti dove vengono trasferiti anche i clandestini respinti dai centri italiani. «Il centro - continua Mori - prevede di ospitare cento persone ma ce ne sono 650, una ammassata sull´altra senza il rispetto di alcuna norma igienica e in condizioni terribili». Il direttore del Sisde non usa la parola lager ma quella è l´immagine che viene in mente ai parlamentari membri del Comitato a cominciare dal presidente Enzo Bianco (Margherita). Mori ha fatto il sopralluogo nel Centro di Seba intorno alla metà di gennaio, cinque giorni prima dell´incontro del ministro Giuseppe Pisanu con il colonnello Gheddafi. Non è chiaro se i soldi con cui l´Italia finanzia i progetti sulla sicurezza libica per contenere i flussi dei clandestini in arrivo dal cuore dell´Africa servono anche per questi campi. Il protocollo Italia-Libia prevede comunque che andiamo a vedere quello che succede lì. In questi campi, ha spiegato il prefetto, «è alto il rischio di infiltrazione terroristica. Prima di Natale un gruppo ha confessato un progetto di attentato in un hotel di Bengasi frequentato da occidentali».

Partendo da questo racconto, Mori ha poi tratteggiato i confini di una grave emergenza clandestini. «Nelle ultime due settimane (dopo il viaggio di Pisanu ndr) i libici hanno fermato sulle loro spiagge almeno cinquemila persone già pronte per partire» e infatti nonostante le buone condizioni del tempo gli arrivi sono stati quasi azzerati. «Ma tra poco ci sarà una nuova emergenza», in primavera. In questi ultimi mesi, rispetto all´anno scorso, gli sbarchi sono aumentati del 30 per cento. I motivi sono sotto gli occhi di tutti: carestia e siccità nel Sael, Niger e Ghana, spingono centinaia di migliaia di persone verso le coste del Mediterraneo. La frontiera marocchina è quasi chiusa dopo i morti di Ceuta. «E in Libia le organizzazioni criminali sono sempre più strutturate e organizzate». Una situazione che Mori definisce «esplosiva».

 

(3 febbraio 2006)

 

DECRETO 16 dicembre 2005 - Istituzione dell'elenco delle associazioni ed enti legittimati ad agire in giudizio in nome, per conto o a sostegno del soggetto passivo di discriminazione basata su motivi razziali o etnici di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215.

(GU n. 9 del 12-1-2006)

 

MILANO – Nel numero di febbraio 2006, il mensile di economia sociale e finanza Valori, dedica un dossier ai CPT ed in particolare al sistema di finanziamento di queste strutture con dati relativi al loro funzionamento nel corso del 2003

 

(Febbraio 2006)

VENETO - Novità per le famiglie del Veneto che necessitano badanti qualificate. Nel 2006, saranno formate in patria (principalmente in Romania) 200 assistenti familiari destinate a lavorare in Veneto. Il progetto nasce dall'iniziativa della Caritas. La giunta regionale del Veneto ha assegnato in questi giorni un finanziamento di 200mila euro alla seconda edizione del progetto pilota, su base triennale, ideato dalla Caritas. L'intero progetto finanziato dalla regione ha inizio con il protocollo d'intesa firmato nel luglio 2004 fra Regione, Patriarcato di Venezia (la diocesi) ministero del Lavoro e l'agenzia Italia Lavoro. Il Patriarcato ha poi delegato la Caritas veneziana come proprio "braccio operativo". Il progetto pilota è stato avviato nel 2005, e fa riferimento all'articolo 23 del testo unico sull'immigrazione, che prevede appunto la possibilità di "formazione all'estero", da parte di enti accreditati, di lavoratori da inserire nel mercato italiano. Secondo la Bossi-Fini, le persone che seguono questo iter di formazione vengono poi inserite in elenchi che hanno la precedenza (il cosiddetto "diritto di prelazione") nell'ingresso in Italia;

