Le vite dei migranti una scarpa
sull' acqua
Repubblica — 12 marzo 2010 pagina 1 sezione: NAPOLI
LE SOCIETÀ sono spesso paragonate a organismi viventi.
Diciamo infatti che sono sane o malate. Le piccole storie migranti dell'
iniziativa "Luoghi comuni", presentata su "Repubblica" il 24 febbraio, sono come
delle pillole curative contro la malattia del razzismo e della xenofobia. Chi
viaggia sui treni della circumvesuviana o su alcuni autobus Cpt ha visto dei
cartelloni dove sono stampate, in italiano e in lingua originale, brevissime
frasi tratte dai racconti di vita dei migranti. Queste perle narrative arrivano
come un lampo nell' oscurità dei nostri pensieri autocentrati. Isolano un'
immagine o un' intenzione comunicativa capaci di fabbricare un ponte provvisorio
ma istantaneo tra la nostra vita e quella di un estraneo. Per far capire come si
sentiva in mare aperto durante la traversata che l' ha portata in Italia, una
giovane somala ha detto: «Eravamo come una scarpa sull' acqua». Quelle poche
parole fanno pensare anche al noi che è in noi stessi e alla relazione che
abbiamo con il mondo esterno. Ci fanno pensare alla sproporzione inaccettabile
tra i desideri coltivati in cuor suo da un migrante e quel mondo esterno per il
quale non ha alcuna chiave, un mondo percepito prima come luogo di speranza e
poi di smisurata indifferenza. C apita così che viaggiando in treno e in
autobus, toccati da questi "luoghi comuni", la nostra immaginazione cominci a
lavorare per conto suo, fino a fabbricare una tastiera di corrispondenze
impreviste tra la memoria della nostra vitae la memoria della vita di un
migrante; e quasi senza volerlo vediamo in un altro da noi un altro noi. L'
iniziativa smuove beninteso sentimenti e non azioni. Non bisogna tuttavia per
principio diffidare dei sentimenti, anche perché quelli sollecitati da questi
"luoghi comuni" curano in modo mirato altri sentimenti smossi da altri luoghi
comuni, quelli delle stereotipie contro lo straniero, stereotipie che si
producono, senza differenza di luogo e di tempo, nelle società che si ammalano e
il cui primo sintomo è la ricerca di capri espiatori. Se si guarda alla stortura
del mondo così come è, in cui simboli e chiacchiere circolano quasi
democraticamente e beni e privilegi vanno sempre più restringendosi in poche
aree e in poche mani, l' iniziativa è meno di una goccia nel mare. Se però si
guarda alla vita di tutti i giorni, a ciò che possiamo fare ora e subito, l'
iniziativa è veramente una medicina. Più il nostro sguardo si stacca dal lavorio
interno dell' abitudine e della pigrizia, meno alcuni politici saranno tentati
di prendere voti captando e fomentando sentimenti xenofobi e razzisti. I
risultati infatti della comunicazione tra senso comune, campagne elettorali e
misure legislative hanno prodotto delle assurdità normative che rendono al
nostro prossimo inutilmente più nemico un mondo che gli è già molto ostile. Un
esempio solo, tra i tanti possibili, basterà a presentare il problema. Capita, è
capitato, che un migrante senza permesso di soggiorno vada da un poliziotto per
sporgere denuncia contro un residente che gli ha spaccato la faccia e fatto
cadere due denti. E il poliziotto, dopo averlo accolto e ascoltato veramente
come un padre, debba dirgli: «Figlio mio, hai ragione, ma se io accetto la
denuncia devo anche avviare le pratiche per la tua espulsione, perché tu qui
secondo la legge non ci dovevi stare. Mi piange il cuore, ma è così». Come fa la
maggioranza di noi italiani a sopportare tutto questo? Si può negare che ci
siamo ammalati? - VALERIO PETRARCA