«Romeni e sicurezza: niente pregiudizi»

Seminario dell’ufficio Cei per i problemi sociali e il lavoro: immigrati vittime di sfruttamento e infortuni.

Studio Caritas e Migrantes: violenti? Numero reati proporzionato alla loro presenza
 DA ROMA LUCA LIVERANI


 I mmigrati e sicurezza. Stranieri e legalità. Bino­mi usati in modo martel­lante dai mass media e poli­tici. Ma sempre a senso uni­co, dimenticando che spes­sissimo sono loro le vittime, che pagano anche con la vi­ta lo sfruttamento sul lavoro. E la comunità romena – la più grande in Italia – è nel miri­no dei pregiudizi. L’allarme arriva al seminario dell’Uffi­cio Cei per i problemi sociali e il lavoro.
  Alla riflessione su «Immigra­ti, lavoro e legalità: il contro­verso caso della Romania» porta il suo contributo lo staff del Dossier statistico sull’im- migrazione. È Antonio Ricci a presentare le anticipazioni dello studio monografico sui romeni che Caritas e Mi­grantes presenteranno a maggio. Dei suoi 22 milioni di abitanti, la Romania ne ha visti emigrare almeno 2,5, di cui quasi 600 mila in Italia. U­na famiglia romena su quat­tro (23%) ha avuto un paren­te emigrato a partire dal ’90. Prima c’era stata l’emigrazio­ne interna, quando Ceause­scu negli anni ’80 aveva can­cellato 7 mila villaggi rurali per inurbarne gli abitanti co­me operai. Il fallimento delle fabbriche dopo l’89 ha avvia­to l’emigrazione all’estero.
  Pensare che a metà ’800 era­no i contadini veneti, friula­ni e trentini a cercare lavoro in Romania. Il sociologo del­l’Università di Milano Mau­rizio Ambrosini sottolinea in­fatti come «l’economia sia un forte fattore di integrazione. L’imprenditore persegue il profitto, ma di fatto è un in­novatore sociale, perché met­te da parte i suoi pregiudizi». Attenzione, però: «L’econo­mia lasciata a se stessa pro­duce sfruttamento, lavoro nero, infortuni». Li chiama i «lavori delle cinque 'P': peri­colosi, pesanti, precari, poco pagati, paralizzanti social­mente » perché senza possi­bilità di carriera. «E l’impren­ditore cattivo scaccia quello buono, perché così fa prezzi più bassi e lo mette fuori mer­cato ». Monsignor Paolo Tarchi, di­rettore dell’Ufficio per i pro­blemi sociali e il lavoro, con­corda: «Se il tema della sicu­rezza è al centro della preoc­cupazione della politica e dei cittadini», deve riguardare anche gli immigrati, «com­prendendo anche la loro si­curezza sui posti di lavoro. Non possiamo trascurare la drammatica situazione di in­cidenti mortali che spesso li vedono coinvolti».
  Illuminanti, sul pregiudizio xenofobo che serpeggia nel­l’informazione, due citazio­ni da quotidiani nello studio Caritas-Migrantes. «È consi­derata la razza più violenta, pericolosa, prepotente, ca­pace di uccidere per una manciata di spiccioli» e che «da anni terrorizza il nostro Paese», scriveva sui romeni un quotidiano di Roma nel 2006. «Sono grandi crimina­li – è la seconda citazione – e persone tese, eccitabili, di temperamento agitato quando sono sobri, furiosi dopo un paio di bicchieri. Di regola non sono ladri o rapi­natori, ma accoltellatori e as­sassini », affermava il New York Times del 14 maggio 1909. Ma sugli emigranti ita­liani. Falso, insomma, che i romeni siano più violenti di altri: con una presenza del 15% tra gli immigrati, incido­no per il 15% sulle denunce a carico di stranieri.