No alla paura degli immigrati, si
all'accoglienza degli stranieri e dei lontani. La Serenissima «ci
parla di una civiltà della pace, fondata sul mutuo rispetto, sulla
reciproca conoscenza, sulle relazioni di amicizia». Una lunga storia
e un ricco patrimonio spirituale e artistico capace di «aiutare gli
uomini a credere in un futuro migliore e a costruirlo». Il Papa
propone il modello-Venezia alla Chiesa e al mondo mentre una folla
al di sopra di ogni previsione - ben trecentocinquantamila fedeli -
trasforma la laguna in una distesa bianca e gialla, i colori del
Vaticano. Nell'unica pausa tra messe e incontri, il Pontefice compie
un tour di 10 minuti lungo il Canal Grande: sono quattro campioni
della Regata Storica a portarlo a bordo della «Dogaressa», la
gondola extralarge (un tempo del Doge) sulla quale nel 1985 sali
Karol Wojtyla. Da allora nessuno l'ha più usata. Nel giorno in cui
in Egitto riesplode la violenza tra musulmani e copti, si leva la
preghiera papale in molte lingue per la pace e la riconciliazione,
rafforzata dal monito anti-xenofobia: «I cristiani non devono
chiudersi di fronte al diverso ma dialogare con la modernità». Nel
viaggio a Nordest (uno dei più significativi del pontificato per
vastità di temi affrontati: dal mandato affidato nella società
italiana ai movimenti e alla nuova leva di politici cattolici fino
agli scenari geopolitici oriente-occidente,nord-sud) Benedetto XVI
analizza il rapporto tra identità cristiana e «slancio missionario,
comunione, solidarietà, condivisione». Un accorato appello
all'accoglienza, a non chiudere le porte all'immigrazione, a
riscoprire le radici cristiane. Il problema dell'ingiustizia, della
sopraffazione, la paura degli altri, degli estranei e dei lontani
(che «giungono nelle nostre terre e sembrano attentare a ciò che noi
siamo») portano i cristiani di oggi a dire con tristezza: «Noi
speravamo che Dio ci liberasse da ciò». Invece occorre «rendere
conto della speranza cristiana dell'uomo moderno, sopraffatto da
inquietanti problematiche che pongono in crisi i fondamenti del suo
agire». Il cristianesimo «rischia di svuotarsi della sua verità, di
diventare un orizzonte che solo superficialmente abbraccia la vita».
Il Pontefice quindi esorta a «scegliere la logica della co- munione
tra di noi, della solidarietà e della condivisione», a ritrovare
«slancio missionario, fervore apostolico, dinamismo pastorale». Ai
vescovi del Triveneto il Papa riconosce il merito di «cercare di
comprendere le ragioni del cuore dell'uomo moderno» e di «sostenere
con la presenza questa opera» attraverso un «intenso programma
pastorale». L'autentica realizzazione dell'uomo e la sua vera gioia
«non si trovano nel potere, nel successo, nel denaro, ma soltanto in
Dio». La Chiesa è tenuta ad «andare oltre, ad aiutare l'uomo a
superare gli ostacoli dell'individualismo, del relativismo», perciò
non deve lasciarsi «trarre verso il basso dalle mancanze che possono
segnare le comunità cristiane». Mai «cedere alle tentazioni della
cultura edonistica ed ai richiami del consumismo». Bisogna
rinsaldare l'unità spirituale «alla luce del fenomeno
dell'immigrazione e delle nuove circostanze geopolitiche in atto».
L'armonico e integrale sviluppo dell'uomo e della società in cui
vive richiede il superamento delle divisioni che vanificano «le
concrete aspirazioni alla giustizia e alla pace». A Venezia,
crocevia di idee, Ratzinger offre la sua fede «global» come
«conversione alla vita comunitaria».
Ha detto I cristiani non devono chiudersi di
fronte al diverso ma dialogare con la modernità con spirito di
solidarietà Benedetto XVI ***