ROMA - Il C.E.P.A., che rappresenta il raggruppamento degli Istituti di Patronato della CISL, della UIL, della CGIL e delle ACLI, ha firmato oggi, presso il Ministero dell'Interno, il Protocollo d'intesa tra lo stesso Ministero dell'interno con i Patronati, che prevede la collaborazione per la semplificazione dei procedimenti in materia di immigrazione. Il protocollo nasce sulla base delle competenze che la legge 152/01 ("Nuova disciplina per gli istituti di patronato e di assistenza sociale") prevede per i Patronati in materia di immigrazione e dall'impegno del Ministero dell'Interno per lo snellimento dei procedimenti amministrativi di rilascio e rinnovo dei titoli di soggiorno attraverso lo studio di nuovi modelli più rispondenti alle esigenze del cittadino. In questo nuovo sistema vengono implicati anche le Poste Italiane e l'ANCI. Il ruolo dei Patronati sarà quello dell'aiuto allo straniero nella compilazione dei modelli di domanda e dell'informazione sui documenti da allegare per ogni singola tipologia di permesso di soggiorno.
E' previsto che gli Istituti di Patronati tramite un canale privilegiato, anche telematico, con il Dipartimento della Pubblica Sicurezza, potranno preinserire i dati su sistema informatico, in modo da poter seguire l'iter della pratica ed averne anche il relativo esito, informandone il cittadino straniero. Scopo del progetto è la semplificazione delle procedure di richiesta, rilascio e rinnovo dei permessi e titoli di soggiorno ed una migliore qualità dei servizi allo straniero. In tal maniera verranno sensibilmente ridotti i ritardi nel rilascio e rinnovo dei permessi di soggiorno agli stranieri ed evitati i diversi disagi che questi ritardi arrecano loro. «Si tratta di una svolta importante anche da un punto di vista politico - commenta Luigi Bobba -, perché finalmente si riconosce, in modo inequivocabile, il ruolo che i patronati svolgono, nei fatti e secondo la legge 152 del 2001, in favore degli immigrati. Auspichiamo, però, a questo punto, che si provveda al più presto, nella prossima legislatura, ad una modifica della normativa sull'immigrazione che lasci finalmente e compiutamente nelle mani delle amministrazioni locali le competenze per il rilascio ed il rinnovo dei permessi di soggiorno, come avviene già in molti Paesi europei».

 

(9 febbraio 2006)

 

ANSA - La Consulta islamica insediata ieri dal ministro dell'Interno Pisanu è "uno strumento inutile e ambiguo alla quale rispondiamo con un 'osservatorio sulla condizione dei cristiani nel mondo'". Lo dice il presidente dei deputati della Lega Andrea Gibelli presentando una mozione depositata oggi dal gruppo della Lega Nord alla Camera. "Avevamo avvertito il ministro Pisanu - aggiunge Gibelli - che era ingenuo pensare di far emergere un inesistente Islam moderato con la Consulta. L'atteggiamento che i membri di quell'organismo propongono è puro scambio: 'noi vi teniamo calme le masse islamiche, in cambio voi ci date scuole coraniche, moschee, cimiteri separati', insomma l'esatto opposto dell'integrazione. Da parte nostra tolleranza zero". Al contrario secondo Gibelli "bisogna puntare alle discriminazioni esistenti nei confronti dei cristiani. Dobbiamo abbandonare definizioni, come quella di 'stati canaglia', che si basano solo sul concetto di minaccia terroristica. Anche stati erroneamente considerati come moderati, ad esempio Arabia Saudita, Egitto, Siria, Giordania, Sudan, in realtà contemplano nel loro ordinamento costituzionale il principio della Sharia ed esercitano pertanto persecuzioni e discriminazioni nei confronti dei cristiani. In Italia, poi, rischiano la morte i musulmani che si sono convertiti al cristianesimo".

 

(9 febbraio 2006)

 

