A
Sud di Lampedusa
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Un camion serve a trasportare merci, non
esseri umani
A Sud di Lampedusa, il documentario
di Andrea Segre proiettato nella sezione Concorso Italiano al Cinema Farnese.
Dottore di ricerca e docente di Sociologia della Comunicazione all’Università di
Bologna, Segre è esperto di analisi etnografica della produzione video e si è
occupato a più riprese di popoli e culture “marginali”. Ha firmato ultimamente
la regia di uno degli episodi del progetto Che cosa manca, film collettivo sulla
politica italiana prodotto da Eskimosa (società del Gruppo Feltrinelli) e
RaiCinema, ma si era già dedicato all’Africa con il bel documentario sulla
musica africana, Dio era un musicista, realizzato con Cristina De Ritis e
Maddalena Grechi e presentato nel 2005 alle Giornate degli Autori di Venezia.
Girato nel deserto del Sahara nel maggio 2006 e realizzato in collaborazione con
Stefano Liberti e Ferruccio Pastore, A Sud di Lampedusa ci trasporta al di là
del Mediterraneo, raccontandoci la faccia nascosta di un’emigrazione di cui noi
vediamo solo la tappa finale: lo sbarco nell’isola di Lampedusa. Ma chi sono
questi migranti? Da dove vengono? Perché emigrano? A queste e a tante altre
domande, il documentario tenta di dare una risposta, ma soprattutto di mostrarci
e di farci percepire il vissuto di questi tanti cittadini africani in fuga dai
loro paesi per scelta, per disperazione o anche per desiderio di conoscenza.
L’aspetto forse più interessante del film è che, anche per la breve durata, il
regista non sceglie di fare un discorso didascalico e compiuto sul tema
dell’emigrazione – magari scendendo nel dettaglio sulle motivazioni personali
dei migranti e sul contesto politico ed economico dei paesi di provenienza. Al
contrario, prevale una sorta di sguardo esistenziale che cerca di entrare nella
dimensione del viaggio, facendoci percepire il peso fisico e mentale di questi
corpi in transito, di queste vite perennemente in sospeso tra un confine e
l’altro.
La sorpresa più grande, anche per uno spettatore già sufficientemente
interessato ed informato sul tema dell’emigrazione dall’Africa, è quella di
scoprire, grazie ai racconti in prima persona di alcuni di questi migranti
africani, che molto spesso la meta ambita non è l’Europa, e quindi anche
l’Italia, ma la Libia, “il Nord del Sud”: un paese che sfrutta quanto può questa
manodopera per poi rispedirla al mittente, grazie agli accordi del governo
libico con il governo italiano sui rimpatri coatti, spesso purtroppo preceduti
da lunghi periodi di detenzione senza alcun rispetto dei diritti umani. Ecco
così un’altra odissea nascosta che vede sempre come protagonisti gli ultimi
degli ultimi, i nuovi “dannati della terra”: il viaggio comincia ad Agadez, in
Niger, da dove partono i camion che attraversano il deserto del Teneré per
raggiungere la Libia, per poi finire in prigione, in Europa o di nuovo su un
camion per tornare a casa. E’ questo un uomo? E’ difficile questa vita in
continuo viaggio? Con la dignità e la forza rassegnata che solo un migrante può
avere, un nigerino ci spiega: «Per noi non è tanto difficile, perché in qualche
modo ci siamo abituati. Ma per qualcuno che lo fa per la prima volta, può essere
molto difficile. Un camion serve a trasportare merci, non esseri umani».
Maria Coletti
A Sud di Lampedusa
Regia, fotografia e montaggio: Andrea Segre;
musica: Goeffry Oryema, Fela e Femi Kuti; origine:
Italia, 2006; formato: Video; durata:
32’; produzione: Cespi-Sid, nell’ambito del progetto
“Sviluppo e gestione sostenibile dei flussi migratori provenienti dall’Africa”
finanziato dal Ministero degli Affari Esteri.