La mafia nigeriana sulla via Domitia


di Giampaolo Musumeci


Un posto letto a 200 euro. 20 persone in una casa. Prostitute di 15 anni. Pochi parlano l'italiano. Quello serve a chi spaccia ed è “regolare” perché ha bisogno di un'auto e di un'assicurazione.
Benvenuti a Castelvolturno, l’erma bifronte, sospesa tra Africa ed Europa, concentrato di tensioni sociali, abusi edilizi, infiltrazioni camorristiche. Una città anzi due: una regolare, l’altra irregolare, un pezzo di continente nero tra il mare e la via Domiziana. Castelvolturno la città dei neri, Castelvolturno la città degli irregolari. Seimila dicono alcuni, 15mila dicono altri. Ma anche la città del Villaggio Coppola, oramai poco più di un reperto archeologico frutto dell’arroganza imprenditoriale del passato di una potente famiglia locale. E tutto intorno, complici i Regi Lagni, canali che scaricano liquami da tutta la provincia, lo scempio di una secolare pineta di rara bellezza. Castelvolturno è anche questo, tutto insieme.

Passo da Santa Maria La Fossa e Grazzanise: la strada attraversa i campi e costeggia decine di allevamenti di bufale. Un Cristo a braccia aperte accoglie i clienti di un caseificio. Arrivo in centro. Una piazza, il bar, un ottimo espresso, la chiesetta. Il castello, una passeggiata sul lungofiume Volturno. Tre barche attraccate. Poi, imbocco la Domiziana: una lingua d’asfalto che corre veloce lunga 27 chilometri da Mondragone giù fino a Pozzuoli. Alberghi gestiti da italiani, chioschi e negozietti gestiti da africani.

Qui c’è l’“American Palace”, il simbolo della Castelvolturno nera dopo la strage dei sei ragazzi a opera della camorra l’autunno scorso. E poi attorno, una rete di strade grandi e piccole che la circondano. Mille vie di fuga. Se sulla Domiziana, puoi sentir parlare italiano e napoletano, appena ti inoltri nel dedalo di vie spesso sterrate tra la statale e il mare, lì dimenticati di essere in Italia, sentirai solo l’Africa che parla.

L’Africa qui ha la voce di Samy. Siamo in una casa fatiscente, in quello che è chiamato «il ghetto», un intricato labirinto in cui è bene non avventurarsi da soli. Samy, ghanese, ha raggiunto il marito che lavora qui a Castelvolturno ed è regolare. Lei no. Vivono in due con lo stipendio di lui: «Come faccio a campare con 600 euro al mese? Ne spendo 300 in affitto per questa casa. E come faccio a mangiare e a mandare i soldi in Africa? Non ci pagano il giusto perché siamo neri. Io sono un’infermiera professionale e da 4 anni non trovo un lavoro in Italia! E allora che cosa ti aspetti che io faccia? È chiaro! Vado a fare la prostituta così almeno potrò mangiare. Ma io non sono venuta qui solo per denaro, questo è quello che gli italiani pensano di tutti i neri! Sono venuta qui per imparare, per vedere come lavorano gli italiani».
La situazione di Samy è quella di tanti altri. Non tutti scappano da guerre o persecuzioni. Molti cercano semplicemente di fare fortuna in Europa. Ora, dormono in 3 o 4 per stanza nelle villette che una volta erano oasi di villeggiatura. Poi, dopo il terremoto dell’80, furono occupate dai profughi del sisma e infine, da una decina di anni, affittate con guadagni esorbitanti da parte dei proprietari, agli immigrati. Duecento euro un posto letto. Anche in 20 in una casa. I calcoli sono facili da fare.
Claudio Dell’Aquila ed Elisa Laudiero, due giovani volontari dell’Arci Cgil di Caserta, spiegano: «Molti di loro non parlano italiano, non ne hanno bisogno. Stanno fra di loro, vivono tra di loro e poi si svegliano all’alba e vanno sulla Domiziana ad aspettare i caporali». Non serve l’italiano per spezzarsi la schiena nei campi e nemmeno per lavorare nei cantieri. Serve a chi spaccia droga, e a chi fa della prostituzione il suo business. La mafia nigeriana qui si dà da fare. I contatti coi clan locali sono consolidati. Basta aspettare il tramonto e farsi un giro sulla Domiziana: prostitute di 15 anni, dal trucco violento, ammiccano a qualsiasi auto che rallenti in prossimità delle rotonde che frastagliano la statale.
Ma quanti sono davvero gli irregolari qui a Castelvolturno? «Secondo noi gli irregolari sono circa seimila - raccontano ancora Dell’Aquila e Laudiero - Le cifre sono state strumentalizzate, gonfiate, per creare panico e alimentare la paura dello straniero. E poi, per dirla tutta, i “cattivi” sono tra i regolari: se voglio delinquere devo avere un permesso di soggiorno, se voglio delinquere devo avere l’assicurazione dell’auto pagata e poter circolare tranquillo».

Il punto è che dopo la strage i riflettori si sono accesi su Castelvolturno. E così, c’è più polizia, più carabinieri, più esercito. E questa presenza dà fastidio. Alla camorra, e alla mafia nigeriana di sicuro. Ma la presenza stessa di tanti irregolari è un potenziale detonatore, nonostante gli sforzi delle associazioni sul territorio, dall’Arci al Centro Fernandez passando per il Centro sociale ex Canapificio: perché non sono integrati, perché si ammazzano di lavoro, perché la gente ha comunque paura dello straniero e perché ci sono enormi costi sociali da sostenere.

Francesco Nuzzo, sindaco della cittadina e magistrato, fautore dell’integrazione e della regolarizzazione degli immigrati non può tacere le difficoltà create dal “ghetto” sulla Domiziana: «Quindicimila irregolari creano problemi enormi. Senza dubbio, Castelvolturno dovrà fare una forma di selezione, e non è certo razzismo, per avere un equilibrio tra popolazione residente e popolazione sopravvenuta. Pensate solo alla produzione di rifiuti e alle spese, sanitarie e di istruzione, che il Comune deve affrontare per gestire una popolazione così alta».

Il futuro, quello, è chiaro, almeno sulla carta: il nuovo piano urbanistico, il piano commerciale e il piano spiaggia. C’è il cosiddetto project financing da 85 milioni di euro, che cambierà la faccia alla cittadina. Un nuovo porto, un nuovo gigantesco campo da golf, yacht club, alberghi di lusso, che promettono di cambiare il litorale domizio. Chi farà tutto questo? La famiglia Coppola, che nel 2005 chiuse una transazione riparatoria con lo Stato dopo anni di abusi edilizi e che due anni prima aveva abbattuto le mostruose torri sul litorale che aveva precedentemente edificato. Ora, a spese loro, 85 milioni di euro, come prevede il project financing, i Coppola faranno il lifting a Castelvolturno e alla costa. Garantendosi però 60 anni di sfruttamento del porto turistico. E in più, si parla da tempo del nuovo aeroporto di Napoli Grazzanise a pochi chilometri da qui.

Ma come il nuovo afflusso di turisti e campioni di golf potrà convivere con una Castelvolturno che a tratti sembra Lagos o Accra? E come reagiranno la camorra e la mafia nigeriana? Potranno ancora “lavorare” tranquilli? E infine, potranno le migliaia di immigrati irregolari, le migliaia di fantasmi continuare a vivere nella Castelvolturno dalla faccia nuova?

lunedì, 24 agosto 2009