GINEVRA - Nelle ultime settimane, un numero crescente di cittadini burundesi ha attraversato il confine per cercare rifugio nella vicina Tanzania. L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) esprime grave preoccupazione per le loro condizioni di vita nei centri temporanei della Tanzania in cui vivono. Attualmente i richiedenti asilo nei tre centri di transito nel distretto di Kibondo, nella Tanzania nord-occidentale, sono oltre 4mila. Dall'inizio dell'anno circa 3.500 burundesi hanno varcato il confine e la cifra continua a crescere con una media di circa 100 nuovi arrivi al giorno. Solo nella giornata di ieri, sono state registrate più di 500 persone appena arrivate nei centri lungo il confine, la maggior parte delle quali a Nyakimonomono, dove al momento vivono più di 2.500 persone. Le condizioni di vita a Nyakimonomono e in altri centri temporanei non sono buone. Queste strutture sono state pensate per ospitare solo per un breve periodo coloro che hanno appena attraversato il confine. L'UNHCR e le agenzie partner hanno fatto del proprio meglio per migliorare la situazione nei centri, potenziando la fornitura d'acqua, scavando canali di scarico vicino alle docce e ai punti di raccolta dell'acqua, creando nuove discariche e nuove cucine. Ciononostante, i rischi per la salute rimangono molto elevati a causa dalla presenza di così tante persone in strutture create per numeri molto inferiori. L'UNHCR ha negoziato con le autorità tanzaniane la possibilità di trasferire lontano dal confine, in campi già esistenti, coloro cui è stato riconosciuto il diritto d'asilo. Finora, tuttavia, l'asilo è stato garantito solo a un piccolo numero di persone, 57 delle quali sono state trasferite venerdì scorso nel campo di Mkugwa e altre 100 vi verranno trasferite la prossima settimana.
La maggior parte dei nuovi arrivati proviene dalla provincia di Ruyigi, nel Burundi orientale, e indica scarsità di cibo e crescente insicurezza come le principali ragioni della loro fuga. Tra i nuovi arrivati si riscontrano evidenti casi di malnutrizione. Un bambino piccolo è morto al suo arrivo la settimana scorsa, mostrando gravi segni di disidratazione, mentre tre altri bambini sono morti in gennaio a causa di una grave infezione respiratoria. Desta inoltre preoccupazione il fatto che molti dei nuovi arrivati fossero da poco ritornati in Burundi, dopo aver vissuto per anni da rifugiati in Tanzania. In Tanzania l'UNHCR assiste circa 350mila rifugiati, 195mila dei quali provenienti dal Burundi. Dal 2002 l'Agenzia svolge un'operazione di rimpatrio volontario per i rifugiati burundesi, attraverso la quale ha assistito oltre 290mila persone che hanno scelto di ritornare nel proprio paese. Nei mesi scorsi, tuttavia, il numero di persone che scelgono di rimpatriare ha raggiunto i livelli più bassi dall'inizio dell'operazione.

 

(14 febbraio 2006)

 

ROMA - Tra il 1982 ed il 2000 sono stati diagnosticati in Italia 47.320 casi di Aids tra i maggiorenni, di cui 2.405 hanno riguardato stranieri. Lo rivela il primo rapporto nazionale dell’Istituto Superiore di Sanità, realizzato in collaborazione con l’Azienda di sanità pubblica, della regione Lazio e l'Istituto di medicina sociale, che ha monitorato l’andamento del fenomeno utilizzando come fonte i dati del Registro nazionale dei casi di Aids, istituito nel 1982 su base volontaria e divenuto obbligatorio dal 1987. I casi segnalati in Italia tra la popolazione straniera sono passati dal 3% prima del 1992 al 14% nel 2000, un dato che è “legato in modo principale all’aumento della popolazione straniera nel Paese e riflette in parte la prevalenza dell'infezione nei Paesi d’origine”. Non stupisce di conseguenza che la percentuale degli stranieri affetti dalla patologia sia particolarmente elevata tra gli immigrati provenienti da aree in cui l’Aids è endemico, in modo prevalente Africa e America centro-meridionale. 

Paesi d’origine - Sono rappresentate con almeno un caso di contagio ben 116 nazioni diverse, dato che “rispecchia l’eterogeneità della popolazione immigrata nel nostro Paese”, ma la prevalenza di casi riguarda persone che provengono dall’America centro-meridionale (in particolare dal Brasile, che da solo rappresenta circa il 60% della casistica sudamericana) e dall’Africa occidentale (soprattutto Costa d’Avorio, Senegal e Nigeria). Nel triennio 1998-2000 è stato registrato inoltre un aumento di casi provenienti dall’Europa dell’Est, legato alla crescita del numero di stranieri provenienti da quest’area, in cui si sta verificando un’espansione dell’epidemia dell’Aids. La distribuzione per sesso dei casi di Aids tra gli stranieri è per molte aree geografiche simile a quella osservata tra gli italiani, con una netta predominanza maschile; mentre è particolarmente elevata la percentuale di donne nei casi provenienti dalle aree dell'Africa subsahariana. Anche questo dato, secondo lo studio, è legato alla prevalenza dell’Aids nel Paese d’origine.

