A Castel Volturno l'immaginario sull'universo migratorio degli africani si fa luogo in tutta la sua concretezza e tangibilità. In questo lembo del territorio nazionale, la rappresentazione del migrante subsahariano sembra incarnarsi, dilatarsi e assumere le dimensioni di un vero e proprio microcosmo sociale. Nelle sedimentazioni di una geografia e di una storia non proprio eccezionali e non del tutto differenti da quelle che hanno coinvolto altre parti del paese, è tuttavia possibile recuperare un lascito la cui peculiarità è andata definendosi nel corso del tempo fino a cristallizzarsi, oggi, in una sorta di "icona scomoda" in termini sociali e ancora poco produttiva in termini scientifici. Il territorio di Castel Volturno viene qui osservato dall'interno, dunque da una prospettiva locale che si serve della grande scala; di questo spazio sociale e geografico marginalizzato, però, interessa soprattutto la non eccezionalità dei fatti e dei processi esaminati, che sono stati evidenziati a tutti i livelli attraverso uno sforzo costante di ricollocazione degli eventi in una cornice adeguata e più ampia. La singolarità del territorio rispetto a un contesto più generale, e nello specifico nazionale, è stata interpretata come eccezione che conferma la regola, piuttosto che come dissonanza monadica, evento isolato dettato da una casuale concomitanza di circostanze.