6 Ottobre 2009
SINODO AFRICANO
Il Papa al Sinodo: «L'Africa
immenso polmone spirituale»
DA AVVENIRE DEL 06-10-2009
S i chiamano «materialismo pratico» e «fondamentalismo religioso».
Sono le scorie tossiche che rischiano di «inquinare» le «risorse spirituali e
culturali» dell’Africa, questo «immenso 'polmone' spirituale per un’umanità che
appare in crisi di fede e di speranza». È entrato subito in medias res ,
Benedetto XVI, nell’omelia della solenne celebrazione che, domenica mattina, in
San Pietro, ha aperto il secondo Sinodo per l’Africa sul tema La Chiesa in
Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. «Voi
siete il sale della terra... Voi siete la luce del mondo» . Per il Papa, i
tesori del Continente Nero non sono infatti solo le risorse materiali, che
spesso causano sfruttamento, conflitti e corruzione, ma soprattutto «il suo
profondo senso di Dio»; tesoro «inestimabile » per tutto il mondo» di cui
proprio l’Africa è «depositaria», e che va da un lato preservato da quella
«pericolosa patologia» già diffusa nel mondo occidentale rappresentato dal
«materialismo pratico, combinato con il pensiero relativista e nichilista», e,
dall’altro, dal «fondamentalismo religioso, mischiato con interessi politici ed
economici».
«Gruppi che si rifanno a diverse appartenenze religiose – ha sottolineato al
riguardo il Pontefice – si stanno diffondendo nel continente africano; lo fanno
nel nome di Dio, ma secondo una logica opposta a quella divina, cioè insegnando
e praticando non l’amore e il rispetto della libertà, ma l’intolleranza e la
violenza». Benedetto XVI, che ha presieduto la Messa concelebrata da 239 padri
sinodali e 55 sacerdoti colla- I boratori del Sinodo, e accompagnata anche da un
coro congolese, ha dedicato la sua omelia a delineare i confini entro cui deve
muoversi l’azione della Chiesa per l’emancipazione del Continente ( il testo
integrale è pubblicato a pagina 6). E proprio riallacciandosi a questo tema,
ieri mattina, intervenendo all’inizio della prima mattinata dei lavori, ha
sottolineato «i tre doni dello Spirito» che accompagneranno quel percorso,
nella consapevolezza che il Sinodo può essere realmente un’esperienza di
«responsabilità pastorale collegiale» e, insieme, un’occasione per «rinnovare
lo slancio di evangelizzazione ».
A condizione che il vero protagonista sia, appunto, lo Spirito, forza che
supera la nuova babele dell’egoismo e «unisce senza uniformare », e dunque con
l’auspicio che la carità gratuita di Dio, che ogni cristiano è tenuto ad
annunciare, «apra i confini di tribù, etnie e religioni». «Tutte le nostre
analisi del mondo – ha detto papa Ratzinger – sono insufficienti se non
consideriamo il mondo alla luce di Dio, se non scopriamo che alla base delle
ingiustizie, della corruzione c’è un cuore non retto, c’è una chiusura verso
Dio». E riflettendo sull’inno dell’Ora Terza, la preghiera che aveva introdotto
la prima Congregazione generale, Benedetto XVI si è soffermato su «tre doni
essenziali dello Spirito Santo».
Il primo, ha spiegato, è la «confessione », da intendersi sia come
riconoscimento della piccolezza umana davanti a Dio sia come ringraziamento a
Dio per i suoi doni. «Le cose della scienza, della tecnica – ha detto – costano
grandi investimenti. Ma Dio si dà gratis. Le più grandi cose della vita – Dio,
l’amore, la verità – sono gratuite e direi che su questo dovremmo spesso
meditare». Il secondo dono dello Spirito, ha proseguito, discende dal primo:
l’uomo che scopre l’intimità con il divino deve poi testimoniarlo con tutto se
stesso. «Importante – ha detto al riguardo – è che il cristianesimo non è una
somma di idee, una filosofia, una teoria, ma è un modo di vivere, è carità, è
amore. Solo così diventiamo cristiani: se la fede si trasforma in carità, se è
carità. Il nostro Dio è da una parte Logos, Ragione eterna, ma questa Ragione è
anche Amore. Non è fredda matematica che costruisce l’universo: questa Ragione
eterna è fuoco, è carità. Già in noi stessi dovrebbe realizzarsi questa unità
di ragione e carità, di fede e carità».
Anche il terzo dono è connesso agli altri: la carità di Dio, che va annunciata
all’umanità, a ogni uomo, e che per un cristiano è un prossimo e un fratello.
Infatti «la carità – ha ricordato il Pontefice – non è una cosa individuale,
ma universale. Universale e concreta. Occorre aprire realmente i confini tra
tribù, etnie, religioni all’universalità dell’amore di Dio nei nostri luoghi di
vita, con tutta la concretezza necessaria».
Salvatore Mazza