Le modalità di trasmissione - Se tra gli italiani, gli stranieri provenienti dall’Europa e i maghrebini prevalgono le pratiche legate alla tossicodipendenza, tra gli altri africani la modalità di contatto più frequente è quella per via eterosessuale, mentre nel continente americano la diffusione dell’epidemia è avvenuta maggiormente attraverso contatti omosessuali o bisessuali. Per quanto riguarda l’età alla diagnosi, si registrano differenze legata probabilmente alle modalità di trasmissione: infatti, per alcune aree dove è predominante la trasmissione attraverso contatti omosessuali, quali ad esempio l'America settentrionale, si osserva un’età alla diagnosi più elevata. Mentre il dato relativo all’America centro-meridionale, che fa registrare l’età mediana più bassa, potrebbe essere messo in relazione con la pratica della prostituzione maschile.

Tardivo l’accertamento - I casi di Aids tra gli stranieri sono caratterizzati da una percentuale più elevata di accertamenti tardivi della sieropositività rispetto agli italiani secondo lo studio e dunque da un ritardo nel ricorso alla terapia antiretrovirale, in una fase che consentirebbe invece un ritardo nella progressione della malattia. “La tempestività della diagnosi – spiegano gli osservatori - può in parte dipendere dalla modalità di trasmissione del virus (ad esempio, la trasmissione legata alla tossicodipendenza, meno frequente tra gli stranieri, generalmente si associa a una maggiore probabilità di effettuare il test sierologico); e in parte potrebbe essere condizionata da altri fattori, quali la disinformazione, la difficoltà di accesso ai servizi sanitari, la paura di affrontare l’eventuale malattia, che tipicamente si accompagnano a condizioni di isolamento ed emarginazione sociale in cui molti immigrati vivono”.  

Sesso sicuro – Da un indagine svolta attraverso un questionario distribuito da mediatori culturali a un campione di 478 immigrati è risultato che la maggior parte ha rapporti sessuali “sicuri” e che un terzo di coloro che si erano sottoposti al test Hiv ha cambiato il proprio comportamento sessuale in seguito all’esito del test. La gran parte dei rispondenti ha dichiarato di essere sufficientemente informata sull’Aids; tuttavia, le informazioni risultano provenire da televisione, giornali e amici, piuttosto che da campagne di prevenzione dell’HIV. “Preoccupante” invece, secondo lo studio, resta il problema dell’accesso ai servizi socio-sanitari, ancora limitato per la maggior parte degli intervistati (62,8%). “Ciò conferma la persistenza di barriere linguistiche e culturali che si frappongono tra i servizi e la popolazione straniera utente”, sottolinea il rapporto.

 

(14 febbraio 2006)

 

ROMA - Accedono  alle strutture ospedaliere per traumi o parti, ma anche per malattie croniche tra cui quelle cardiovascolari e i tumori: il profilo di salute degli immigrati in Italia sta cambiando, come conseguenza dell’invecchiamento della popolazione ma anche a causa di un mutamento negli stili di vita. Nel 2003 sono stati 365.729 i ricoveri di cittadini stranieri presso strutture ospedaliere italiane, pubbliche e private, pari al 3% dell’ospedalizzazione complessiva nel paese. I dati sono contenuti nel Rapporto Osservasalute 2005 dell'Università Cattolica, presentato questa mattina a Roma, una mappa dei bisogni e dello stato di salute dei cittadini per regione. L’89% dei ricoveri riguardano immigrati che provengono da paesi a forte pressione migratoria: il 42% dall’Est europeo, il 30% dal continente africano (in particolare dall’Africa settentrionale il  19%); infine il 14% dall’Asia ed il 14% dall’America Latina. Rispetto al 1998 il numero di ricoveri a carico di stranieri provenienti da paesi a forte pressione migratoria  è aumentato in media dell’83% “dato – indica il rapporto - spiegato solo in parte dall’incremento demografico (la stima pre-sanatoria era di +50%), a fronte di una sostanziale stabilità dell’attività ospedaliera complessivamente erogata in Italia (+3% nello stesso periodo)”. L ’aumento ha riguardato maggiormente l’attività di day-hospital (+188%). “L’incremento dei ricoveri superiore all’incremento demografico registrato nel 2003 rispetto al 2000 – sottolinea il rapporto - potrebbe essere in parte dovuto a un più elevato grado di integrazione degli stranieri nel tessuto sociale del nostro paese e a una maggiore accessibilità dell’assistenza sanitaria,come anche suggerito dal trend in aumento dei ricoveri in day-hospital soprattutto tra i maschi, segno di un utilizzo più maturo e appropriato dei servizi”. 

I pazienti stranieri – Nel 2003 il 75% dei ricoveri di stranieri è risultato a carico di persone tra i 18 e i 49 anni e il 17% a carico di minorenni. Poco rappresentata la classe d’età sopra i 65 anni (3% rispetto al 40% nei residenti). “Questo dato – spiegano gli osservatori - riflette evidentemente il profilo demografico della popolazione immigrata”. Tra le regioni la Lombardia è al primo posto con 81.812 ricoveri (pari al 25%del totale nazionale), seguita dal Lazio con 43.244 (13%), dal Veneto e dal Friuli-Venezia Giulia (11%). Il 63% dei ricoveri è concentrato nelle regioni del Nord (38% nel Nord-Ovest e 25% nel Nord-Est), il 25% al Centro e solo il 12% al Sud e nelle Isole. I dati, ancora una volta, rappresentano lo stato della popolazione straniera nel nostro Paese, in specifico la ripartizione geografica della popolazione immigrata. Ad essere ricoverate prevalentemente le donne: 149mila i ricoveri ordinari (62% delle dimissioni in questo regime) e 61.023 i day-hospital (72%). A fare la differenza l’elevato numero di ricoveri per parto e interruzione volontaria di gravidanza.

Le cause del ricovero - La quasi totalità delle dimissioni (99%) è stata effettuata da reparti per acuti.

Tra gli uomini la causa più frequente di accesso al ricovero ordinario è rappresentata dai traumi, con una percentuale pari al 26%; seguono le malattie dell’apparato digerente (14%,tra cui è stata osservato un numero particolarmente elevato di interventi per appendicite acuta), del sistema circolatorio (9%) e di quello respiratorio (8%, in particolare broncopolmonite e broncopneumopatie croniche). Nelle donne la causa più frequente di ricovero ordinario è invece rappresentata dalla gravidanza e dal parto, con una percentuale pari al 55%. Seguono le malattie dell’apparato genitourinario (8%)e dell’apparato digerente (7%). Per quanto riguarda il day-hospital tra gli uomini si è osservata una prevalenza di ricoveri a seguito di “fattori che influenzano lo stato di salute” (ad esempio chemioterapia e rimozione di gesso o placche ortopediche), di malattie dell’apparato digerente (12%,tra cui interventi di ernia inguinale, epatopatie croniche e disturbi digesti- vi funzionali) e di malattie infettive (11%,soprattutto Aids ed epatiti).

Mamme straniere – Negli ultimi anni è cresciuto il numero di interruzioni volontarie di gravidanza da parte di donne straniere in Italia: delle 124.118 Ivg effettuate nel 2003 per le quali è disponibile il dato sulla cittadinanza 31.825 (25,6%) hanno riguardato cittadine straniere rispetto a 10.131 (7,4%) del 1996. L’incremento secondo gli osservatori è dovuto principalmente all’aumento della presenza straniera in Italia.  Il numero e la percentuale di Ivg è molto variabile a livello regionale, con valori più elevati nelle regioni con una maggior presenza di popolazione immigrata (con una variazione da 37% in Lombardia a 4% in Puglia). La maggior parte delle straniere che abortiscono in Italia sono cittadine dell’Est Europa, ma anche di paesi del Centro-Sud America (tra queste si è registra l’aumento maggiore), dell’Africa e dell’Asia nell’ordine. Gli interventi maggiori per le italiane si registrano nella fascia fra i 25 e i 34 anni (sebbene registra il rapporto negli ultimi anni si sta assistendo ad uno spostamento verso le età più giovani), per le donne straniere è presente un trend fortemente decrescente passando dalle età più giovani a quelle più avanzate. Un fenomeno che nons stupisce gli osservatori secondo il fenomeno è legato alle situazioni disagiate in cui molte donne stranieri vivono ma anche alla provenienza da paesi in cui l ’aborto è usato più frequentemente che in Italia. Secondo gli osservatori su questo aspetto esiste la necessità di indagini mirate “su cui basare specifiche

politiche di supporto per queste donne”.

Lavoratori a rischio  -  Se per le donne la gravidanza è la prima causa di richiesta di interveto ospedalieri, per gli uomini emerge “un eccesso di ricoveri per traumatismi”. I lavoratori stranieri ( il 7% degli occupati in Italia nel 2003) sono spesso adibiti alle mansioni più gravose, come quelle dei settori dell’edilizia e dell’agricoltura. Il rischio infortunistico è conseguentemente più alto tra questi lavoratori (6,6%),circa il doppio quello osservato tra i lavoratori italiani (3,7%): il Nord Ovest si avvicina ai valori medi (6,0%), per il Nord Est è mediamente il doppio della media nazionale (12,5%), nelle regioni centrali si riscontrano situazioni eterogenee: la Toscana e l ’Umbria si avvicinano alla media nazionale (rispettivamente 6,0% e 8,7%), le Marche sono caratterizzate da un indice molto alto (11,3%), mentre il Lazio presenta un indi-ce basso (1,4%).Nel Sud il tasso registrato è del 2,4% e nelle Isole dell ’1,8%.L ’andamento in queste due aree è abbastanza uniforme e,fatta eccezione per l ’Abruzzo e il Molise regioni che si avvicinano al valore medio nazionale,i valori sono sempre al di sotto di questo livello:la punta più bassa si registra in Campania (0,9%). “Sulle evidenti differenze regionali riscontrate influiscono le lavorazioni al e quali sono addetti gli immigrati (ad esempio il settore della collaborazione domestica è meno rischioso dei settori delle costruzioni e dell’’industria dei metalli) – sottolineano gli osservatori - le politiche di prevenzioni adottate dai datori di lavoro e la propensione dei datori di lavoro a denunciare come tali tutti gli infortuni”.

Il rapporto suggerisce la necessità di l’istituzione di uno specifico tavolo di collegamento tra le regioni e le province autonome per migliorare e garantire la fruibilità del servizio sanitario in generale “nei confronti di una popolazione che mostra situazioni di svantaggio rispetto a quella autoctona”. “Sono doverose e necessarie al fine di garantire a tutti i cittadini pari opportunità di cura e di benessere”

 

(16 febbraio 2006)

 

ROMA - Sono 1.498 i minori non accompagnati accolti nel 2005 dalle comunità di accoglienza di Roma. Sono il 56% ragazzi e il 44% ragazze, hanno tra i 14 e i 18 anni. Più di 1 su 2 (57%) proviene dalla Romania, seguono Moldavia (10%), Afghanistan e Marocco (4%) ed altre 50 diverse nazionalità. Basso il numero dei percorsi positivi: sette minori su dieci (68,49%) abbandonano spontaneamente le strutture entro 5 giorni dal loro ingresso. Perché non si fermano? Secondo Nadio La Gamba, responsabile dei Centri di pronto intervento minori (Cpim) della Caritas diocesana di Roma, "i ragazzi e le ragazze sono perlopiù attirati dalle prospettive di facile guadagno. Prostituzione, spaccio, furti, vengono preferiti a percorsi di inserimento scolastico o contratti di apprendistato con stipendi contenuti". Cifre in aumento rispetto al 2004, quando i minori non accompagnati censiti erano stati 1.185, di cui il 45% rumeni, con un tasso di allontanamento entro il 5° giorno pari al 65%. I dati del Cpim, che gestisce una parte del circuito di accoglienza romano, sono altrettanto eloquenti: su 771 minori accolti nel 2005 l'83% ha abbandonato la comunità senza autorizzazione e solo l'11% ha seguito un percorso di inserimento. Per il responsabile del Cpim, "non ci sono dati riscontrabili per dire che i ragazzi siano trafficati", si tratta in misura maggiore di giovani, rumeni uno su due, che hanno già una rete di contatti nelle maglie dell'illegalità, dello spaccio, della prostituzione. A volte si autogestiscono, senza che ci sia la figura di un protettore. Ad ogni modo la pressoché totalità dei ragazzi si allontanano da soli dal proprio Paese, spesso anche con il consenso dei genitori - continua La Gamba. Molti dei ragazzi passano mesi per strada, e a volte vengono inviati più volte, dalle Forze dell'Ordine, nelle comunità di pronta accoglienza. Nel 2005 gli ingressi sono stati 2.428 a fronte di 1.498 ragazzi. C'è anche un fenomeno di immigrazione circolare. Ovvero di minori che trascorrono a Roma soltanto alcuni mesi dell'anno, guadagnano quanto basta e ritornano il resto dell'anno a casa. Accade soprattutto tra i rumeni, dal momento che l'abolizione del visto tra i due Paesi nel 2002 ha reso molto semplice il collegamento tra Roma e Bucarest. Ai pochi che decidono di investire sulla propria integrazione si presentano nuove difficoltà. Il permesso di soggiorno rilasciato, in ogni caso, ai minori, può infatti essere rinnovato al compimento della maggiore età soltanto laddove siano comprovati tre anni di presenza in Italia di cui due impegnati in percorsi di integrazione. Per provare a contrastare gli allontanamenti non autorizzati Cpim ha voluto investire sulla prevenzione, spiega La Gamba. "Grazie ai fondi del progetto Equal Palms abbiamo attivato da novembre un'Unità di strada per entrare in contatto con i ragazzi e dare loro il maggior numero di informazioni prima di essere accolti nei centri. E poi abbiamo cercato di migliorare il sistema d'accoglienza con l'introduzione dei mediatori culturali nella fase di prima accoglienza"

 

(16 febbraio 2006)

ROMA - In Italia resta alta l'emergenza sbarchi di immigrati. E negli ultimi due mesi almeno 200 bambini, di età compresa tra 8 e 14 anni, sono scomparsi dopo pochi giorni di permanenza in un centro di accoglienza. "Questi ragazzi, dopo tre, quattro giorni di permanenza nel centro sono andati via, di nascosto o arbitrariamente", ha spiegato don Beniamino Sacco alla Radio Vaticana, sottolineando che "non sappiamo dove siano andati". Ciò che preoccupa e' che "questa tendenza si sta ripetendo con una certa regolarità". "Tale fenomeno - ha continuato don Sacco, direttore del centro di accoglienza - ci porta a porci alcuni interrogativi: dove sono diretti? Chi c'e' dietro queste sparizioni? Quali strade sono, eventualmente, costretti ad intraprendere i piccoli immigrati?". Per il sacerdote, "il timore e' che ci sia qualcuno che li sfrutti. Sembra che ci siano dei personaggi locali, sempre extracomunitari, che gestiscono questa loro partenza chiedendo in cambio una ricompensa

CITTA' DEL VATICANO - Papa Ratziger leva la sua voce per chiedere che la "dignità umana" degli immigrati che bussano "alle porte dell'Europa" sia rispettata. "Non sono merci, né semplice forza lavoro". Nel discorso che Benedetto XVI rivolge al nuovo ambasciatore del Marocco ricevuto per lo scambio delle Lettere Credenziali, Ali Achour, affronta il tema delle migrazioni - un "grave problema" - che riguarda tutti i Paesi che si affacciano al Mediterraneo. Sempre più persone provenienti dalle regioni più povere "bussano alle porte dell'Europa" alla ricerca di un avvenire migliore. "E' necessario -ha detto - che le istituzioni dei Paesi che li accolgono, o dove transitano, vigilino a che non siano considerati come una merce o una semplice forza lavoro, ma rispettino i loro diritti fondamentali e la loro dignità umana". Infine un appello alla generosità e al mutuo aiuto. "La situazione precaria di tanti stranieri dovrebbe favorire la solidarietà tra le nazioni coinvolte nel fenomeno al fine di contribuire allo sviluppo dei paesi d'origine dei migranti". Solo attraverso una collaborazione "più intensa tra tutti i paesi interessati si troverà" una "efficace" soluzione a queste dolorose situazioni.

 

(20 febbraio 2006)

 

ROMA - La Sistem form srl., società di formazione seleziona per un primario Ente Pubblico n. 40 cittadini stranieri, di madrelingua araba, serbo-croata e rumena per l'ammissione ad un corso di formazione su materie tecnico - legali. I selezionati saranno destinati a svolgere attività di docenza per operatori stranieri convocati in Italia.

Requisiti richiesti: ottima conoscenza della lingua italiana, conoscenza di base delle lingua inglese o francese, scritta e orale; laurea o titolo equipollente e/o esperienze pregresse maturate nell'ambito della formazione e dell'insegnamento; età compresa tra i 28 e 50 anni, padronanza dei più comuni strumenti informatici, possesso di un titolo di soggiorno senza limiti di rinnovo, assenza di precedenti penali e segnalazioni per ragioni di ordine pubblico.

Nelle prossime settimane sarà reso operativo il sito del progetto e il modulo di candidatura on-line. E' richiesto l'invio del CV e di una lettera di motivazione. Considerato che la scadenza per le application è prevista per non più tardi di metà aprile ho pensato di informarvi subito.

Ci è stato chiesto di diffondere quest'annuncio alle nostre reti che possono conoscere immigrati con i requisiti richiesti.

Si specifica nel messaggio che si tratta di un offerta di lavoro e non di volontariato o altro. Eventualmente per eventuali riferimenti di immigrati o organizzazioni che potrebbero essere coinvolte o interessate contattate Gianluca Calzolari che ci ha inviato il messaggio

calzolari_gianluca@yahoo.it

 

 

Nota del Ministero dell'Interno n. 2768/2.2 del 25 ottobre 2005

 

OGGETTO: Procedimenti di competenza dello Sportello Unico per l'Immigrazione – Chiarimenti

In ordine ad alcuni quesiti pervenuti dalle SSLL, in merito ai procedimento di competenza degli Sportelli Unici per l'Immigrazione, si forniscono i seguenti chiarimenti.

 

1. Contratto di soggiorno – Stranieri in possesso di carta di soggiorno o titolo di soggiorno rilasciato per altro motivo che abilita all'attività lavorativa

L'art. 5, comma 3 bis, del TU per l'immigrazione prevede che il contratto di soggiorno è necessario ai fini del rilascio del permesso di soggiorno per lavoro subordinato. Si ritiene, pertanto, che il suddetto contratto non deve essere stipulato dai cittadini stranieri in possesso di carta di soggiorno o di un titolo di soggiorno rilasciato per un altro motivo che abiliti all'attività lavorativa (es. il permesso di soggiorno per motivi familiari, di studio, umanitari, asilo). Tale contratto dovrà essere stipulato solo al momento dell'eventuale conversione del titolo posseduto in permesso di soggiorno per lavoro subordinato.

2.Contratto di soggiorno – Variazioni del rapporto di lavoro

Circa l'obbligatorietà di stipulare il contratto di soggiorno a seguito dell'instaurazione di un nuovo rapporto di lavoro, si precisa che tale adempimento, ai sensi dell'art.36 bis del Regolamento di attuazione, riguarda l'avvio di ogni nuovo impegno lavorativo, anche se si aggiunge ad un altro precedentemente contratto. Riguardo alle variazioni del rapporto di lavoro per cui è obbligatoria la comunicazione allo Sportello Unico, si ritiene che il disposto dell'art. 22, comma 7 del TU debba essere coordinato con quanto previsto dall'art. 36 bis, comma 2, del DPR 394/99 come modificato dal DPR 334/04. Pertanto, così come prevede il citato articolo 36 bis, il datore di lavoro dovrà esclusivamente comunicare, entro cinque giorni dall'evento, la data di inizio e la data di cessazione del rapporto di lavoro con il cittadino straniero, nonché il trasferimento di sede del lavoratore, con la relativa decorrenza.

3.Ricongiungimenti familiari

Riguardo ai cittadini stranieri in possesso di un titolo di soggiorno per motivi familiari – anche alla luce della sentenza della Corte di Cassazione sez I penale, nr 1714 del 08.01.2001 – si ritiene che essi abbiano diritto a richiedere il ricongiungimento familiare, purché in possesso di tutti gli altri requisiti previsti dall'art. 29 del TU. Se, infatti, lo straniero in possesso di permesso di soggiorno rilasciato per lavoro subordinato o per lavoro autonomo può esercitare il diritto all'unità familiare, lo stesso diritto deve essere riconosciuto al titolare di permesso di soggiorno per motivi familiari a cui è del pari consentito lo svolgimento di lavoro subordinato o autonomo. Per quanto concerne il ricongiungimento familiare di stranieri già presenti sul territorio nazionale di cui all'art. 30, comma 1 punto c) del TU, si precisa che, trattandosi di convertire un titolo di soggiorno già posseduto, la materia resta di competenza della Questura.

4.Idoneità dell'alloggio

In merito alla documentazione attestante il requisito di idoneità alloggiativa, necessario sia per la stipula del contratto di soggiorno che per la richiesta di ricongiungimento familiare, si chiarisce che il certificato attestante che l'alloggio rientra nei parametri minimi previsti dalla legge regionale per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica deve essere richiesto all'Ufficio Tecnico del Comune. In alternativa può essere prodotto il certificato di idoneità igienico-sanitaria richiesto presso la USL di appartenenza.

5.Sportivi stranieri

Analogamente a quanto previsto riguardo al Decreto flussi dei lavoratori stranieri per l'anno 2005, si chiarisce che, fino all'entrata in vigore del Decreto che fisserà le quote degli sportivi stranieri per l'anno 2006, per gli sportivi autorizzati dal CONI a svolgere la propria attività sulla base delle quote previste per l'anno 2005 resta in vigore la previgente procedura, sia per la richiesta dei visti che per il rilascio dei permessi di soggiorno.

 

IL CAPO DIPARTIMENTO

Dott.ssa Anna Maria D'Ascenzio